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Vademecum legge Biagi: ultima puntata. Part time, diritti ridotti

La riforma aumenta il ricorso all’orario ridotto e alla flessibilità, privilegiando però l’azienda. Cancellato il ripensamento.

di Carmen Morrone

La legge Biagi ha introdotto novità anche nel part time. In Italia sono più di due milioni i lavoratori interessati, soprattutto giovani. Non si tratta di un contratto atipico: rientra infatti nella categoria dei rapporti di lavoro subordinato e può essere a tempo indeterminato o avere una determinata durata. Chi lavora part time, come si deduce dall?espressione inglese, ha un orario di lavoro inferiore al tempo pieno, che è, di norma, di 40 ore settimanali. La legge 276/2003 rende più esigibili per le imprese sia il lavoro supplementare, sia le clausole elastiche. Se il contratto collettivo prevede lo svolgimento di lavoro supplementare (ore di lavoro in più, ma pur sempre entro le otto giornaliere), viene considerato implicito il consenso del lavoratore. Il datore di lavoro, in pratica, può legittimamente chiedere al lavoratore di fare più ore (dando un prestabilito preavviso), e l?eventuale rifiuto del part timer non è motivo di licenziamento. Il lavoro straordinario (ore di lavoro che superano il limite giornaliero), è invece ammesso solo per il part time verticale e misto. L?altra novità riguarda le clausole flessibili ed elastiche. Datore di lavoro e lavoratore possono concordare variazioni della collocazione temporale della prestazione o l?aumento dell?orario nel part time verticale o misto. Se ad esempio il lavoratore è attivo solo il mattino, con la firma della clausola flessibile accetta l?ipotesi di lavorare il pomeriggio. Con la normativa precedente, però, aveva il diritto di ripensarci; con la legge 276/2003 questo diritto è stato eliminato. Unico correttivo, le clausole elastiche e flessibili devono essere disciplinate dai contratti collettivi che stabiliscono condizioni e limiti. La legge Biagi tuttavia avverte che in loro assenza le clausole sono lasciate all?autonomia delle parti, che ovviamente non sono sullo stesso piano. E i sindacati non sono d?accordo. “Senza un controllo della contrattazione collettiva c?è il rischio che i datori di lavoro abusino di queste forme flessibili in casi in cui il lavoratore, e soprattutto la lavoratrice, non sia effettivamente disponibile”, spiega Livia Ricciardi della segreteria nazionale della Cisl. La partecipazione dei sindacati alla fase attuativa della legge 30/2003 ha portato un primo risultato: l?accordo che fa restare in vigore sino alla scadenza i vecchi contratti di formazione siglati prima del 24 ottobre 2003.

Le altre tre puntate della Guida al lavoro atipico: Legge Biagi. Un vademecum. I nuovi contratti, figura per figura Guida alla Legge Biagi: seconda puntata. Il lavoro é servito. Anzi, somministrato Vademecum legge Biagi, terza parte. Il lavoro? Adesso si cerca in borsa


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