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Elezioni Sardegna

Truzzu: «Con il Terzo settore allargheremo il sistema dell’assistenza e della protezione sociale»

Parla il candidato unico del centrodestra sardo, in vista delle elezioni in programma nell'Isola il prossimo 25 febbraio. Le criticità da risolvere sono note: sanità e politiche sociali, lavoro per i giovani (e non solo), spopolamento e trasporti

di Luigi Alfonso

Il passo indietro del presidente uscente, Christian Solinas (atto dovuto, vista l’inchiesta della magistratura in corso), gli ha spianato la strada quando già si prospettava lo stesso scenario proposto dall’area di centrosinistra-Cinquestelle. Anzi, peggio: perché si era inserito il “terzo incomodo”, vale a dire Alessandra Zedda. Ma quest’ultima, quando Paolo Truzzu è rimasto l’unico avversario di parte amica, è tornata sui suoi passi e il sindaco di Cagliari (uscente pure lui alla guida del capoluogo isolano) è rimasto l’unico candidato del centrodestra per le elezioni regionali della Sardegna, in programma il prossimo 25 febbraio.

Con Truzzu facciamo una chiacchierata sui temi del sociale che stanno maggiormente nelle corde di VITA. Partiamo dalle forti criticità del settore sanitario e delle politiche sociali che, negli ultimi cinque anni, ha registrato moltissimi problemi e un forte malcontento sia tra i cittadini che tra gli addetti ai lavori.

Nell’ambito sociosanitario, un ruolo importantissimo può essere svolto dalle realtà del Terzo settore, che in Sardegna è decisamente attivo e per certi versi all’avanguardia in Italia, eppure poco considerato dalla politica. Perché non si sfruttano appieno le grandi competenze che ha maturato nel tempo?

Per mia formazione politica riconosco in pieno il ruolo del Terzo settore e, più in generale, quello del mondo della cooperazione e del volontariato che svolgono un lavoro prezioso nelle città e nei territori. Vorrò certamente consultarle e invitarle a fare ancora di più. Nel settore sanitario, poi, il Terzo settore deve essere coinvolto per allargare il sistema dell’assistenza e della protezione sociale. Nella mia idea di riorganizzazione della medicina territoriale le realtà associative sono decisamente importanti.

Paolo Truzzu è il sindaco uscente di Cagliari

Nella legislatura che si sta chiudendo è mancato l’ascolto, il confronto con le parti sociali e con i cittadini. Ritiene possibile, se non addirittura necessario, un cambio di rotta?

Credo che tutti sappiano che, da sindaco, ho avuto un rapporto costante con le parti sociali, con le quali ho siglato numerosi protocolli d’intesa, e spesso ho partecipato ad assemblee di cittadini dalle quali ho tratto spunti, idee e, in alcuni casi, modificato approcci e soluzioni. Questo metodo lo applicherò anche in Regione. Per me l’ascolto è parte integrante dell’attività politica e amministrativa.

I giovani continuano a scappare dall’Isola, sia per lo studio che per il lavoro, ma raramente ritornano in Sardegna. Forse non si offrono loro reali opportunità di crescita, e il necessario ricambio generazionale ne risente enormemente.

Nei miei interventi spesso faccio riferimento ai ragazzi che vanno via. Abbiamo esempi quotidiani. Sono ragionamenti che fanno anche i nostri figli che vanno alla ricerca di “altro”. Li capisco, perché è un percorso che ho fatto anche io, ma voglio offrire loro la possibilità di concludere il ciclo di studi in Sardegna con la possibilità di trovare un buon lavoro che li appaghi. Sono convinto che nella nostra Isola si possa vivere bene e a lungo, perché un conto è andare fuori per scelta, un altro per costrizione.

Lei ha un piano per cambiare questa tendenza?

Investimenti in istruzione, cultura, ricerca. Far partire l’Einstein Telescope, far studiare la nostra storia millenaria per attrarre nuovi visitatori e unire passato e futuro. Mi piace pensare ad un’Isola della scienza e della ricerca che crei nuovi buoni posti di lavoro nelle industrie creative. L’azione deve essere corale, ampia e razionale per mettere insieme tutte le nostre peculiarità.

Ultimamente si era un po’ spento il dibattito sull’autonomia differenziata. La scorsa settimana il Ddl Calderoli è stato approvato in Senato. Che cosa pensa di questo tema?

