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Se la politica non è un’opinione (Il mio primo anno…riflessioni a margine)

di Daniela Bianchi

C’eravamo lasciati più di un anno fa con un post nel quale vi raccontavo il perché di una scelta….un anno e poco più da quel 26 febbraio nel quale Nicola Zingaretti vinse le Regionali nel Lazio ed io  con lui.

Nel frattempo sul fronte dello scenario nazionale sono nati partiti, movimenti, abbiamo avuto quasi 3 primi ministri e due squadre di governo. In questo scenario l’unica cosa che non è cambiata è la sofferenza e la difficoltà degli italiani, che continuano a vivere una crisi sociale ed economica senza precedenti..

Una riflessione che voglia fare il punto del primo anno di una vita spesa in politica deve partire da qui.

La disoccupazione dei giovani, il tessuto industriale fortemente indebolito e le pensioni di nonni e disabili che sono diventate i veri ammortizzatori sociali per molte famiglie. Per non parlare del tema sanitario, un tema serio nella regione Lazio.

A tutto questo stiamo mettendo mani, con interventi strutturali che hanno ridefinito una macchina organizzativa, tagliando costi ed eliminando sacche di inefficenza. Interventi strutturali, a cui una classe politica usa solo ad operazioni di maquillage non ci aveva più abituati…Eppure, mentre tutto questo accade nella collaudata macchina regionale,  l’impresione netta che porto a casa dopo un anno di attività politica, è quella di uno schema di fondo da cui si fa fatica ad affrancarsi, una politica per alcuni versi ancora autoreferenzale, che fa fatica ad agganciare in tempo reale le istanze e le mille domande che arrivano non solo dal centro, ma anche dalle periferie…Ed è questa la vera partita aperta.

La partita, la vera partita, si gioca tutta sul rapporto di fiducia con le cittadine e i cittadini e su come rinsaldarlo, alla luce di un fattore che non possiamo governare e che non ci è dato in abbondanza. Il tempo. Quanto tempo i cittadini saranno disposti a darci, quanta altra fiducia, quanto altro credito dopo che per anni hanno assistito ad una classe politica incapace di dare risposte? Siamo sicuri che i cittadini, dopo aver assistito allo spreco di risorse pubbliche, all’assenza di una visione di futuro e di politiche in grado di crearlo questo futuro, siano disposti a credere ai nostri propositi?

Io credo che le risposte a queste domande non stanno solo in ciò che riusciremo a fare nei prossimi anni, ma nel tempo che impiegheremo a farlo e nella capacità di tenere sempre lo sguardo oltre l’orizzonte.

Credo nella necessità di superare un immobilismo determinato da un concetto errato del voto, inteso come lo strumento con il quale detenere quote di “azionariato” e non come lo strumento di legittimazione della buona politica.

Se ci sono due parole a cui spesso ho pensato in questo anno e che tento di fare mie, sono Autorevolezza e Rappresentatività. E cioè, tradotto in poche parole, un agire politico che porti ad essere giudicati in base ai risultati, al cambiamento che si sarà in grado di avviare, al miglioramento della vita dei  cittadini, tutti, e non solo di alcuni, magari appartenenti a qualche piccola lobby locale.

E c’è un solo modo per fare tutto questo: chiarezza della visione, riduzione della mediazione politica a vantaggio della sintesi della volontà politica (e su questo passa la grande differenza tra il non fare e il fare),  azioni veloci, impegno costante e traguardi quotidiani.

…insomma la filosofia dello scalatore che ha come obiettivo il raggiungimento della vetta (visione) e sa che dovrà preoccuparsi dell’efficacia di ogni singolo passo (quotidianità).

 

 


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