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Cooperazione & Relazioni internazionali

volontariato o no? dipende dalle entrate

Il dilemma di scegliere la forma associativa più adeguata

di Carlo Mazzini

Diffidiamo delle voci incontrollate, perché anche se dicono qualcosa di vero, forse ne estrapoliamo solo quella parte che ci sembra più interessante. La voce che lei ha percepito è verosimile; ma per diventare vera, ossia applicabile al suo caso, bisogna capire quali caratteristiche intende dare alla sua attività. Piccolo percorso obbligato. La sua attività sarà del tutto gratuita? Non avete intenzione di vendere né ai fruitori (immigrati) né ad altri i vostri servizi? I volontari non intendono farsi pagare sotto alcuna forma? Gli associati non ricevono alcun servizio dall’associazione?

I soggetti svantaggiati
Bene. Potete essere organizzazione di volontariato (odv) se l’attività è gratuita, senza alcun tipo di vendita di servizi, gli associati non hanno alcun ritorno – neppure indiretto – dall’attività e – a esclusione della formazione al volontariato – non ricevono servizi e beni dall’associazione. Se saltasse uno di questi elementi sareste ottimi candidati al registro delle associazioni di promozione sociale (aps), e non a quello del volontariato.Anche se? dov’è l’eccezione? Per esempio, la caratteristica della terzietà (che consiste nell’obbligo per le odv di offrire i servizi ai terzi e non agli associati) può essere calmierato nel caso in cui i beneficiari siano soggetti particolarmente svantaggiati. Ma non ovunque. Perché il bello dell’Italia è la sua varietà che, ahinoi, a volte scade nel “varietà”.
Le legislazioni locali sul volontariato (regionali e provinciali) non possono uscire dai binari della legge quadro nazionale omonima. Alcune leggi locali e spesso anche qualche prassi (non troppo sbandierata) prevedono esplicitamente questo caso di organizzazioni di volontariato di auto-mutuo aiuto quando i beneficiari sono soggetti particolarmente svantaggiati. Bene fanno, credo, anche se un punto fermo di omogeneità bisognerebbe darlo.
Comunque sia, partiamo dal seguente assunto. Se ho le caratteristiche per essere una odv, ho le caratteristiche per essere una aps (associazione di promozione sociale). Non è vero il contrario, come abbiamo visto.

Le entrate commerciali
Se però, con l’odv, intendo avere entrate che siano smaccatamente commerciali (per esempio voglio vendere spazi pubblicitari nel mio giornalino, voglio entrare in relazione con aziende sulla base di un rapporto di sponsorizzazione), con la odv non posso operare, in quanto le attività commerciali che posso instaurare devono essere marginali non solo nella quantità, ma anche nella “qualità”. E qui torniamo all’articolo 30 del dl 185/08, da poco tradotto in legge 2/09. Questo articolo afferma (e conferma) che le odv possono effettuare solo le attività commerciali e produttive marginali di cui al dm 25 maggio 1995, che consistono in alcune ipotesi ben delineate per le quali il leit motiv è l’assenza di organizzazione di attività concorrenziale agli enti for profit. Se una odv ne organizza altre, diverse dalla casistica del decreto o organizzate a mo’ di negozio ecc, la odv perde la qualifica di onlus di diritto.Pertanto, se riteniamo che la nostra organizzazione non possa reggersi solo su convenzioni, raccolte pubbliche di fondi, donazioni, quote sociali, la strada corretta da percorrere è l’associazione di promozione sociale.


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