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Quale gioco? Un convegno di Aggiornamenti sociali e No Slot al Centro San Fedele

Un convegno, venerdì 26 settembre al Centro San Fedele di Milano, ha offerto l'occasione per fare il punto su un problema sempre più sentito: l'azzardo di massa. Il gioco d'azzardo, non solo nelle sue derive patologiche, è stato letto come un "fatto sociale totale" che coinvolge sfere e piani - dal giuridico all'etico, dall'estetico al pedagogico - spesso tenuti distinti

di Mika Satzkin

Mentre ogni esperto porta avanti il proprio pezzo di discorso, chi può dire, oggi, di sapere che cosa sia il gioco d’azzardo nel suo complesso? Chi può sostenere di conoscere davvero che cosa ha trasformato tanto il gioco, quanto l’azzardo in qualcosa che ha oramai trasceso i limiti in cui per secoli sono stati regolati o confinati? 

Come è stato possibile che tanto il gioco (nella variante della "gamification": dove tutto diventa gioco, anche senza esserlo davvero) e l'azzardo (che in sé ha sempre legame col denaro e con il suo sperpero) dilagassero nella vita quotidiana, nei  rapporti sociali e in quelli economici, fino a diventare quasi un' icona del sistema economico contemporaneo? 

Sono queste alcune delle domande che si sono posti i molti intervenuti al dibattito, tenutosi venerdì 26 settembre al Centro Culturale San Fedele, a pochi metri dalla Scala di Milano, organizzato nella propria sede dal mensile Aggiornamenti sociali e dal Movimento No Slot .

Un fenomeno sociale totale

Roger Caillois, autore di classiche riflessioni sul tema del gioco e dell’azzardo, invitava a considerarli come «fenomeni sociali totali».  E che cos’è un fenomeno sociale totale? È un fatto della vita sociale che implica – «simultaneamente e indissolubilmente», scriveva Luciano Gallino – molti altri elementi appartenenti a piani apparentemente separate.

Nel gioco (e in particolare in quello d’azzardo, che tipicamente coinvolge momenti di rischio estremo ed estremi flussi di denaro) inteso come fenomeno totale sono così coinvolti elementi che appartengono a tutte le sfere della realtà sociale: dal giuridico al politico, dall’etico all’estetico, dal religioso allo psicologico, dal pedagogico al’economico.

Da sinistra: Marcello Esposito, Luigino Bruni, Pietro Barbetta, Marco Dotti, Paolo Foglizzo

Così, osserva  Paolo Foglizzo di Aggiornamenti Sociali, accade che nel gioco e nell’azzardo entri in causa  il grande tema della libertà. Tema a sua volta sfaccettato, variegato, polivalente, se è vero che – proprio mentre la retorica degli industriali del settore invoca la “libertà” del giocatore di giocarsi tutto o un po’ meno del tutto – quella libertà è meno libera di quanto si creda e, pur mantenendone nome o struttura, si annichilisce quando entra in contatto con una povertà emergente. Proprio queste soglie di fragilità rappresentano oggi il vero bacino di utenza per un business miliardario, come ha mostrato Marcello Esposito nella sua delucidazione sulla geografia economica dell’azzardo italiano.

Nel fango delle cifre

Ne fango delle cifre tutto se ne va, cantava Franco Battiato. Così, dietro le cifre spariscono gli uomini, le loro storie e talvolta quelle cifre servono solo per coprire una lacuna etica evidente. Non lo Stato etico, tutt'altro. Ma uno Stato che non sia immune dal giudizio dei suoi cittadini.

Negli ultimi sette mesi, secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il gioco d’azzardo legale ha movimento per le casse dello Stato entrate erariali pari 6.740 milioni di euro. Considerando solo le imposte indirette, il gettito delle attività da gioco (lotto, lotterie e delle altre attività di gioco) è di 6.557 milioni di euro.

Ciò nonostante, come si può leggere nell’allarmata lettera dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli datata 18 settembre, allegata al nostro articolo, la raccolta fiscale è crollata complessivamente del 4% rispetto all’anno precedente, con un -4,1% di entrate fiscali per quelli che eufemisticamente vengono chiamati “apparecchi da intrattenimento e divertimento” (ossia: slot machines).

Letta dal punto di vista della gente, e non del fisco,  questa diminuzione è assolutamente positiva ed è dovuta – questo è la stessa Agenzia a doverlo ammettere – alle normative #noslot di cui si stanno dotando molte le regioni italiane in seguito alla pressione della società civile.

Grazie a molte iniziative di sensibilizzazione, ha osservato Luigino Bruni, professore di economia alla Lumsa di Roma,  si è alzata la percezione non solo di trovarsi di fronte al disagio di molti, ma di essere al centro di uno snodo capitale per la vita di tutti. Ed è proprio su questo snodo che si sono concentrati gli interventi del convegno “E lo chiamano gioco”. 

Dinanzi a questa situazione, come ha notato il professor Pietro Barbetta dell'Università di Bergamo, la ragione clinica appare non solo insufficiente, ma persino inadeguata. «C'est beaucoup plus difficile», amava dire un vecchio filosofo. E, in effetti, anche nel caso dei "malati", finita la sbornia sui numeri, c'è il caso da chiedersi, osserva Barbetta, se anziché di gioco d'azzardo patologico non sia il caso – trattandosi di un fatto totale, ma eminentemente sociale – di parlare di patologie del gioco d'azzardo

Verso il nulla? O verso un nuovo legame

Uno snodo che è principalmente antropologico, che riguarda l'uomo e la sua relazione con l'Altro. Una relazione possibile – ha osservato Marco Dotti – solo se il luogo dell'incontro, lo spazio pubblico viene desaturato da quell'elemento disaggregante e profondamente perverso che è rappresentato dalle slot machines installate ovunque, «dalle parafarmacie ai posteggi, dai bar degli ospedali alle sale d'attesa degli autobus».  Il gioco – continua Dotti – «è oggetto della nostra riflessione proprio perché, attraverso il suo prisma  si possono osservare le deformazioni che hanno subito la relazione, il luogo, il legame, l'istruzione. Elementi che condizionano la vita attiva della nostra comunità».

Numerosi gli interventi, numerose le osservazioni multidisciplinari (ne daremo conto nei prossimi giorni, trascrivendone un po'). Resta una sensazione, ben sintetizzata dalle parole di Johnny Dotti«la nostra è una società che ha disperato bisogno di riti condivisi. Riti di partecipazione per gli adulti, riti di iniziazione – penso al servizio civile, declinato in forma non statalista-  per i giovani. Partire dal tema dell'azzardo, che corrompe iniziazione e partecipazione, significa porre sul tavolo la grande questione del "d0ve vogliamo andare". Verso il nulla? O verso forme rinnovate di vita pubblica e comune?».

 

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