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Sanità & Ricerca

Quale latte contro l’Aids?

Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, un bambino su tre riceve il virus dalla madre sieropositiva attraverso l’allattamento al seno. Tuttavia...

di Federico Cella

Il virus dell?Hiv e l?Africa. Un connubio purtroppo sempre più inscindibile, un legame di morte e sottosviluppo che non sembra poter essere fermato: dalla comparsa del virus – attorno al 1983 – sono stati infettati 30 milioni di africani e 10 milioni ne sono morti. Ma la cifra che dà veramente il polso della situazione dell?epidemia nei Paesi africani è quella riferita alla mortalità infantile: più di un quarto dei morti per cause legate all?Aids nel Continente sono bambini. E solo lo scorso anno si sono contati almeno 600 mila nuovi casi di infezione tra i neonati. L?agenzia delle Nazioni Unite Unaids, branca dell?Organizzazione mondiale della sanità, nel suo ultimo rapporto ha sottolineato la necessità, per tutti i Paesi in via di sviluppo, di riconsiderare la possibilità di sostituire un?alimentazione artificiale (latte in polvere) alla pratica dell?allattamento al seno per tutte le madri sieropositive. Il passaggio del virus attraverso il latte materno, infatti, inciderebbe per più di un terzo di tutti i casi di trasmissione tra madre e figlio. Questa proposta dagli esperti delle Nazioni Unite ha gettato un certo sconcerto nella comunità internazionale, dato che si tratta di una sorta di passo indietro sulla questione degli alimenti sostitutivi al latte materno (regolamentati, fin dal 1981, da una legge Onu che ne impedisce la pubblicizzazione). Infatti, alcuni dati sempre ripresi dall?Oms mostrano come nel mondo, ma in realtà i casi sono concentrati soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, ogni anno muoiono almeno 1,5 milioni di bambini proprio a causa dell?utilizzo del latte artificiale. Le cause sono molteplici: l?utilizzo delle polveri artificiali con acqua non potabile e non disinfettata, la mancata formazione di anticorpi (solitamente acquisiti dalla madre a seguito dell?allattamento), la difficoltà economica a reperire sufficienti quantità di prodotto, il minore apporto nutritivo. Occorrenze che non riguardano certo i Paesi industrializzati, dove, infatti, la percentuale di trasmissione del virus tra madre e figlio ? anche a seguito dell?utilizzo di medicinali che riducono il rischio di trasmissione ? è minore del 5%. Nei Pvs questa percentuale sale drammaticamente fino al 25-35%. In alcuni Paesi del Sud del mondo ad alta diffusione del virus dell?Hiv, come la Thailandia, è stata presa la decisione da parte del governo ? non si sa quanto spinto dalle multinazionali del latte in polvere ? di rifornire gratuitamente le neomamme sieropositive dei prodotti artificiali. «Una moda pericolosa, a mio parere, che comunque non potrà mai essere trasportata nei Paesi dell?Africa Subsahariana», spiega il dottor Alberto Reggiori, medico chirurgo di Varese. «Il 90% della popolazione africana è rurale; e anche solo l?idea di sprecare della legna per far bollire dell?acqua per preparare il latte artificiale è quanto di più lontano dalla loro cultura». Il dottor Reggiori ha lavorato per nove anni, come cooperante dell?Avsi, presso diversi ospedali per malati di Aids in Uganda, dove le ultime stime parlano di due milioni di sieropositivi, circa il 15% dell?intera popolazione. Oltre a curare, per quanto possibile, i pazienti, il gruppo del dottor Reggiori organizzava presso le comunità locali dei corsi di comportamento non a rischio per la popolazione. «In Africa, l?unica via al momento percorribile per limitare il virus è quella della prevenzione a livello culturale», osserva. «Non sono pensabili alternative sanitarie legate ai medicinali o ai sostitutivi del latte materno. Lì le donne scoprono di avere l?Aids solo quando iniziano a morire i loro figli. E anche per questo motivo non riesco proprio a capire questa retromarcia dell?Oms». E proprio dall?ospedale dell?Università Makere a Kampala, capitale ugandese, il dottor Francis Miro, caporeparto di ostetricia, riporta delle cifre che fanno un certa luce sulla scelta-nonscelta tra latte materno e latte artificiale: «Se il 27% dei bambini nati da madri sieropositive ricevono il virus dall?allattamento al seno, nelle nostre campagne almeno l?85% dei bambini morirebbe a causa del latte in polvere». «È drammatico ammetterlo, ma quando si tratta di Africa», conclude Reggiori, «la strada da scegliere non è quella di una soluzione che non c?è, ma quella che garantisce un tasso di mortalità più basso».


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