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Attivismo civico & Terzo settore

Respiro alle coop del Sud

di Andrea Di Turi

Avere credito resta un terno al lotto, perché le banche tradizionali non conoscono le imprese sociali. E per resistere in attesa del pagamento dei circa 25 miliardi di crediti in essere verso la pubblica amministrazione, occorre stoicismo. Ad esempio si stima che il Comune di Napoli abbia sfondato i 100 milioni di debiti, per servizi a 20mila utenti, tra cui migliaia di anziani e disabili, mentre è a rischio il lavoro di 9mila operatori sociali. Tanto che i rapporti tra il sociale e la giunta di De Magistris si sono fatti molto tesi.
Al non profit, allora, per trovare le risorse economiche non resta che inventarsi nuove strade. Come quella aperta nei giorni scorsi dalla Fondazione con il Sud: insieme ai fondi mutualistici delle tre grandi centrali cooperative ? Fondosviluppo (Confcooperative), Coopfond (Legacoop) e General Fond (Agci) ?, la fondazione ha attivato un fondo di garanzia per i crediti che le cooperative sociali del Sud d’Italia vantano nei confronti della pubblica amministrazione.
Il fondo ha una dotazione di 5 milioni di euro, potrà concedere garanzie fino a sei volte il proprio ammontare e sarà gestito da Cooperfidi Italia, il consorzio di garanzia costituito dalle tre centrali cooperative. Sarà operativo con la firma, a giorni, della convenzione tra Cooperfidi e le banche interessate – Banca Etica, Banca Prossima, Banche di Credito Cooperativo e Unipol Banca ? presso le quali le coop sociali potranno rivolgersi.
«È un’innovazione sperimentale», dice il presidente di Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo, «e dunque vedremo come funzionerà, come si comporteranno le banche, se ci sarà domanda e se la gestione sarà efficace e soprattutto efficiente, cioè che si faccia in fretta».
Se la sperimentazione darà risultati positivi, si valuterà la possibilità di estendere il meccanismo di garanzia anche ad altre realtà non profit, come associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato. «Siamo partiti dalle cooperative sociali, che sono comunque imprese», chiarisce Borgomeo, «se funziona, vedremo di estendere l’esperienza».


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