Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Attivismo civico & Terzo settore

Morti di soldati in Kosovo, l’uranio non c’entra

E' la denuncia dell’Anpas. L’elemento respirato dai soldati non era abbastanza da uccidere. Ma i politici ne fanno un capro espiatorio per nascondere verità più scomode

di Aldo Daghetta

L?uranio impoverito fa meno male di una Tac. Ma ai politici fa comodo farci credere che siano state le armi utilizzate dalle forze Nato in Kosovo a uccidere e far ammalare tanti soldati. Compresi, probabilmente, i 7 militari italiani che recentemente hanno dichiarato a Rainews 24 di aver generato figli affetti da gravi malformazioni del tutto simili a quelle dei bambini iracheni: malformazioni scheletriche, spina bifida, palato molle. È la scioccante denuncia di alcuni volontari che erano nei Balcani assieme agli uomini della Nato. Denuncia che conferma gli studi della commissione parlamentare d?inchiesta Mandelli e le dichiarazioni di Nato e Organizzazione mondiale della sanità secondo cui non ci sono dirette connessioni tra uranio impoverito e l?insorgenza di malattie tra militari e popolazione civile. Secondo Andrea Borio, ingegnere nucleare e vicepresidente vicario di Anpas Internazionale, presente durante il periodo del conflitto in Kosovo con più di 1.100 volontari, «Non si può identificare nell?uranio impoverito la sola causa alla base di questo tipo di patologie: è evidente che ci sono dei fattori chimici che non vengono deliberatamente presi in considerazione, agenti con effetti cancerogeni e mutageni». Ma allora quali sono i reali effetti dell?uranio impoverito impiegato negli armamenti utilizzati dalle forze Nato? «Una prima considerazione», spiega Borio, «si basa sul fatto che stando alle informazioni diffuse tra i militari non sono state rilevate patologie legate alla tossicità chimica dell?uranio impoverito che è scientificamente provato essere la prima causa di pericolosità in quanto metallo pesante. Poiché l?incorporazione di alcuni milligrammi causa l?insorgenza di patologie renali, l?assenza di questo riscontro dimostra che si è al di sotto di qualche milligrammo e ciò significa che da un punto di vista radiologico le dosi ricevute dai militari sarebbero al massimo equivalenti a un paio di radiografie e decisamente inferiori a una Tac». Al problema della contaminazione del terreno in Kosovo, Borio risponde che nel primo centimetro del suolo della città di Milano ci sono 100 tonnellate di uranio naturale, equivalenti a circa 400 tonnellate di uranio impoverito: durante i bombardamenti Nato ne sarebbero state scaricate complessivamente solo 10 tonnellate: ogni cittadino milanese calpesta ogni giorno 40 volte la quantità totale di uranio impoverito riversata in Kosovo. «Ritengo che abbiamo il diritto di sapere», denuncia Borio «a quali altre sostanze chimiche sono stati esposti i militari, la popolazione civile e i volontari: quali sono gli effetti dell?inquinamento provocato dal bombardamento sistematico di complessi industriali petrolchimici? Il governo non può lavarsi la coscienza riducendo l?intero problema all?uranio impoverito: così crea un capro espiatorio evitando di assumersi responsabilità politiche».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA