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Attivismo civico & Terzo settore

Una comunità malata di spaesamento

Il caso Adro letto da Aldo Bonomi: «La città infinita fa paura»

di Aldo Bonomi

Il sindaco fa bene ad andare orgoglioso di un plesso all’avanguardia costruito senza denaro pubblico. Ma questa è una scuola che non si mette in relazione con gli altri Ne ha già tanti di problemi la scuola italiana. Eppure tante mamme e tanti papà si sono emozionati ad accompagnare i figli il primo giorno di scuola. Per rito antico, che ognuno tiene in memoria. Per speranza, un po’ sempre più flebile, di accompagnare il figlio a mangiare un futuro meglio del nostro. Ci manca solo che la quotiamo al mercato della politica, comune per comune, partendo da Adro, ed è fatta. Eviterei di infilarmi in sofisticate disquisizioni sui simboli: dal sole delle Alpi alla falce e martello. Ognuno ha il suo, e i suoi filosofi della politica come Gianfranco Miglio da celebrare.
Preferisco cercare di capire perché una comunità locale senta così forte la voglia e la necessità di rappresentarsi. Dopo aver letto i giornali mi sono chiesto: non era abbastanza essere finiti sui giornali e in televisione per la mensa scolastica? Perché continuare con il sole delle Alpi, che per di più acceca, l’operazione positiva di una comunità che si è dotata di una nuova scuola in uno scambio tra pubblico e privato a costo zero per la collettività? Di solito le nostre comunità locali erano schive, riservate. Andare per avvocati o finire sui giornali a proposito di abitudini locali, non era abituale. È cambiato qualcosa.
Senza alcuna nostalgia per ciò che non è più, cerco di spiegare perché ci muoviamo freneticamente nel “non ancora” di un presente più urlato che raccontato. Mi pare che siamo un po’ tutti in preda alla malattia moderna dello spaesamento. Letteralmente avere paura di rimanere senza paese. Di vedere dissolvere la propria comunità locale o nel mare indistinto della globalizzazione o in quello più vicino dove si affaccia Adro che io chiamo la “città infinita”. Sono tanti i piccoli comuni, molti montani, penso alla Valcamonica o alla Val di Scalve, che in questi anni hanno visto chiudere scuole, farmacie, negozi, dove si faceva la spesa con il libretto, uffici postali e ospedali di prossimità. E crescere nel fondovalle con le nuove piazze virtuali e commerciali, ospedali di aziende sanitarie forse più efficienti ma più lontane, e comprensori scolastici lontani dal paese.
Nello stesso tempo se uno va dall’aeroporto di Malpensa sino a quello di Montichiari vede la città infinita che viene avanti. Un paese dietro l’altro, con i suoi capannoni e le villette dove ci si perde. Ed hai voglia tu, per ritrovarti, ad aggiungere alla segnaletica il nome della comunità originaria in dialetto. Ti perdi comunque. Ci ritroviamo un po’ tutti, senza scomodare l’angelo della storia di Benjamin che cammina con il volto all’indietro, con il torcicollo verso ciò che non è più: la comunità originaria, il paese, la valle. Attraversiamo ciò che non è ancora: il nostro costruire comunità adeguate ai cambiamenti. Per questo scomodiamo parole pesanti come tradizione, identità e simboli. Usate e urlati in questo spaesamento per farci vedere. Convinti così di rappresentarci dentro il cambiamento e fare un servizio alle comunità locali. Senza renderci conto che l’identità, per dirla con un grande filosofo ebreo del 900, Emmanuel Levinas, non sta nel “soggetto”, qui direi nel singolo paese rinserrato e rappresentato, ma nella “relazione”. Avrei preferito che il complesso scolastico di cui il sindaco di Adro va orgoglioso, si fosse pensato in relazione con gli altri comuni della città infinita, a prescindere dal loro colore politico, per capire e formare gli studenti al cambiamento che viene avanti. Compreso quello di famiglie in difficoltà con le rette della mensa, di nuovi cittadini immigrati che nella scuola hanno il primo grande momento di cittadinanza.


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