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Cooperazione & Relazioni internazionali

La tragedia raccontata dal basso

Ushahid.com mappa di ora in ora l'andamento della crisi con testimonianze di singoli e associazioni

di Chiara Caprio

All’inizio fu il Kenya. Fu la piattaforma web Mzalendo, realizzata per monitorare gli scontri, i luoghi e i bilanci degli incidenti che si scatenarono dopo le elezioni del 2008. Ma, soprattutto, fu la reazione della società civile keniota a lanciare, con messaggi, report e continui aggiornamenti Ushahidi, lo strumento di crowdsourcing per monitorare in internet le crisi umanitarie. Oggi invece, il team nato in Africa si confronta con il terremoto di Haiti.

«Allo scoppio del terremoto abbiamo lanciato Haiti.Ushahidi.com, che prevede la partecipazione in prima persona di singoli o di organizzazioni che lavorano sul campo» spiega Ory Okolloh, co-fondatrice di Ushahidi, avvocatessa e blogger originaria del Kenya.

Le informazioni mandate dagli utenti sono registrate dal sistema e geo-localizzate su una mappa, che mostra la situazione delle strade, gli incendi scoppiati, le strutture crollate, ma anche i punti di distribuzione del pane, i centri di accoglienza per i rifugiati e luoghi di raccolta di acqua pulita.

«In questo senso è utile e importante anche per le ONG. Stiamo cercando di raccogliere più report per localizzarle sul campo, per fornire dati, contatti e informazioni sul lavoro che stanno facendo sull’isola, un processo di registrazione simile a quello già attivato da Sahana»

Il team di Ushahidi, «composto da più di 40 persone che lavorano al progetto dall’Africa, dagli USA e dai numerosi uffici sparsi per il mondo» si occupa di filtrare, tradurre e codificare i report mandati dagli utenti, il tutto però attraverso un coordinamento realizzato dall’ International Network of Crisis Mappers (CM*Net) e dall’OCHA delle Nazioni Unite con sede in Colombia, che da tempo collabora con i programmatori africani. 

«Dobbiamo ringraziarli per il lavoro fatto nei mesi precedenti, simulando in Colombia l’applicazione di Ushaidi ai terremoti. Questa infatti è la prima volta che ci misuriamo con una catastrofe naturale vera e propria».

Altre sperimentazioni fatte in precedenza riguardano invece crisi umanitarie, come la condizione della popolazione nella striscia di Gaza, in collaborazione con Al Jazeera, e le violenze xenofobe scoppiate in Sud Africa nel 2008, seguito con il gruppo locale United for Africa.

Ma nonostante si tratti di una novità, Haiti.Ushahidi funziona a pieno ritmo, 24 ore su 24, fornendo informazioni attraverso i 421 report pubblicati e, come riporta Ory, «migliaia di messaggi via Twitter, che sono stati filtrati e sono al momento in fase di aggregazione per poter essere pubblicati on line come segnalazioni».

«Si tratta di informazioni preziose,» prosegue Ory «che in questo modo possiamo condividere con gli Haitiani che vivono fuori dall’isola, con le organizzazioni umanitarie e con i governi, soprattutto considerando che le comunicazioni passano soprattutto via Skype e internet, mentre i cellulari ancora non hanno una rete stabile».


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