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Famiglia & Minori

Senza droghe né doping

Baggio invita a conservare grandi obiettivi e non mollare mai: «Nella vita si può perdere, ma l’importante è dare tutto»

di Roberto Copello

?Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere?, cantavano i Rokes trent?anni fa. Frasi che i ragazzi di San Patrignano e Roberto Baggio potrebbero condividere, a patto che ad esse si aggiungesse una coda: ?ma solo chi cade può risorgere?. Come è capitato a tanti, tanti ex tossicomani passati per la comunità creata da Vincenzo Muccioli. Come, in maniera diversa ma simile, è accaduto al ?codino? nazionale, che alle mazzate della sorte (gravi incidenti, rigori decisivi sbagliati, stagioni fallimentari…) ha sempre saputo reagire tornando a meritarsi l?applauso degli altri e, quel che più conta, di se stesso. Ecco dunque spiegato perché i ragazzi di San Patrignano hanno invitato proprio un emozionato Roby Baggio a ?raccontarsi?, il 2 ottobre: in lui vedevano più un compagno di strada che un campione da ammirare, più un amico vicino che una star lontana. E così in comunità Baggio per una sera ha fatto persino il ?miracolo? di mettere d?accordo interisti, juventini e milanisti: tutti uniti nell?accoglierlo con calore e affetto. Anche se Roby è stato chiaro sin dall?inizio: «Credo proprio che finirò la carriera nell?Inter. Ho avuto la fortuna di trovare questa grande squadra, un anno dopo essere stato mandato via da un?altra grande squadra (il Milan – ndr). Ma è una fortuna che ho dovuto sudarmi. È stata dura perché mi sentivo sconfitto. Però ho capito che si può trasformare tutto, se si vuole. Basta andare a caccia del vero obiettivo. Volevo realizzarmi, dimostrare il mio coraggio. Mi sono rimesso in discussione, ho creduto in me stesso, non ho mollato: le cose fondamentali in ogni cosa. Nonostante tutto, un anno fa conservavo un grande obiettivo, come è giusto che sia nella vita: partecipare al mio terzo mondiale. Mi consideravano patetico. Però era il mio sogno, non vi ho mai rinunciato. E dopo un anno di sacrifici ci sono riuscito. Più gli obiettivi sono grandi più incontriamo difficoltà, però bisogna andare avanti. È fondamentale a ogni età e per ogni desiderio che abbiamo. A 18 anni avevo rischiato di smettere di giocare per un problema al ginocchio. Sono stato fermo due anni, tutti erano scettici sul mio ritorno in campo. Ma serve coraggio e voglia di mettersi in discussione, anche quando gli altri non ti danno nessuna possibilità. La tenacia, il desiderio di realizzarsi trasformano tutto». Le domande non danno tregua a Roby, su ogni argomento possibile. Il doping: «La vittoria non ha lo stesso sapore se conquistata assumendo una sostanza proibita anziché attraverso la voglia, la fatica. Io quello che ho costruito l?ho costruito con sostanze lecite: il sudore, la fatica, l?orgoglio. Già il caso Maradona mi aveva sorpreso: chi fa sport professionistico dovrebbe essere un esempio per gli altri». La droga: «Tutti commettiamo degli errori nella vita, ma c?è anche la possibilità di trasformarli. Anch?io ne ho fatti, magari non importanti come la droga, ma non mi sono mai abbattuto, non ho mai basato la mia vita sulla sconfitta. È importante confrontarsi con chi ha sconfitto i suoi problemi. Sono venuto qui nella speranza di starvi vicino e potervi aiutare a credere di più in questa grande forza che abbiamo dentro. Chiaro che non dovete essere soli nella vostra battaglia, nessuno è fatto per essere lasciato da solo. Ma voi sapete che chi vi sta vicino vi vuole bene». Il buddismo: «È stato il trampolino per tornare a vincere. Ho iniziato a praticare il 1° gennaio 1988, in un momento in cui non stavo bene. E non ho più smesso. I valori giusti li trovi dentro te stesso. La fede buddista mi ha aiutato a conoscermi, cosa fondamentale per sfidarmi continuamente, per dimostrare che potevo superare i limiti che tutti ci imponiamo ogni giorno. Si possono superare montagne con la grande forza della mente». La famiglia: «Vengo da una grande famiglia, eravamo otto fratelli cresciuti imparando l?amore per gli altri. Perciò so cosa conta nella vita. Ho due figli, una grande responsabilità, loro copiano il tuo modo di essere. So di essere importante per loro, prima ancora che per i miei tifosi. Ma per gli uni e gli altri ho una responsabilità che inizia già dal modo in cui parlo o mi comporto. E così è con quelli con cui lavoro ogni giorno. L?autodisciplina è fondamentale. E chi è sotto i riflettori deve star attento più di altri». Il riscatto: «Diventare campione del mondo era il mio sogno. Sembrava sul punto di realizzarsi, ai mondiali ?94 negli Usa, poi ho sbagliato quel rigore in finale: una delusione tremenda, ma anche lo spunto per una grande sfida. Quel ricordo sempre in mente era uno stimolo per andare avanti e fare di più. Non ho mai pensato di mollare. Si può perdere nella vita, però è fondamentale dare tutto. E lo sport, in fondo, dev?essere divertimento, senza che tutto diventi negativo se non raggiungi il tuo obiettivo. Sarà la vita a dirti se il tuo obiettivo vero era proprio quello oppure no. Ma la cosa più bella è sempre sfidare se stessi».


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