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Economia & Impresa sociale 

Nostra signora del debito

Il futuro dei Paesi poveri da sei anni è nelle sue mani, intrecciate a quelle di chi in 60 nazioni crede in Jubilee 2000

di Carlotta Jesi

Agli appuntamenti importanti Ann Pettifor arriva in giacca chiara e foulard in tinta. Ma arriva e basta: che di fronte abbia Bill Clinton, il suo amico Nelson Mandela, Bono o una folla di studenti e attivisti, finisce sempre che si ritrova in maglietta. Nera, a maniche corte, con una grande catena bianca in primo piano. È il simbolo di Jubilee 2000, la campagna per l?abbattimento del Debito dei Paesi poveri cui Ann ha dedicato gli ultimi sei anni della sua vita girando il mondo, dall?Australia al Vaticano, per dare un futuro al Sud. In maglietta anche per presentarsi al Papa? No, risponde scuotendo i capelli corti castano chiaro con un sorriso che le illumina la faccia e rivela piccoli segni intorno agli occhi. Le rughe di una che non si risparmia e arriccia, muove, distende il viso di continuo mettendosi tutta in ciò che sta dicendo. «No, di solito uso un biglietto da visita», ride mostrando la sua business card: Ann Pettifor, direttrice di Jubilee 2000. E prima, circa 50 anni fa, bambina bianca nata e cresciuta nel Sud Africa dell?Apartheid. «Un?esperienza di ingiustizia profonda che mi ha segnato per tutta la vita, sono scappata appena ho potuto», racconta. A ventun anni, destinazione: Tanzania. Ann ci rimane, come insegnante, fino alla fine della guerra in Vietnam che forma definitivamente il suo pensiero e la voglia di un mondo in cui non valgono solo le leggi dei ricchi e più forti. «Mi trasferii in Inghilterra», spiega con una voce che non ha mai lo stesso tono e ?accenta? le parole più importanti, «L?Inghilterra della Teacher». Anni faticosi in cui Ann diventa mamma e impara a fare lobbying per difendere le cause importanti. «Lavoravo per i sindacati e il partito laburista per convincere il Parlamento inglese che il Great London Capital non doveva essere distrutto. È stato allora che ho capito come funzionano politica e istituzioni». E che era stufa di quel lavoro. Ma che fare? Che lavoro cercare? La soluzione arriva, quasi per caso, una mattina del 1994 quando, sull?Economist, Ann legge la frase che avrebbe cambiato tutta la sua vita: cercasi ?Lobbyest? per lavorare sul debito. Firmato: The Debt Crisis Network «?Mi interessa?, ho pensato subito», ricorda allegra, «anche se non avevo idea di cosa fosse questo network e non avevo mai lavorato con associazioni o ong». Perplessità che confessa al colloquio di assunzione quando finalmente scopre cosa avrebbe dovuto fare: vai a Washington e convinci il governo ad abbattere il debito dei Paesi Poveri. «Sono scoppiata a ridere», ricorda, «Impossibile, no ce la farete mai senza l?appoggio dell?opinione pubblica. Impossibile, non posso farlo». Sì, che può invece. E inizia qualche giorno più tardi pensando a un modo di rendere la povertà, sofferenza, fame e malattie di milioni di uomini interessanti. Come aiutare chi sta bene a sposare la causa di chi soffre? A illuminarla, poco tempo dopo aver accettato l?incarico, è l?incontro con un professore dell?università di Keele: Martin Ned. «Mai che si ricordi di infilare la camicia dentro i pantaloni», scherza Ann, «un vero eccentrico con un sacco di idee». Compresa quella che serve ad Ann: legare l?abbattimento del debito estero dei Paesi poveri con il nuovo millennio e il giubileo della Bibbia. «Un?idea fantastica che all?inizio pensavo sarebbe stato difficile realizzare perché, in Sud Africa, avevo perso fiducia nella Chiesa di Dio tanto da allontanarmene del tutto», spiega Pettifor. Che, invece, si ricrede: a sostenere la grande sfida contro il Debito, inizialmente sono solo le chiese e associazioni religiose. «Cattoliche, protestanti ma anche musulmane», precisa Ann, «senza di loro non avremmo mai potuto trasformare la riduzione del debito in una vera campagna e lanciarla, nel 1996, come Jubilee2000: abbatti il debito nel nuovo millennio». Uno slogan che oggi conosce tutto il mondo, ma quattro anni fa…. «Per la maggior parte delle ong e associazioni inglesi era solo un?idea strampalata. Far passare il messaggio è stato davvero un lavoraccio», ammette Ann. Che due anni più tardi, quando nel 1998 settantamila persone provenienti da tutto il mondo si ritrovano a Birmingham per chiedere l?abbattimento del Debito al meeting dei G8, non crede ai suoi occhi. «Sapevamo che molte persone stavano arrivando a Birmingham, 30 mila, forse anche un po? di più, ma quando ne abbiamo trovate più del doppio abbiamo capito di essere sulla strada giusta». O, meglio, nella catena giusta. Una catena umana di nove chilometri formata da 70 mila persone con le braccia intrecciate. «La polizia non capiva più niente», spiega Ann, «non era preparata ad affrontare una catena di uomini in continuo movimento: un simbolo delle catene al Sud del mondo e della nostra unione che Blair non ha potuto ignorare». Risultato? Alle 18 del 16 maggio 1998, Ann e i suoi colleghi vengono ricevuti dal primo ministro che riporta al G8 la loro proposta di abbattere il Debito estero dei Paesi poveri. Da allora di premier, capi di governi e regnanti Ann ne ha incontrati molti. Ma il suo preferito rimane Mandela. «I?m so proud», spiega, «Sono così orgogliosa». Fiera di aver incontrato un uomo simbolo della sua adolescenza e di averlo ?conquistato? con la sua grinta, partecipazione, allegria e determinazione. «È successo ad Atlanta due anni fa: il suo staff mi ha detto che potevo parlargli per 10 minuti. Sono entrata nel suo studio, ci siamo guardati a lungo e dopo un?ora eravamo ancora lì a parlare tenendoci per mano». Ann e Mandela, Ann e D?Alema, Ann e Giovanni Paolo II, Ann e Jospin. Chi sarà il prossimo cui mostrerà la sua maglietta?«I G8 riuniti a Okinawa», risponde, «nel 2000 adesso ci siamo e questo debito va cancellato». Ma davvero ci crede, Ann? Davvero pensa che la società civile possa farcela? Ride, chissà quante volte, in sei anni, ha già risposto a questa domanda. Ti aspetti un sì, un «non c?è dubbio», un «senz?altro». E lei invece ti fissa, grintosa e dolce allo stesso tempo, e pensa. Dopo poco la risposta: «La gente oggi sa che le hanno tolto il potere di dire e fare ciò che pensa, di volere un mondo diverso». Ci crede, Ann. E con lei tutti quelli che, in maglietta, giacca o abito da sera, in questi sei anni l?hanno incontrata.


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