Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Politica & Istituzioni

La Tav? un binario morto

L’affare costerà la cifra record di 94 miliardi di euro. A Bruxelles è bastata solo un’autocertificazione di fattibilità del progetto. Stefano Lenzi, spiega cosa «non quadra»

di Maurizio Pagliassotti

De profundis per la Val di Susa. Che cosa potevano quelle migliaia di No Tav davanti all?implacabile macchina che avanzava accampando il dogma dello sviluppo? Che cosa potevano davanti all?intrigo politico-affaristico che ha trasformato una scelta discutibilissima e piena di incognite in una specie di diktat? Eppure le ragioni che hanno mobilitato il popolo No Tav restano tutte in piedi. E senza risposta. Come dimostra Stefano Lenzi, responsabile dell?Ufficio legislativo del Wwf Italia, uno degli esperti che più ha studiato e approfondito il dossier della Tav. Vita: Dottor Lenzi, il dado è tratto. Ora quanto costerà e chi finanzierà la costruzione dell?alta velocità in Val Susa? Stefano Lenzi: Lo Stato italiano coprirà, secondo i nostri calcoli prudenziali, 9 dei 15,2 miliardi di euro che serviranno a realizzare la tratta internazionale sino a Bussoleno e i collegamenti da Bruzolo e Torino, ma a questi conteggi mancano i 500 milioni e più che dovranno servire per realizzare il collegamento merci di corso Marche con l?interporto di Orbassano. Ribadisco però che è un calcolo prudenziale, visto che stiamo parlando di costi preventivati, mentre a consuntivo i costi delle linee Tav aumentano a dismisura sia per la cattiva progettazione (mancanza delle interconnessioni con la rete ordinaria e dei progetti sui nodi ferroviari) che per l?aggiornamento dei costi legato ai lunghi tempi di realizzazione. Vita: Una volta terminata, l?opera avrà un?utilità di esercizio? In quanto tempo lo Stato rientrerà del proprio investimento? E dopo quanto inizierà a guadagnare? Lenzi: La risposta è mai: considerati i dati attuali di traffico merci (che oggi si attestano a meno di 8 milioni di tonnellate l?anno) e di quello passeggeri (1,3 milioni di viaggiatori/anno; in maggioranza, 60%, costituiti da traffico notturno), sulla linea esistente del Frejus. Linea che ha una potenzialità residua non utilizzata di altre 12 milioni di tonnellate l?anno. Allora il discorso è: perché non si ammoderna la linea di valico esistente e non si prevedono interventi, dove realmente necessario, di potenziamento sulle tratte della media valle (Bussoleno-Avigliana) e della bassa valle (Avigliana-Torino), ma, soprattutto, perché non si costruisce la cintura merci per collegare il terminal intermodale di Orbassano a Settimo Torinese, consentendo di instradare subito i treni merci dal Frejus verso Milano, bypassando il nodo di Torino, e utilizzando il passante ferroviario come linea metropolitana per i passeggeri? Vita: Una grande opera non deve essere per forza remunerativa, ma può adempiere al fine di servizio pubblico ?toutcourt?? Lenzi: Certamente sì, è la storia delle ferrovie europee, anche se ora si sta andando verso un progressivo aumento della quota di mercato coperta da operatori privati, ma quello che fa ?saltare il banco? sono i costi insostenibili dell?alta velocità passeggeri italiana, che fanno concentrare 60 miliardi di euro su 1.500 chilometri di nuove linee ad alta velocità (?dorsale? Torino – Napoli, via Milano e Roma e ?trasversale? dal confine francese sino a Trieste e al confine sloveno), completamente separate dalla rete esistente, quando i 16mila chilometri della rete ordinaria (di cui solo 6mila a doppio binario e 5.600 a doppio binario ed elettrificati) sono al collasso. Se si pensa, poi, che con la prosecuzione della ?dorsale? verso Nord, da Verona al Brennero, e verso Sud, da Battipaglia a Reggio Calabria, verrà a costare altri 34 miliardi di euro, si capisce che non si può proseguire così. Si tratta, ad oggi, di 94 miliardi di euro di costi a carico dei conti pubblici quando, per avere un termine di paragone, nel contratto di programma 2001-2005 la spesa preventivata sulle linee ordinarie era di 15 miliardi di euro. Vita: Quali privati investiranno denari nella relizzazione di quest?opera? Lenzi: I privati non corrono alcun rischio e non investono nulla. I general contractor dell?alta velocità hanno nella sostanza una concessione di sola costruzione e sono stati scelti a trattativa privata nei primi anni 90, prima che entrassero in vigore nel 1993 le normative comunitarie che obbligano alle gare internazionali. Vita: E qual è il ruolo dell?Unione europea? Lenzi: L?Unione europea con la decisione n. 884/2004 del 29 aprile 2004 ha rivisto e aggiornato la lista TEN-t (reti di trasporto transeuropee) del 1996, individuando una trentina di progetti prioritari e prevedendo solo interventi per le ferrovie e per il trasporto marittimo. Una bella differenza con il nostro paese, che nel primo Programma delle ?infrastrutture strategiche? (Delibera Cipe n.121/ 2001) prevede la realizzazione di 235 progetti, dal costo di 264 miliardi attuali, il 50% dei quali per la realizzazione di autostrade. Il problema è però che la nuova lista TEN-t è stata decisa grazie all?autocertificazione dei singoli governi sulla maturità dei progetti, la loro fattibilità finanziaria e la sostenibilità ambientale. Il governo italiano ha avuto così buon gioco nel prendere in giro la Commissione europea, anche se c?è da dire che ad esempio sulla ?trasversale? (progetto prioritario 6, ex Corridoio 5) e sul Corridoio ?dei due mari? (Genova-Basilea-Anversa-Rotterdam), Bruxelles non ci chiede assolutamente di realizzarli per forza con le caratteristiche costruttive per l?alta velocità passeggeri.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA