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La tecnologia solidale che ridà vita ai pc dismessi

Il Banco informatico nasce da un’idea del manager Stefano Sala

di Ida Cappiello

Il 2006 sarà l?anno del salto di qualità per il Banco informatico, la onlus milanese che combatte il digital divide con la solidarietà, donando computer usati ma perfettamente funzionanti a istituzioni non profit dei paesi in via di sviluppo. La Regione Lombardia infatti finanzierà l?attività del Banco per i prossimi tre anni. «Questo finanziamento ci dà la possibilità di crescere e organizzarci, con la prospettiva a medio termine di riuscire a camminare con le nostre gambe», dice Stefano Sala, fondatore del Banco e manager di multinazionale. «In questi due anni l?attività è cresciuta e abbiamo bisogno di darci una struttura più stabile. Vogliamo fare le cose per bene, con la stessa efficacia ed efficienza di un?azienda, anche se qualsiasi tipo di profitto è ovviamente escluso». L?avventura del Banco informatico comincia nel 2003, quando la Munters, l?azienda amministrata da Sala, recupera i dati archiviati nei computer della Regione Lombardia, danneggiati dal grave incidente causato dall?aereo che investì il Pirellone. «A lavoro concluso, la Regione ci ha chiesto se volevamo in regalo i pc funzionanti, perché diversamente li avrebbe buttati via», racconta. «Per fortuna ho deciso di tenerli. Qualche mese dopo, infatti, ho conosciuto un vescovo, missionario in Perù, che voleva realizzare due facoltà universitarie: diceva che la formazione dei giovani è il fattore più potente di sviluppo. Aveva trovato la sede, ma gli mancavano le attrezzature e soprattutto i personal computer. Il cerchio si è chiuso felicemente con la donazione». E da qui è nata l?idea di realizzare nuove iniziative di ?tecnologia solidale?. Oggi il Banco ha un magazzino e una sede a Milano, con tanto di vetrina, dove chiunque può entrare per donare attrezzature, ricevute e controllate con puntigliosa passione dai due volontari, Umberto e Sergio, neo pensionati superesperti di informatica che hanno messo a disposizione tutta la loro professionalità. Per i grandi donatori, si provvede anche al ritiro, con un furgone donato da una nota casa automobilistica giapponese. Ne beneficia anche l?ambiente, perché le apparecchiature in questo modo sfuggono alla discarica, ancora oggi il destino della maggior parte di esse. I beneficiari delle macchine sono soprattutto in Africa e America Latina: scuole, centri di formazione professionale, istituti di promozione sociale. Per il trasporto, alquanto costoso e a volte rischioso, il Banco informatico ha trovato spedizionieri partner che offrono il servizio gratuitamente o a prezzi molto vantaggiosi. Nel 2006 la onlus cambia nome, diventando Banco informatico, tecnologico e biomedico (Biteb). L?ultima sfida, infatti, è il recupero delle apparecchiature biomedicali dismesse, da destinare agli ospedali dei paesi in via di sviluppo, con la collaborazione della Regione Lombardia che sta realizzando anche un sito web per far incontrare domanda e offerta.


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