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Salute

L’ambulatorio mobile che gira tra i ghetti per tutelare i migranti

Intersos porta avanti un progetto di assistenza della salute e dei diritti dei braccianti stranieri che risiedono negli insediamenti informali in provincia di Foggia. Gli operatori intercettano i migranti nei vari ghetti e negli uffici dell’Asl sparsi sul territorio con l’obiettivo di creare una rete di intervento per l'accesso alle cure sanitarie e l'emersione dallo sfruttamento. In due anni di attività sono state incontrate oltre 5mila persone

di Emiliano Moccia

Mamadou viveva nella pista di Borgo Mezzanone, il villaggio di cartone e lamiere a pochi chilometri da Foggia in cui vivono oltre mille persone e che d’estate – con la raccolta dei pomodori – sfiora anche le 4mila unità. Aveva bisogno di cure, per questo seguito dagli operatori di Intersos è stato ricoverato all’ospedale. Una volta dimesso per completare la sua convalescenza, Mamadou non aveva altro posto in cui andare se non la baracca del ghetto in cui viveva in pessime condizioni igienico-sanitarie. Grazie alla collaborazione fra le varie realtà coinvolte, il giovane migrante è stato ospitato prima all’interno di una struttura riabilitativa, e dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno è entrato in un progetto del Sistema di accoglienza e integrazione del territorio. Un intervento di recupero e inclusione reso possibile dal lavoro sinergico messo in campo da diversi attori presenti nel territorio della provincia di Foggia attraverso il progetto “Servizio socio-sanitario di prossimità negli insediamenti informali della provincia di Foggia e promozione di buone prassi nelle istituzioni del territorio”, promosso da Intersos e finanziato da Fondazione con il Sud.

Da sinistra: Daniela Zitarosa, Intersos, e Antonio Nigri, Asl di Foggia

L’ambulatorio mobile dell’organizzazione umanitaria gira fra i vari insediamenti informali presenti in Capitanata in cui risiedono i migranti, soprattutto braccianti agricoli di sesso maschile con età dai 22 ai 40 anni. L’ex pista di Borgo Mezzanone, contrada Torretta Antonacci, l’ex fabbrica Daunialat a Foggia, Palmori a Lucera e la zona fra Poggio Imperiale e Lesina. Grazie alla presenza di un medico, un’infermiera, mediatrici linguistiche, operatori legali e operatori socio sanitari, il progetto «vuole migliorare la tutela della salute e dell’autodeterminazione del diritto delle persone che vivono negli insediamenti informali dislocati in provincia di Foggia» spiega Daniela Zitarosa, referente di Intersos del progetto. «La finalità è quella di favorire la tutela dell’individuo, spesso lavoratore stagionale migrante, che si trova al di fuori di sistemi di accoglienza e di meccanismi di tutela socio-sanitaria, e la promozione di cambiamenti inclusivi nel sistema di salute. Vogliamo trasferire le competenze e le conoscenze all’Asl di Foggia affinché siano date delle risposte anche al termine del progetto, in modo che possiamo andare via in tranquillità, certi di avere costruito una rete operativa che possa proseguire il lavoro iniziato».

Il progetto vuole migliorare la tutela della salute e dell’autodeterminazione del diritto delle persone che vivono negli insediamenti informali dislocati in provincia di Foggia

Daniela Zitarosa, Intersos
vita a sud

I migranti intercettati in questi primi due anni di attività arrivano da Senegal, Gambia, Nigeria, Mali, Ghana, Marocco, Guinea Conakry, Guinea Bissau, Costa d’Avorio. Una piccola Africa trasferita in questa fetta di Puglia per lavorare in agricoltura, diventando troppo spesso vittime di caporalato e schiavitù. Anche per questo, della rete fanno parte gli operatori dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione «per offrire orientamento legale e supporto all’emersione da situazioni di sfruttamento lavorativo» prosegue Zitarosa. «Al momento 5.473 persone sono state intercettate negli insediamenti informali in cui operiamo o negli uffici dell’Asl di Foggia e Cerignola. Di queste, 254 sono state le prese in carico complesse che hanno richiesto diverse azioni di assistenza. Quello che emerge è un dato molto alto, che ci fa capire che stiamo avendo un impatto importante sul territorio».

Una delle baracche del ghetto di Borgo Mezzanone

Anche perché nonostante la misura 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza abbia stanziato circa 100 milioni di euro in Capitanata per il superamento dei ghetti, i progetti sono ancora in alto mare. Il Prefetto di Foggia Maurizio Valiante, intanto, nel corso di un incontro richiesto dalla Cgil e Flai ha comunicato la nomina di un commissario ad hoc per la misura del superamento dei ghetti, che avverrà entro 30 giorni con l’impegno di attivare un tavolo di concertazione per le risorse da impiegare sul territorio della provincia, che interessano in particolare Manfredonia per Borgo Mezzanone e San Severo per Torretta Antonacci. 


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La situazione alloggiativa dei migranti, quindi, continua a non essere delle più facili, oltre a tutte le problematiche di sicurezza, legalità, inclusione che si riscontrano nei vari insediamenti informali. «Scelgono di vivere nei ghetti perché attraverso il sistema di reclutamento di manodopera hanno più opportunità di trovare lavoro, soprattutto in agricoltura» aggiunge Concetta Notarangelo, operatrice dell’unità di contatto di Medtraining nell’ambito del progetto. «E poi perché evidentemente una volta che sono andati via dai circuiti di accoglienza perché scaduti i tempi, è il luogo in cui riescono in qualche modo ad integrarsi, a ricostruire un po’ la loro identità e gli ambienti famigliari che hanno lasciato nei loro Paesi d’origine. Cosa che probabilmente risulta più difficile da ottenere nelle città».

L’ambulatorio mobile di Intersos presente negli insediamenti informali. Foto: Interos

Intanto, l’Asl di Foggia con il suo direttore sanitario Antonio Nigri segue con attenzione l’intervento di Intersos: «Dobbiamo prendere in carico la salute delle persone che vivono in questo territorio, anche attraverso le best practice che aiutano a migliorare la qualità della vita di quanti vivono negli insediamenti informali. Sono oramai realtà storiche, impegnative e non possiamo far finta di non vederle». Anche per questo, l’Asl ha dislocato un servizio di mediazione linguistica culturale negli uffici territoriali con l’obiettivo di assistere i cittadini migranti anche per l’accesso alle cure sanitarie.

Foto di copertina: Intersos