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Famiglia & Minori

sporche e inquinate: le scuole finiscono dietro la lavagna

Il fenomeno, in crescita, si aggrava in classe

di Daniela Verlicchi

L’allergia ha fatto boom. Nel 1950 colpiva meno del 10% della popolazione infantile, mentre oggi un bambino su quattro soffre di una qualche reazione allergica. È il dato emerso in un recente convegno svoltosi all’Ospedale Bambin Gesù di Roma in occasione della Quarta giornata del bambino allergico. Come si spiega un incremento così marcato? La risposta è paradossale. «Troppa igiene», spiega il professor Giovanni Cavagni, responsabile di Allergologia pediatrica del Bambin Gesù: «Oggi gli anticorpi dei bambini, mai usati dalla nascita per aver vissuto in ambienti eccessivamente asettici, si creano nemici naturali come gli alimenti, gli acari, le graminacee». Fra i disturbi, il più diffuso è la rinite allergica, più conosciuta come raffreddore da fieno, che colpisce il 20% dei ragazzi fino a 14 anni (circa 1 milione 569mila). Un altro 20% è molto sensibile alla polvere: «Ma solo lo 0,5% «ha reazioni anafilattiche», precisa Cavagni. Un bambino su 10 è asmatico, ma nell’80% dei casi l’asma è sintomo di un altro tipo di allergia. Ci sono poi le dermatiti, che colpiscono un altro 10% dei ragazzi fino a 14 anni, e le allergie alimentari, che invece spariscono con l’età: ne soffre l’8% nei bimbi con meno di 3 anni e il 4-6% di chi ne ha più di 10.
Aumentano le allergie (e ne arrivano anche di nuove come quella all’ambrosia) e le scuole diventano ambienti sempre più inadatti a ospitare chi ne soffre. Meno della metà (il 42,65%) degli istituti possiede infatti il certificato igienico-sanitario che dovrebbe esser rilasciato dall’Asl a garanzia della sicurezza e pulizia dei luoghi di lavoro. «Ma nemmeno quel documento offre garanzie sul fatto che gli ambienti scolastici siano effettivamente puliti», spiega Sandra Fateiacci, presidente di Federasma, la federazione che riunisce 17 associazioni di asmatici e allergici attive a livello regionale. Servirebbero protocolli comuni (ogni scuola gestisce a sé la pulizia di aule e palestre). Oppure le tanto attese Linee guida per la riduzione dell’inquinamento indoor: «Ci stiamo lavorando dal 2001 assieme al ministero e ora sono all’esame della Conferenza Stato-Regioni. Difficile però che vedano la luce prima di qualche anno», prevede Frateiacci.
Pochi e semplici punti fermi: no alla formaldeide (che può generare reazioni allergiche) nell’edilizia scolastica, criteri uguali per tutti per la pulizia delle aule e controlli costanti nei giardini per trovare e distruggere nidi di processionaria. Un primo passo verso scuole davvero a misura di bambino allergico. Ma è la gestione delle emergenze (gli choc anafilattici, per esempio) il vero punto debole del sistema-scuola: «In certi casi bisogna agire nell’arco di pochissimi minuti», avverte la presidente di Federasma, «e gli insegnanti non sono infermieri: non può esser imposto loro di effettuare una profilassi medica». Oggi gli allergici gravi devono rivolgersi alla magistratura per avere un infermiere specializzato che li segua nel percorso scolastico. Lo ottengono, ma a suon di sentenze, dopo anni di attesa. Ecco perché Federasma si batte da tempo per ottenere presidi sanitari specializzati nelle scuole. Nel 2007 ha anche presentato una proposta di legge alla Regione Lazio che però ancora non è diventata realtà.


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