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Riuscirà l’ala sociale della Lega a cambiare la storia del Carroccio?

di Antonio Sgobba

Sono entrata nella Lega per l’attenzione alle fasce deboli, ai disabili, alla povertà». Parla Silvana Saita, 74 anni, leghista dal 1995 e dal 2009 sindaco di Seriate, circa 25mila abitanti, il comune più grande della provincia di Bergamo. «Mai fatto politica prima, anche se ero impegnata nell’Azione Cattolica». Signora sindaco, è sicura di far parte dello stesso partito accusato di usare finanziamenti pubblici per pagare auto, lauree, cure mediche, amanti, diamanti e lingotti? «Non immaginate la preoccupazione, la delusione, la sofferenza che hanno provocato quelle notizie. Ma sono cose utili per tornare alla realtà», risponde. Questo perla Lega è il momento della svolta. Molti la danno per spacciata, per i sondaggi è in calo. Da dove può ripartire? La signora sindaco non ha dubbi: «Noi siamo quelli che possono vantare Comuni amministrati con servizi di qualità assoluta. Si è sempre parlato solo delle sparate di Bossi, non si è dato il giusto spazio alla nostra attività, soprattutto al nostro impegno nel sociale».
Non è un caso che il rito del passaggio di consegne tra Bossi e Maroni si sia svolto proprio a Bergamo, nella cosiddetta “notte delle scope”. Quasi che la Lega dovesse ripartire proprio da qui, guardando a come amministrano i Comuni di questa provincia i suoi sindaci. Ne è convinto un maroniano di ferro come Giacomo Stucchi, deputato bergamasco: «Questo è il momento di tornare a correre. In molti casi ci siamo fatti prendere dalla foga oratoria, così si è messa in ombra l’attività quotidiana dei nostri amministatori», dice. Ma supponiamo che l'”operazione pulizia” di Maroni vada a buon fine, tolte le scope, che cosa rimarrà della Lega? «Lavoriamo in territori che hanno una grandissima tradizione di volontariato, Lombardia e Veneto sono tra le regioni dove è più forte l’associazionismo. Spesso si tratta di volontari che non prendono un soldo dallo Stato», continua Stucchi, che ricorda di essere tesserato Anmil e di aver promosso alla Camera disegni di legge a sostegno dei disabili. «In questa provincia ci sono molte donne che amministrano, forse vanno meno in tv rispetto ad altri, ma quando diciamo che dobbiamo ripartire dalla meritocrazia intendiamo proprio dare più spazio a figure come queste». E se finora le esponenti femminili più influenti del Carroccio erano la moglie di Bossi e le altre signore del cerchio magico come Rosi Mauro e l’ex assessore della Regione Lombardia, Monica Rizzi, dimessa dal partito nell’infuriare della bufera, qualcosa potrebbe cambiare.

La pratica batte l’ideologia
«Non siamo tutte così, bisogna ricordarsi della base», dice infatti Alessandra Sangalli, presidente dell’Assemblea dei sindaci dell’ambito di Bergamo, e che a 37 anni ricopre anche la carica di assessore alle Politiche sociali del Comune di Torre Boldone. «Il rischio è che queste vicende vadano a minare il nostro lavoro quotidiano. Sarebbe grave, soprattutto in un momento in cui nel dibattito politico nazionale c’è poca attenzione alle politiche sociali, mentre arrivano nuove emergenze e le famiglie sono sempre più fragili». Sangalli per indicare una exit strategy al suo partito non si perde in discorsi di alta politica, ma parla della sua attività quotidiana: «Qui abbiamo elaborato strumenti amministrativi nuovi, anche grazie alla collaborazione con le associazioni e le realtà non profit locali. Per noi sono dei grandi sollecitatori il volontariato, la Chiesa, le cooperative sociali».
Un’attenzione confermata da Elena Poma, leghista, vicepresidente del dipartimento Welfare e Sanità di Anci Lombardia e prima cittadina di Stezzano. «Su circa 200 Comuni amministrati della Lega in Regione, più di 100 assessori ai Servizi sociali vengono dal nostro partito. Questa attenzione fa parte della nostra identità», ricorda la Poma. E nella pratica quotidiana spesso si superano anche barriere ideologiche che paiono a priori insormontabili: «Da leghista avevo molti pregiudizi nei confronti delle cooperative», spiega, «col tempo però mi sono dovuta ricredere, sono un elemento essenziale per la creazione di una comunità coesa. E in questi casi le posizioni politiche non contano. Non importa che siano coop rosse o bianche, quando si tratta di affrontare dei problemi lo si fa in maniera pragmatica. Mi sono meravigliata quando ho ritrovato questo atteggiamento anche da parte del mondo cooperativo».
L’elenco di amministratrici potrebbe continuare spostandosi poi in provincia di Como, dove ad Erba per le prossime amministrative la candidata leghista, Erica Rivolta, deputata promotrice di diverse iniziative a favore del servizio civile, sarà sostenuta nel suo comune dalla lista civica “Erba solidale”. Ma, pur passando da una provincia all’altra, la linea di pensiero (e di azione) coincide.

Rinnovamento veneto
Segnali nella stessa direzione si colgono anche fuori dalla Lombardia. Basta leggere il Manifesto dei rinnovatori, documento in 18 punti sostenuto da diversi esponenti leghisti in Veneto. Nella regione governata da Zaia ha raccolto consensi trasversali: tra i firmatari si trovano sia maroniani sia bossiani ortodossi. Si va dai sindaci di Castelfranco e Vittorio Veneto, Luciano Dussin e Gian Antonio Da Re, all’imprenditore creatore del fondo “Solidarietà Veneto”, Bepi Covre. Quando si parla delle «vere sfide sulle quali si deve rifondare la politica della Lega», nel testo si cita «la ritessitura delle reti di solidarietà a fronte del rischio che collassi il sistema di welfare pubblico». E al punto 16 c’è quella che


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