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Famiglia & Minori

Quest’art è “brut”

Così la chiamò il francese Dubuffet per spiegarne la purezza. L’arte degli outsider, da Ligabue in poi, è più vitale che mai. Come dimostra un’esposizione appena chiusa a Palermo

di Giuseppe Frangi

Tutto iniziò un giorno del 1922. Jean Dubuffet, pittore francese, grande e straordinariamente inquieto, aveva ricevuto un libro che raccoglieva gli studi di uno psichiatra tedesco sui disegni dei malati mentali. Dubuffet non conosceva il tedesco. Ma sapeva bene distinguere il valore delle immagini e davanti a quei quadri riprodotti rimase folgorato. Coniò un termine che avrebbe fatto storia: «Art brut». Che non va tradotta come arte grezza ma come arte fuori dalla cultura. «Un?espressione del tutto pura, grezza, reinventata dal suo autore partendo dai suoi impulsi», spiegò il maestro francese. Grazie a lui un esercito di marginali, di pazienti psichiatrici, di solitari, di emarginati sono entrati a pieno diritto nella storia dell?arte. Anzi sono diventati i portabandiera di un?arte nuova. Son passati oltre settant?anni e se tanti movimenti dell?arte moderna nel frattempo sono passati alla storia, questo dell?Art brut continua ad essere più vitale che mai: musei, riviste, mostre a raffica in ogni angolo d?Europa. L?ultima, di grande successo, si è tenuta in questi mesi a Palermo. Titolo: l?Arte necessaria. Protagonisti: dodici outsider, come gli organizzatori li hanno chiamati. Qualche esempio: Ermanno Bencivenga, classe 1888, siciliano, analfabeta, morto nel 1967, famoso in mezza Europa per i suoi quadri con mostri e trionfi di pesci; oppure Angela Fidilio, classe 1947, di cui non si hanno quasi notizie, ma che dal 1986 dipinge, nell?atelier dell?ospedale di San Salvi a Firenze, le sue figure con gli occhi sgranati sulla realtà. E intanto, lontano da Palermo, la svizzera Locarno dedica una grande antologica a Claudio Baccalà, soprannominato da Dubuffet ?Berger du Tessin?, cioè ?pastore del Ticino?: una serie di tempere degli anni dal ?47 al ?60 sono esposte fino al 17 agosto a Locarno, presso la Pinacoteca Casa Rusca. Tutti nomi che vanno ad aggiungersi a tanti altri ormai diventati celebri, come il grande Ligabue. Oppure come quel Carlo, che scoperto nell?ospedale psichiatrico di Verona – paziente irrecuperabile, secondo la cartella clinica -, fu una vera e propria rivelazione per il pubblico e la critica con la sua mostra del 1992 al Museo di Castelvecchio della sua città. O l?austriaco Johann Hauser, morto proprio recentemente: tutti pittori i cui quadri vengono venduti a suon di decine di milioni (peccato solo che loro non possano goderne). Ma l?arte dei folli ha ormai anche le sue istituzioni. La più famosa è quella che raccoglie l?eredità di Dubuffet, il Musée de l?Art Brut di Losanna. Si trova al Chateau Beaulieu, gestito dalla municipalità della città svizzera che con una mossa a sorpresa nel 1976 aveva vinto la concorrenza di Parigi, ed è visitabile come un qualsiasi museo. Oltre a tante opere lasciate da Dubuffet, il museo ne raccoglie tante altre di artisti che lo stesso pittore aveva acquistato durante la vita. Dubuffet li chiamava gli amici della «Compagnie» e tra loro c?erano anche due italiani, come Carlo e come quel Filippo Bentivegna, presente alla mostra palermitana. Non solo: il museo continua a comperare quadri e sculture per arricchire le sue raccolte, che vengono tenuti distinti dal nucleo storico nella sezione Collexion Annexe. Un altro luogo fondamentale per l?Art brut è alle porte di Vienna: la celebre casa degli artisti di Gugging, fondata dal dottor Leo Navril e ora diretta dal suo successore, Johann Feilacher, resa famosa anche da tanti servizi giornalistici che le sono stati dedicati. Tra l?altro una selezione delle migliori opere degli artisti austriaci venne presentata a Lugano nel 1993 e per l?occasione venne pubblicato anche un bellissimo libro. Meno fortuna invece ha avuto un altro nucleo storico di opere degli outsider. E? quello londinese, messo insieme da Victor Musgrave e da Monica Kinley, sua moglie. Una raccolta straordinaria che venne presentata nel 1979 alla Hayward Gallery di Londra ma che non ha mai trovato uno spazio pubblico per poter diventare museo permanente. Così con grande amore la Kinley ha fatto della sua casa di Londra un museo stipato di opere, con tanto di bellissimo catalogo. E l?Italia? A parte l?esperienza pionieristica dell?ospedale di Verona, il gruppo più attivo è quello della Tinaia di Firenze, nato all?interno dell?ospedale psichiatrico di San Salvi e diretto da Dana Simionescu, moglie del pittore che lo fondò, Massimo Mensi. A Genova nel 1992 è nato Istituto attivo delle forma inconsapevoli, all?interno del presidio sanitario di Genova Quarto.Infine, chi volesse saperne di più su questo straordinario fenomeno può procurarsi un bellissimo volume uscito nel 1996 da un grande editore d?arte londinese, Phaidon, in vendita in alcune grandi librerie italiane. S?intitola Raw Vision. Outsider art and beyond. Ovvero Visione cruda. Cruda, ma vera e piena di poesia.


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