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Le fiammelle di google fermeranno la tragedia del darfur?

Google Earth segnala i villaggi distrutti e reindirizza a siti utili per mobilitarsi. Mentre i grandi del mondo stanno a guardare...

di Daniele Scaglione

Di nessuna cosa se ne sa mai abbastanza, scrisse Bertrand Russell, affermazione ancor più vera quando si parla di violazioni dei diritti umani compiute su vasta scala. I circa 200 milioni di persone che usano Google Earth alla ricerca di monumenti famosi o del proprio quartiere, ora possono anche vedere che in punto della terra nel centro dell?Africa c?è qualcosa che non va. Icone a forma di fiammelle rimandano a dati, foto, spiegazioni, testimonianze su quello che sta accadendo in Darfur, nel Sud-Ovest del Sudan. I fatti, a dire il vero, si possono riassumere in poche parole: con il pretesto di combattere un gruppo di ribelli, i soldati del governo sudanese e le milizie Janjaweed, che lo stesso governo spalleggia, stanno massacrando la popolazione di questa regione.

Al gennaio del 2007, secondo Human Rights Watch, i morti erano almeno 200mila, le donne violentate svariate migliaia, gli sfollati 2,5 milioni. Se di genocidio non si tratta poco ci manca, in ogni caso è una carneficina da fermare. Ma i potenti che potrebbero farlo – a partire dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu – stanno a guardare, secondo un copione già ben interpretato negli anni 70 in Cambogia e in quelli 90 in Rwanda ed ex Jugoslavia. Il governo di Khartoum prende per il naso le diplomazie occidentali, che d?altra parte sul Darfur non hanno voglia di investire più di tanto. Basti pensare che tra i 10mila Caschi blu sul posto, da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti messi insieme ne arrivano meno di 20, vale a dire un decimo di quelli che manda da solo il Rwanda.

Fiammella giallorossa, villaggio «danneggiato»; fiammella rossa, villaggio distrutto; Shattay, 696 costruzioni su 696 abbattute, il villaggio non esiste più, semplicemente, ed è un caso tra migliaia. Ci sono anche le immagini, per chi vuole scaricarle, e non sono quasi mai foto di violenza; il più delle volte ritraggano la miseria, la desolazione. Il Museo per l?Olocausto di Washington e Google non si limitano a denunciare. Ogni volta che si clicca una qualunque icona, compare un collegamento dal nome «come posso aiutare»? Il sito del Museo per l?Olocausto a cui si viene rimandati suggerisce poche cose semplici e concrete. Noi che leggiamo e navighiamo sulle mappe di Google Earth non possiamo disporre l?invio di truppe o un?azione seria nei confronti del governo sudanese. Possiamo però farci sentire, sempre di più, presso i nostri media e i nostri governi affinché la smettano di affrontare anche questo evento come una delle tante ineludibili tragedie africane. I massacri in Darfur si possono e si devono fermare.


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