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L’Italia può andare meglio se non va a quattroruote

Lo stop al Salone di Torino può essere un segnale salutare se si comincia finalmente ad accettare l’idea che la civiltà dell’auto sta trasformandosi in assoluta inciviltà.

di Giuseppe Frangi

La notizia che il 69esimo salone di Torino non aprirà i battenti è una notizia che mette tristezza. Ma potrebbe esserci una notizia ancora più triste: che i governi occidentali si decidano a sostenere, per l?ennesima volta, con interventi eccezionali l?industria dell?auto. Intendiamoci, ci sono in gioco migliaia di posti di lavoro, ma ce n?erano anche dieci anni fa quando, continuando ad aumentare i numeri delle auto prodotte, si era comunque cominciato a ridurre drasticamente il numero di coloro che le producevano. Oggi la Fiat ha 100mila addetti in meno, ma l?Italia è il paese d?Europa con la più alta densità di macchine: al mondo solo gli Stati Uniti, con quasi 800 vetture ogni mille abitanti, ci supera (noi sfioriamo le 600), e l?ultimo record di vendite di auto data 2001. Lo stop al Salone di Torino può essere, quindi, un segnale salutare se si comincia finalmente ad accettare l?idea che la civiltà dell?auto sta trasformandosi in assoluta inciviltà. Ne abbiamo avuto prova quest?inverno, con le città del nord assediate dalle polveri pm10 e la tosse da smog per cinque abitanti si dieci. Ne abbiamo prova ogni giorno con i bollettini sempre più inquietanti degli incidenti sulle strade. Ma, se queste sono emergenze cui, con qualche aggiustamento, si può porre temporanei rimedi, c?è invece una questione di fondo cui è difficile porre rimedio. L?auto è diventata il simbolo più acuto e più diffuso di un modello di sviluppo che macina in maniera assolutamente irresponsabile, giorno dopo giorno, un patrimonio di energia. Oggi solo il 10% della popolazione mondiale è motorizzata. Ed è la prova più palese che qualcosa nella globalizzazione non potrà mai funzionare: perché se quella percentuale si alzasse in maniera considerevole, cioè se la globalizzazione dei consumi diventasse un fatto un po? meno elitario, il futuro del mondo sarebbe seriamente a rischio. Su un sito molto interessante segnalatoci da un amico (Redifining progress, www.rprogress.org) ognuno può fare una semplice misurazione del consumo energetico che, il proprio stile di vita, realmente comporta. I risultati sono impressionanti. Se, come spiegano i realizzatori del sito, ogni uomo ha a disposizione le energie prodotte da due ettari di terra, un cittadino che metta nel conto 30mila chilometri all?anno di movimenti in auto, arriva veloce a consumare il corrispondente di 12 ettari. Cioè a sottrarre lo spazio vitale ad altre cinque persone nel mondo. E? un gioco, ma un gioco che dimostra come una giusta globalizzazione sia matematicamente incompatibile con i nostri consumi. E allora che senso ha stendere un ponte sullo stretto di Messina, spendendo 9600 miliardi di lire per far risparmiare mezz?ora alle persone? E che senso spenderne 3.600 per l?autostrada Cecina Civitavecchia? Lo scorso anno, intanto, per la valle del Frejus sono passati 1.600mila tir (cioè oltre 4000 al giorno, cioè tre al minuto) mentre un treno merci, per arrivare da Anversa a Milano deve cambiare sei volte locomotiva? Insomma, se lo stop al Salone di Torino diventa lo spunto per ridimensionare un modello fondato sul mezzo di trasporto più individualista e dissipante che l?uomo abbia mai inventato, può essere un stop salutare. Non vogliamo essere cattivi profeti e ci fermiamo con questo auspicio. Del resto, questa settimana, ci ha riservato altre cattive notizie, come quella della caccia al clandestino che si è ufficialmente aperta in Italia, sotto la guida soddisfatta del ministro Scajola. Nel loro bottino i neonati nuclei di polizia anticlandestini possono già mettere in conto una media di 1300 identificazioni ed espulsioni ogni due giorni. Qualcuno scappa dal conto, come Housseinou Sakh, 35 anni, senegalese, ritrovato in un torrente a Santa Maria Monte, vicino a Pisa, probabilmente suicida perché assillato dalla prospettiva di essere cacciato dall?Italia, lo dicono i carabinieri. Ministro Scajola, come fa ad essere soddisfatto?


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