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La vita di Gaudì,il più beato degli architetti

Via libera del Vaticano al processo di beatificazione del grande architetto catalano

di Roberto Copello

Sull?immaginetta si staglia il profilo inconfondibile delle torri della Sagrada Familia, la grande cattedrale di Barcellona. Sotto, una semplice scritta: ?Antoni Gaudí i Cornet – l?architetto di Dio (1852-1926)?. E sul retro, in lingua catalana, una preghiera: ?Santissima Trinità, tu hai instillato nel tuo servo Antoni Gaudí, architetto, un grande amore per la tua Creazione e un desiderio ardente di imitare i misteri dell’infanzia e della Passione del Figlio. Fa? che anch?io impari a dedicare me stesso a un?opera ben fatta e glorifica il tuo servo Antoni, accordando a me, attraverso la sua intercessione, la grazia che chiedo. Amen?. Sì, la devozione al visionario architetto catalano si sta diffondendo in tutto il mondo, tant?è vero che dell?immaginetta esistono anche versioni in spagnolo, inglese e persino giapponese. E presto gli studenti di architettura, gli scultori, gli artigiani del ferro battuto potrebbero avere un santo protettore cui affidarsi. Dal cielo, sant?Antonio Gaudí li proteggerà tutti, anche se magari criticherà i loro lavori. Senza troppi peli sulla lingua, com?era nel carattere brusco e difficile di questo genio che visse con un solo pensiero: dare gloria a Dio e alla Madonna proseguendo, con le proprie opere, la Creazione divina. Il 10 marzo scorso, infatti, il Vaticano ha autorizzato l?avvio del suo processo di beatificazione e l?arcivescovo di Barcellona, cardinal Carles procederà alla costituzione del Tribunale che dovrà indagare sulla fama di santità di Gaudì. Una vita in cantiere Nel capoluogo catalano, a dire il vero, sulla santità di Gaudí si è sempre giurato, sin da quel 10 giugno 1926 in cui morì, tre giorni dopo essere stato travolto da un tram, mentre andava a pregare nella chiesa di San Filippo Neri prima di andare in cantiere. Ora però l?ipotesi che il grande architetto salga sugli altari si è fatta più concreta e naturalmente è entusiasta il professor Joan Bassegoda Nonell, titolare dal 1968 della Càtedra Gaudí all?Universitat Politècnica de Catalunya (Gaudí è l?unico architetto al mondo che vanta una cattedra tutta per sé: un po? come se nei nostri atenei fosse previsto un esame su Pierluigi Nervi o Renzo Piano): «Sì, finalmente la causa ha preso il suo corso. Tutto iniziò nel 1992, quando un giovane architetto, José Maria Almuzara, costituì l?Associazione Pro Beatificazione di Antoni Gaudí, che ha fatto stampare le immaginette e in breve tempo ha raccolto una valanga di lettere e testimonianze. Il cardinal Carles non poteva ignorare tutto ciò. Bisognava però che la diocesi designasse un vice postulatore, atto necessario per chiedere al Vaticano la nomina di un postulatore ufficiale. Nel maggio 1999 si sono riuniti gli otto vescovi della provincia metropolitana tarraconense e hanno dato il loro nulla osta. Come vicepostulatore è stato scelto padre Lluis Bonet Armengol, parroco della Sagrada Familia nonché fratello di Jordi Bonet, l?architetto che dirige i lavori del cantiere. Ora così si può aprire ufficialmente una ?positio? per l?audizione di testimoni. I tempi saranno lunghi ma sono fiducioso. Anche perché sono certo che il Papa è entusiasta all?idea: Wojtyla guarda sempre con interesse alla beatificazione di laici, come ha dimostrato quando, sfidando pregiudizi, ha voluto beatificare i Martiri della guerra di Spagna. Gaudí era un santo come uomo e come architetto: prendeva ispirazione non dai trattati di architettura ma dalla Natura, che considerava Rivelazione divina al pari della Dottrina religiosa cattolica». «Non c?