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Malattie rare: bene il Piano Nazionale e i fondi, ma servono i decreti attuativi

Come vivono in Italia i 2 milioni di persone con malattia rara? Bene, ma non benissimo. Abbiamo un ambizioso Piano Nazionale, una legge ad hoc, nuovi fondi: ma senza decreti attuativi servono a poco. In più, sono ancora necessari 4 anni per una diagnosi e permangono troppe differenze tra nord e sud

di Sabina Pignataro

Come vivono in Italia i 2 milioni di persone con malattia rara? Bene, ma non benissimo. Il nono Rapporto MonitoRare di Uniamo – Federazione Italiana Malattie Rare, mostra che l’Italia è un paese che ha molti punti di forza, ma anche alcune criticità. In sintesi: per avere una diagnosi ci vogliono ancora 4 anni e l'accesso alle terapie più innovative, che in alcuni casi esistono, è disuguale da una regione all'altra. Soprattutto, pesa l’assenza dei decreti attuativi che dovrebbero dare concretezza a tutto ciò che è previsto dal nuovo Piano Nazionale Malattie Rare.


I punti di forza


Abbiamo un ambizioso Piano Nazionale Malattie Rare, arrivato dopo 3 anni di lavoro, che rappresenta quasi un unicum in Europa.

Abbiamo una legge dedicata (L. 175/2021): “Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione di farmaci orfani”: siamo forse gli unici con una legge ad hoc.

Abbiamo lo screening neonatale più esteso d’Europa, con 49 patologie inserite nel panel e un programma specifico: a fine 2022 attivo in tutte le Regioni/Province Autonome e con omogeneizzazione crescente delle patologie inserite. unico neo l’inserimento della Sma, pur licenziata nel 2021, ancora non inserita e in corso di sperimentazione in varie Regioni.

Abbiamo più fondi: da quest’anno, il Ministero ha stanziato 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Il problema è che mancano ancora i decreti attuativi.


Le debolezze

La lettura del documento delinea anche un Paese che corre ancora con velocità diverse: 7 Regioni e Province Autonome non hanno alcun centro partecipante alle ERNs (reti di riferimento europee) e 2/3 degli ospedali che partecipano ad almeno una rete si trova nelle regioni settentrionali. Questo alimenta il fenomeno della mobilità sanitaria, con tutte le sue conseguenti implicazioni sanitarie, sociali etiche ed economiche per i pazienti

Rimangono poi i grandi temi irrisolti: «il percorso diagnostico – spiega Annalisa Scopinaro, Presidente Uniamo, Federazione Nazionale Malattie Rare, l’ente di rappresentanza della comunità delle persone con malattia rara – è ancora troppo lungo (di media servono 4 anni per arrivare ad una diagnosi); le terapie restano insufficienti (ad oggi sono disponibili solo per il 5% delle patologie) e i tempi per divenire disponibili troppo dilatati».

I nodi aperti

Si sottolinea inoltre la «necessità di sviluppare una presa in carico “olistica” che comprenda tutto il percorso della persona e includa, sempre, il supporto psicologico; l’inclusione scolastica e l’inserimento lavorativo delle persone con malattia rara e, più in generale, con disabilità ancora lontani dall’essere realmente garantiti». A tal proposito Uniamo ha già presentato delle proposte di miglioramento della Legge 68/99.


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