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Sanità & Ricerca

Stamina, così è nata la trasmissione-verità di Iacona

Marco Piazza, uno degli autori, racconta come è stata costruita la puntata che tanti apprezzamenti (e polemiche) ha suscitato: «Un amico mi aveva detto: fra i bimbi malati e gli scienziati non c'è partita, vinceranno sempre i primi. Noi invece siamo riusciti a ribaltare la prospettiva»

di Marco Piazza

La mia presa diretta con Stamina
E’ finita con un buon risultato di audience (oltre 1 milione 800 mila telespettatori), con molti apprezzamenti da parte dei colleghi giornalisti, con una vera e propria ovazione dei ricercatori e di chi lavora in ambito scientifico e con attacchi piuttosto duri da parte dei seguaci di Vannoni.
Per noi che l’abbiamo costruita, Riccardo Iacona, Liza Boschin e il sottoscritto, la puntata di Presadiretta dedicata al Metodo Stamina è stata molto soddisfacente. Impegnativa, complessa,  ma assolutamente da fare. Perché non si poteva lasciare il racconto televisivo di una vicenda che sta scandalizzando mezzo mondo in mano a programmi di Infotainment (informazione + intrattenimento) o alle trasmissioni contenitore che si limitavano, al massimo, a mettere a confronto scienza e pseudo scienza, nel rispetto di un’assurda par condicio, come fossimo in campagna elettorale.
Una frase, che Riccardo Iacona ha detto ad uno dei suoi montatori prima della messa in onda, mi ha colpito e riassume bene il senso del nostro lavoro. Al tecnico che gli chiedeva perché, questa volta, non prendesse le parti dei disabili che protestavano in piazza (i pro Stamina che stazionano da mesi davanti a Montecitorio), lui ha risposto “io mi occupo da sempre dei più deboli, solo che in questo caso la più debole è la ricerca scientifica”.

Come era cominciata
Nella primavera scorsa lavoravo ancora per la Fondazione Telethon e avevo assistito all’esplosione del caso della piccola Sofia, affetta da Leucodistrofia metacromatica, una malattia che noi di Telethon conoscevamo bene, perché i nostri ricercatori la studiavano da 15 anni ed erano ormai prossimi ad un traguardo molto importante, con un trial clinico (sperimentare sull’uomo quello che funziona in laboratorio) su tre bambini che a tre anni dalla sua partenza stava dando risultati eccezionali: la malattia non aveva attecchito sui tre bambini. Era la prima volta nel mondo che accadeva una cosa del genere.
Dopo aver cercato, invano, di scovare qualche scienziato che conoscesse il Metodo Stamina, o di trovare traccia dello stesso nella letteratura scientifica e dopo aver provato, sempre invano, a convincere le Iene – il programma che aveva sposato quella causa –  di ascoltare anche le ragioni della scienza, avevo deciso, quantomeno, di fare un’opera di sensibilizzazione sui giornalisti. Di spiegare che la ricerca si basa su evidenze che devono essere condivise con tutta la comunità scientifica e che prima di arrivare alle terapie c’è l’obbligo di rispettare un iter fatto di esperimenti, verifiche e controlli. Il tutto con l’obiettivo di dare le massime garanzie possibili ai malati e ai loro familiari.  
Con Riccardo Iacona ci eravamo conosciuti qualche anno prima. Lui aveva coraggiosamente costruito un programma, su RaiTre, dedicato agli scienziati ed intitolato “W la ricerca”. Io lo avevo intervistato per il “Telethon Notizie” e lo avevo invitato a partecipare, via Skype, ad una diretta web in occasione della convention degli scienziati di Telethon, a Riva del Garda. Così, quattro anni dopo, lo andai a trovare, parlandogli del Caso Stamina e proponendogli di occuparsene, in una puntata di Presadiretta. Eravamo nel mese di maggio. Qualche mese più tardi, pochi giorni dopo la chiusura del mio rapporto di lavoro con Telethon, mi richiamò. “Facciamo la puntata su Stamina” mi annunciò. E quando gli raccontai le mie vicende lavorative mi propose di lavorare insieme a lui, per questa puntata, come consulente autorale.