Sinceramente, è un modo per dare maggiore responsabilità alle regioni. La vedo come una sfida a fare bene, a spendere le ingenti risorse in progetti concreti, a non lasciare i soldi dei sardi fermi nei cassetti. Poi faremo un ragionamento in Aula su eventuali modifiche allo Statuto, per lanciare anche un dibattito culturale nella società. Non dimentichiamo poi che il concetto di insularità è inserito in Costituzione. Sotto questo aspetto, credo che la Sardegna debba mettersi solo a lavorare sodo.

Non crede che dare piena autonomia a tutte le regioni equivalga a non riconoscere, di fatto, la specialità che hanno regioni come la Sardegna? Tutti speciali, nessuno speciale, in sostanza.

Posso rispondere per quanto riguarda noi sardi. Il senso di identità dei sardi è piuttosto forte. Siamo un’isola, abbiamo caratteristiche da “piccolo continente”: non ho alcuna paura di sentirmi meno speciale o uguale agli altri. Ma dipende anche da noi. Le leggi influenzano fino ad un certo punto usi e costumi. Abbiamo l’insularità in Costituzione da riempire di contenuti, non è un fatto marginale.

Il Forum del Terzo settore, da alcune settimane, sta promuovendo in Sardegna una serie di incontri con i rappresentanti degli enti pubblici, delle associazioni di volontariato, del privato sociale e ora anche dei candidati per il rinnovo del Consiglio regionale. Il 14 febbraio questo mondo articolato incontrerà i quattro candidati alla presidenza della Regione, per un confronto propositivo oltre che conoscitivo. È una base di partenza per una nuova stagione di dialogo?

Come ho già detto, credo moltissimo nel rapporto con il Terzo settore e le realtà associative e cooperative. I cosiddetti corpi intermedi organizzati, come si diceva una volta, svolgono un ruolo fondamentale e fanno ciò che spesso il pubblico non riesce a svolgere con efficacia.

La Sardegna è una terra di centenari che, come ha detto lei prima, richiama studiosi da tutto il mondo. Il problema è che nell’Isola si registra pure il più basso tasso di natalità di tutto il Paese e uno dei più bassi in Europa. Non è una prospettiva incoraggiante.

Sono problemi enormi con cui si scontra tutto il mondo cosiddetto “civilizzato”. L’approccio per me non può che essere complessivo. Un fatto è certo: non posso usare il bilancino dei numeri per fare tagli a destra e a manca. Vanno salvate le scuole, le farmacie, le caserme. Va organizzata l’assistenza medica in maniera capillare e funzionale. Investire sulle qualità dei territori, poi. Amo dire che non esiste la bacchetta magica ma il duro lavoro di tante azioni intelligenti messe a sistema.

Le zone dell’interno si spopolano, e questa è una tendenza comune con il resto dell’Italia. Nel suo programma è previsto un intervento forte per contrastare questo fenomeno?

Ribadisco i concetti appena espressi. Aggiungerei una legge sull’invecchiamento attivo. Voglio offrire alle persone anziane soluzioni perché ad un certo punto non si sentano più sole e inutili. I vecchi sono per noi una risorsa eccezionale. Sono la memoria ma voglio che siano attivi e impegnati fino all’ultimo.

La pandemia ha riportato giovani e donne alle campagne. Quale ruolo riveste l’agricoltura nel suo programma? In che cosa si può incidere di più?

Ha un ruolo fondamentale. Intanto, ci sono realtà imprenditoriali cresciute incredibilmente nei mercati internazionali. Storie di famiglia, nel solco della tradizione sarda e italiana. Sono gli autentici ambasciatori della Sardegna. Poi vi sono ragionamenti concreti da fare. La Pac (Politica agricola comune, ndr) va riformata sui tavoli europei perché è molto complessa. Una revisione delle regole degli aiuti, la gestione delle crisi specie da eventi climatici. Ho assoluta intenzione di attorniarmi di esperti e di concertare con le associazioni le principali scelte. Vanno sostenute le filiere con equilibrio, investendo in ricerca e si può pensare a un sistema totalmente green. Ma agricoltura non è solo prodotto da vendere. È società, antropologia, identità, culture tradizionali. È il nostro mondo e mi dedicherò a sostenerlo con grande impegno.