è dubbio, Gaudí aveva un?aureola in testa», dice senza esitazione padre Lluis Bonet, all?ombra delle guglie della cattedrale di Barcellona. E racconta senza problemi di quante conversioni sono avvenute grazie alla profonda impressione suscitata dalla visione della Sagrada Familia. Anche Maria Antonietta Crippa, docente di Storia dell?architettura al Politecnico di Milano e fra le principali studiose italiane del genio di Catalogna, non ha dubbi sulla santità di Gaudí, e infatti conserva nel portafoglio la sua immaginetta: «Tutti i biografi di Gaudí concordano sul fatto che i suoi ultimi anni di vita sono stati eroici, per la dedizione assoluta con cui si dedicò alla Sagrada Familia senza guadagnarci niente, solo perché questo grande segno religioso si compisse. E poi aveva una grande attenzione ai rapporti umani, nonostante il temperamento un po? brusco e polemico, che non gli impedì di ospitare e curare persone malate negli ultimi anni. Chi nutre dei dubbi si legga Gaudí, l?uomo e le opere, la biografia scritta da Juan Bergos». Una biografia, quella di Bergos, dove la santità di Gaudí emerge già chiaramente: «Fu la fede a cambiarlo in uomo sereno, equilibrato, esemplare. Emanava un influsso benefico che causava conversioni ed eroiche rinunce in chi gli era vicino. Da giovane era agnostico ma a 40 anni era già così credente da affermare che l?uomo senza religione è un uomo spiritualmente mutilato». Un dandy messo alla prova Un genio dell’arte e della fede, insomma. E un uomo veramente libero, in tutti i sensi. Antoni Gaudí i Cornet era nato il 25 giugno 1852 a Reus, vicino a Tarragona, figlio di un artigiano del rame. Da ragazzo studia presso i padre Scolopi. Poi, fino ai 24 anni, è un giovane dandy: capelli biondi, occhi azzurri, vestiti eleganti, atteggiamenti anticlericali. Ma nel giro di un anno gli muoiono la madre, il fratello e la sorella: allora in Antoni spunta la devozione per la Madonna. Non si sposerà mai (anche se a trent?anni fu attratto da una turista americana purtroppo già fidanzata) e l?imperativo religioso assumerà un peso sempre crescente, finché negli ultimi dieci anni deciderà di dedicarsi solo alla Sagrada Familia. Genio visionario e assolutamente originale, Gaudí consacra la sua opera alla rappresentazione del divino. «L?intelligenza dell?uomo», dice, «può attuarsi solo nel piano, è a due dimensioni. L?intelligenza angelica è a tre dimensioni, si attua direttamente nello spazio». In anni di positivismo ateo e fiducia cieca nella ragione, Gaudí valorizza la dimensione trascendente dell?uomo, punta verso l?alto. Fa un uso mistico dell?arco parabolico che trova una stupefacente intensità spirituale nei lunghi corridoi del Collegio delle teresiane: per Gaudí il «paraboloide» è figura del Padre, quegli archi rimandano verso l?alto e inducono alla contemplazione, dato che «la retta è la linea degli uomini e la curva è la linea di Dio». L?apparente eccentricità di Gaudí non è fine a se stessa, non è voglia di stupire: per lui «originalità significa ritorno alle origini», quindi tornare all?epoca della Creazione, che è opera di Dio e della quale l?uomo può solo essere collaboratore. Il cantiere della Sagrada<:b> Sin dal 1883 un?associazione religiosa aveva incaricato Gaudí di occuparsi di un ?tempio espiatorio?, forse anche per redimere la città dalle colpe dei rivoluzionari. Dedicato alla Sacra Famiglia, Gaudí lo concepisce come una foresta di simboli cristiani da realizzarsi proprio come le cattedrali medievali, impegnando le generazioni future ad arricchirla («Sarà san Giuseppe a finirla», ripeteva). Il progetto prevede dodici torri (come gli apostoli) e una centrale (Cristo). La facciata della Natività deve guardare a Est, verso il sole che nasce; quella della Passione verso il tramonto; quella principale, della Gloria, verso lo splendore del mezzogiorno. Gaudí inizia per prima la facciata della Natività, «in quanto è da lì che comincia tutto, tutte le speranze e tutta l?attrattiva». Dopo