L’inchiesta televisiva
Come costruire un’ora e mezzo di programma sulla storia di Vannoni e soci? Il quadro dei fatti lo avevo abbastanza chiaro, per aver seguito la vicenda dall’inizio. Ma all’epoca – eravamo ad ottobre – i punti oscuri erano ancora molti. Si conoscevano bene, per esser passate più volte alle Iene e in altri programmi televisivi, le storie di alcuni bambini malati i cui genitori si battevano per avere la terapia a base di cellule staminali mesenchimali. Si sapeva cosa ne pensasse la comunità scientifica, che aveva trovato spazio più che altro nella carta stampata, oltre che nelle riviste internazionali del settore. Si cominciava anche a conoscere la storia di Davide Vannoni, della sua emiparesi facciale, del suo viaggio in Ucraina, delle prime terapie vendute a Torino e somministrate a San Marino, del passaggio a Trieste, grazie al dottor Marino Andolina e dello “sbarco” a Brescia, dove nonostante lo stop dell’Agenzia del farmaco (Aifa) si continuava a somministrare la terapia in una trentina di casi perché così avevano stabilito alcuni giudici del lavoro.
Ancora tutti da scrivere, invece, erano i retroscena della vicenda. Chi c’era dietro Vannoni e Andolina? Come aveva fatto Stamina ad entrare negli ospedali di Trieste e Brescia? E dal punto di vista scientifico si continuava a non conoscere la composizione della cura miracolosa, che secondo i suoi ideatori era in grado di curare (nei primi mesi della “campagna promozionale”) o di portare miglioramenti (nelle ultime settimane) a migliaia di persone affette da una cinquantina di malattie diverse.
Con Iacona e Liza Boschin, la giovane giornalista a cui era stata affidata la puntata, decidemmo di dividere il tema in tre macro capitoli: la malattia, la scienza e la storia di Stamina. L’obiettivo, semplicemente, era quello di fare chiarezza. Di andare oltre le strumentalizzazioni emotive, di capire e far capire dando voce a tutti: ai malati, pro e contro Stamina, agli scienziati, ai medici, agli scienziati, ai politici.
“Tra i bambini malati e gli scienziati non c’è partita” mi aveva detto un amico autore televisivo “vinceranno sempre i bambini malati”. Ma io ero convinto che raccontando la storia per bene sarebbe venuta fuori la verità. E Presadiretta era il programma giusto per dimostrarlo.

La rincorsa con le news
Così siamo partiti. Torino, Trieste, Brescia, San Marino, Roma, Milano. Abbiamo tracciato sulla cartina dell’Italia i passaggi della “banda Vannoni” e siamo andati ad incontrare i protagonisti della storia. Avevamo pensato anche di fare una puntata in Ucraina, a vedere la clinica delle staminali in cui Vannoni aveva avuto “l’illuminazione”. Ma ci si è messa di mezzo la rivoluzione e abbiamo lasciato perdere. Il timing prevedeva di chiudere con le riprese entro metà di dicembre per poi riuscire a montare tutto entro i primi di gennaio ed essere pronti ad andare in onda nella prima puntata, il 6 gennaio, nel caso Guariniello avesse chiuso in quei giorni l’indagine giudiziaria.
Una tempistica perfetta, non fosse stato per le notizie che avevano cominciato a uscire, ogni giorno, sulla stampa nazionale e locale e che ci imponevano di rimettere continuamente in discussione la scaletta della puntata e di adeguare i contenuti ai fatti nuovi, che nel frattempo stavano venendo fuori. Le manifestazioni choc dei pro-Stamina, che si dissanguavano e schizzavano di sangue le foto di Napolitano, Letta e Lorenzin. Le sentenze dei giudici, le aperture a Stamina di alcune regioni, la bocciatura della Commissione Lorenzin, la composizione della nuova commissione, i familiari dei malati che mostravano i video con i miglioramenti dei bambini trattati, le prime indiscrezioni che filtravano dalla procura di Torino, i malati che denunciavano di aver pagato decine di migliaia di euro.
La nostra puntata era diventata una vera e propria tela di Penelope e noi tre passavamo le giornate al montaggio, con un occhio su agenzie e giornali, un altro su Facebook, i telefoni roventi e gli operatori pronti ad uscire per andare a riprendere qualcosa di nuovo.

Finalmente in onda
Finalmente arriva il 13 gennaio, il giorno della diretta. Si parte alle 21.08, ma cominciamo con sei minuti di ritardo. Iacona decide in un nanosecondo cosa tagliare e naturalmente il programma non risente affatto del taglio. Mentre lui conduce la puntata con mestiere e grande bravura, Liza, elegantissima, si prepara per l’ingresso in studio. Io sono al computer, a tener d’occhio le agenzie, le email e i social network. Trovo anche il modo di commuovermi, guardando i video delle mamme dei bambini con la Sla, persone con cui ho condiviso tanti momenti, nel passato.
Che il programma stia funzionando lo capisco da quello che leggo su Twitter. Un diluvio di messaggi di persone che si dicono scandalizzate per quello che stanno vedendo e fanno grandi complimenti alla trasmissione. Via email, invece, prosegue il flusso di attacchi dei pro-Stamina, che era cominciato una settimana prima, non appena era stata annunciata la puntata.  Su Facebook invece c’è un sostanziale pareggio. Tra i messaggi ricordo quello di una scienziata italiana, che lavora a Pittsburgh: “Questa sera voi non avete parlato solo del vuoto di Stamina, ma avete ridato dignità alla parola ricerca".  

Per chi volesse approfondire Marco Piazza sul suo blog  sta ricostruendo in modo dettagliata la sua storia con Stamina


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