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Piano B, 12 parole per non delegare l’innovazione alla tecnocrazia

Tredici fondatori, legati a reti della società civile e a movimenti giovanili, si riconoscono in alcune “parole fondative” su cui costruire un nuovo paradigma di sviluppo. La presentazione al Meeting di Rimini

di Paolo Venturi

Il 24 agosto al Meeting di Rimini è stato presentato PianoB. Un fatto che molti giornalisti han rilanciato e commentato, provando a perimetrarlo in uno schema “consumato” da categorie novecentesche  e fazioni, altri invece cogliendo l’originalità ed il valore di una  proposta aperta a tutti.

PianoB infatti non è un partito, bensì uno “spartito” immaginato e nato per promuovere un’azione politica: politica e non partitica (ripetiamolo ancora se non si fosse capito). Il progetto non è un esercizio di tatticismo ma una visione che supera quel riduzionismo che tende ad assimilare l’azione politica a quella partitica, un riduzionismo che nel corso degli ultimi vent’anni ha desertificato la partecipazione e l’attivazione della cittadinanza intorno a tanti temi d’interesse generale.

L’origine del progetto è un’amicizia operativa fra 14 persone appartenenti a mondi diversi, ma con una comune tensione verso il bene comune.  Un processo che ha deciso di fondarsi su 12 parole (Origine, Europa, Beni comuni, Abitare, Sussidiarietà, Educazione, Generazioni, Lavoro, Investimento, Innovazione, Contribuzione e Giustizia) che i promotori hanno risignificato e declinato al futuro, con l’intento di renderle incoraggianti e integre nel loro significato.

La necessità di ripartire dalle “parole” è spinta dall’evidenza che attraverso questi codici simbolici e comunicativi, spesso passa una visione propagandistica e strumentale del dibattitto pubblico. 12 parole, da nutrire e declinare al futuro, che contengono l’accento del “come” renderle possibili e desiderabili; 12 parole che oltre a costruire una partitura fondativa, vogliono connettersi a tutte quelle esperienze e progettualità diffuse nel paese che le hanno ispirate.

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Non è pertanto un prodotto editoriale di 14 intellettuali, ma un processo che si legittima nel legame e nella valorizzazione di qualcosa che c’è già. In una seconda fase, già in partenza, ciascuna delle 12 parole fondative sarà connessa a “parole operative”, capaci di portare “le prove” che esiste già ciò che cerchiamo e di indicare concretamente un diverso metodo per rispondere ai bisogni emergenti. Parole come giustizia riparativa, comunità educante, comunità energetiche, amministrazione condivisa e molte altre renderanno esplicito non solo il “cosa” ed il “come” mettere a terra questa proposta.

L’innovazione sociale di cui abbiamo bisogno e che PianoB assume come orizzonte parte da un realismo e muove verso tutti i diversi settori della nostra società, proponendo cambiamenti radicali, perché le ricette che vediamo in atto da molto tempo, non stanno funzionando

Paolo Venturi

A ben guardare infatti, i temi della demografia, delle disuguaglianze, del giusto lavoro, dello sviluppo sostenibile e della felicità pubblica non si risolvono con un approccio meramente redistributivo e anaffettivo nei confronti di ciò che c’è in mezzo a Stato e mercato. L’innovazione sociale di cui abbiamo bisogno e che PianoB assume come orizzonte parte da un realismo e muove verso tutti i diversi settori della nostra società, proponendo cambiamenti radicali, perché le ricette che vediamo in atto da molto tempo, non stanno funzionando. Una trasformazione questa che passa dalla una visione di bene che postula il mutuo riconoscimento e la cooperazione anche fra soggetti diversi, che assume l’educazione la formazione come base per uno sviluppo umano integrale e che guarda all’innovazione in tutte le sue declinazioni come lo strumento necessario per affrontare una complessità che, diversamente, rischia di essere delegata alla tecnica o alla tecnocrazia.

Insomma, uno spartito che si fonda su una diversa grammatica e che invita a ripartire da ciò che c’è, con un metodo diverso (sussidiario e cooperativo) e con una tensione aperta e trasformativa. Un tentativo che si misurerà nella capacità di riuscire a stimolare partecipazione e nel creare una comunità più consapevole e desiderosa di contribuire ad un progetto di innovazione sociale che oggi non è più possibile delegare.


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