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Terzo settore al tavolo

Lettera a Prodi: alla trattativa sul Welfare deve partecipare anche il Terzo settore, altrimenti l’approvazione non sarà così scontata. Appello di Lucà, firmato da 90 parlamentari dell'Ulivo

di Michele Caropreso

Nel confronto in corso per la riforma dello Stato sociale è necessario che il governo trovi il modo di dare spazio anche alle associazioni di volontariato, alle cooperative sociali, agli enti di promozione sociale: in una parola al Terzo settore. Altrimenti le proposte che usciranno da questo confronto potrebbero avere dei problemi in Parlamento. Il che, tradotto dal politichese, vuol dire che se Prodi non ascolta in modo sistematico il non profit, la riforma sul Welfare potrebbe trovare ostacoli anche tra le fila della maggioranza (e non solo di quella bertinottiana). Domenico Lucà, il vicepresidente della Sinistra democratica a Montecitorio ha sposato in pieno la causa del Terzo settore, e ha scritto una lettera al presidente del Consiglio, Romano Prodi. La sua non è una battaglia isolata, visto che la missiva è stata sottoscritta da settanta deputati e venti senatori, tutti della maggioranza. Onorevole Lucà, perché avete deciso di scrivere a Prodi proprio adesso? «In primo luogo perché è in corso la trattativa sul Welfare, ed è importante che il governo dia ascolto al Terzo settore. Non basta riceverli una volta e via, tanto per buona educazione. Ma devono considerarli parte sociale a pieno titolo, alla stregua di sindacati, associazioni di categoria e tutti gli altri. Da questo punto di vista l?incontro del 17 luglio tra Prodi e il Forum del terzo settore è un buon segnale, purché non rimanga un episodio isolato. Questo esecutivo fino ad oggi ha lavorato bene in questo senso. Per questo sono convinto che ci sia la sensibilità giusta per accogliere questo nostro appello». E se non dovesse andare così? «A titolo personale, considero questo passo un segnale importante da parte del governo, che potrebbe influenzare la valutazione complessiva della riforma in corso e della prossima manovra economica. Sicuramente un coinvolgimento di questi importanti rappresentanti della società civile agevolerebbe l?iter parlamentare di questi provvedimenti». Ma se fino ad oggi il Governo non ha pensato a istituire questo ?canale di comunicazione? col Terzo settore, è solo colpa sua? «Sicuramente no. Ripeto, questo governo si sta muovendo bene, anche grazie al coraggio di ministri come Visco e la Turco. Penso piuttosto che il Terzo settore debba darsi una svegliata, cercando di fare valere le proprie ragioni in modo un po? più deciso. Stiamo parlando di un mondo che conta, 80 mila associazioni, 3 mila cooperative sociali, quasi diecimila enti di volontariato. Un settore che dà lavoro a mezzo milione di individui, e ?muove? all?incirca 30 mila miliardi l?anno. È possibile che con questi numeri non si riesca a organizzare un?iniziativa forte, decisa?». Pensa che sia necessaria un?iniziativa del genere, per vincere delle resistenze? «Sicuramente ci sarà qualcuno che non accetterà con particolare piacere l?ipotesi di un coinvolgimento dei soggetti del Terzo settore nel confronto sulla riforma del Welfare. Penso ad esempio alle associazioni padronali e ad alcune associazioni di categoria, che faranno di tutto per impedirlo. Per questo dico che il Terzo settore deve darsi una mossa, provvedendo a creare organismi di rappresentanza e a coordinare gli sforzi di quelli già esistenti. E, perché no, anche organizzando una bella manifestazione di piazza. Va abbandonata, insomma, la vecchia logica che portava ogni associazione a rivolgersi al suo ?santo in paradiso? per ottenere qualcosa in più. Il settore dell?economia civile, così forte e diffuso, deve rafforzare la propria identità anche a livello politico». Il decreto fiscale sul non profit, si è detto, è un primo passo nella giusta direzione. Quali sono i prossimi? «In primo luogo la legge sull?associazionismo, che è in commissione Affari costituzionali e per settembre dovrebbe arrivare in Aula. Poi la legge sulle fondazioni bancarie, anche quella in commissione, la riforma della cooperazione sociale e quella dei patronati. E per concludere, una legge quadro che ordini tutte le realtà del non profit, completando l?ordinamento delle istituzioni sociali».


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