la delusione della Pedrera, la Sagrada diventa per lui l?unica ragione di vita. Sempre più radicato alla sua terra (va all?estero solo due volte e rifiuta di esprimersi in lingue diverse dal catalano), nei suoi ultimi anni Gaudí somiglia ormai a un monaco di clausura. Rischia di morir di fame per un digiuno quaresimale un po? esagerato. Si nutre solo di verdura. Si veste con abiti vecchi e malandati. Ha orrore delle fotografie e si nega all?obiettivo. Vive solo per la cattedrale, il ?tempio espiatorio? per la cui costruzione va in giro personalmente a chiedere offerte. Il suo perfezionismo non conosce limiti. Quando il vescovo gli chiede se valga la pena darsi tanto da fare per realizzare piccoli particolari sulla cima delle guglie, visto che nessuno potrà mai vederli, Gaudí obietta: «Vorrà dire che li vedranno gli angeli». Presbite da un occhio e miope dall?altro, non vuol mettere gli occhiali: per concepire un mondo diverso bastano le visioni interiori, ma per vedere il tram mentre si attraversa la strada servirebbero, eccome. Quando il 7 giugno 1926 viene travolto da una vettura della linea 30 all?incrocio tra carrer Bailen e l?avinguda de les Cortes Catalanes, nessuno riconosce Gaudí in quel vecchietto di 74 anni, minuto e dimesso. Tre tassisti, anzi, lo scambiano per un mendicante e rifiutano di soccorrerlo. Alla fine una guardia civil lo porta all?ospedale di Santa Cruz, dove Gaudí rifiuta la camera privata e pretende di andare in corsia: «Il mio posto è tra i poveri». Qui tre giorni dopo si spegne, all?età di 75 anni. Le ultime parole sono «Amen! Dio mio, Dio mio…». Il 12 giugno ai suoi funerali c?è tutta Barcellona, assiepata per quattro chilometri ai lati di un corteo funebre lungo un chilometro. E il Papa darà il permesso di seppellirlo nella cripta della sua Sagrada Familia. Dice Bassegoda: «Gaudí sarebbe il primo architetto fatto santo. Non ce n?è mai stato uno: noi architetti siamo tutti brutti e cattivi, superbi, dovremmo andare tutti all?inferno. Ognuno si crede un Dio solo perché costruisce qualcosa. Gaudí invece era diverso, era umile: ?Io non sono un creatore, diceva, continuo l?opera di Dio e della natura?. Per questo, verrà il giorno in cui potremo tutti invocarlo così: sant?Antonio Gaudí, prega per noi». E anche se i tempi in queste cose sono sempre lunghi, chissà che Gaudí non diventi santo prima che la sua opera sia conclusa. A più di un secolo dall?apertura del cantiere, infatti, solo un terzo della Sagrada Familia è costruita. I lavori vanno a rilento, i soldi necessari sono tantissimi e non mancano le polemiche sul progetto da attuare. Per ultimarla, servirebbe davvero un miracolo di Gaudí. Ma forse che per finire il Duomo di Milano non sono occorsi cinque secoli? Inseguendo le visioni di Antoni Antoni Gaudí prima di morire, nel giugno 1926, aveva avuto la soddisfazione di vedere ultimata solo la prima torre delle quattro della facciata della Natività. Dopo di lui, tutto fu più difficile. Durante la Guerra civile del ?36, fu bruciato l?archivio di Gaudí, con i suoi disegni e i modelli conservato nella cripta della Sagrada. Questo ha reso molto difficile il proseguimento del cantiere. Poi, con grande pazienza, alcuni di queste carte di Gaudì sono state ricostruite. Oggi il cantiere sta proseguendo a grande velocità, ma anche tra molte contestazioni. Secondo alcuni il progetto sarebbe stato snaturato nella scelta dei materiali e nell’approssimazione del materiale decoratico, che Gaudì aveva invece disegnato con la stessa cura con cui aveva progettato le parti portanti. Concluse comunque le due facciate laterali, quasi terminata l?abside, ora il cantiere sta affrontando la facciata e si concluderà con la copertura della cattedrale su cui svetteranno le quattro gigantesche guglie volute da Gaudì.


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