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Cooperazione & Relazioni internazionali

Sui tango-bond Buenos Aires si difende attaccando

Analisi da Buenos Aires su questa singolar tenzone finanziaria che vede opposte, oggi più che mai, Italia e Argentina

di Paolo Manzo

BUENOS AIRES Da Buenos Aires la questione dei tangobond appare oramai chiara: il nemico numero uno siamo noi, gli italiani. Rappresentati egregiamente dalla caricatura demoniaca di Nicola Stock che, qualche giorno fa, campeggiava su una pagina intera del maggior quotidiano locale, El Clarin. Il dottor Stock (e non vi dico dell?ironia che da queste parti si fa sul suo nome, simile a quello del capitano dell?Enterprise di ?Star Trek?), italiano e presidente dell?Associazione investitori in titoli argentini, è il nemico numero pubblico del nazionalismo locale. Seguito a ruota da Pier Carlo Padoan, direttore esecutivo presso il Fondo monetario internazionale e, manco a dirlo, italiano pure lui. Pur attenuato dai risparmiatori argentini che, anche loro e in un numero doppio rispetto agli italiani, sono stati vittime del default, l?astio nei confronti del nostro paese da queste parti è palpabile non appena si affronta l?argomento con l?uomo della strada, che dà per scontato che prima del pagamento del debito estero si debba rimettere in sesto l?Argentina, mentre chi riveste posizioni di responsabilità vi parlerà di tutto fuorché dell?offerta di ristrutturazione del debito e delle relative obbligazioni swap che sino al 25 febbraio saranno offerte ai detentori di tango-bond in giro per il mondo per un importo di ben 81,8 miliardi di dollari. Ma come ci siamo trasformati nel ?nemico pubblico numero uno? dalle parti del Río de la Plata? Probabilmente a causa di quella strana relazione carnale di amore e odio (chi non ricorda, per limitarci al calcio, la semifinale di Italia ?90?) che lega Italia e Argentina, derivante dalla comunanza cromosomica, che fa sì che qui vi siano 20 milioni di ?oriundi? italiani, o forse il fatto che dei tanti paesi coinvolti nel fallimento dello stato argentino (Germania su tutti), sia soprattutto Roma ad opporsi anima e corpo all?offerta del ministro dell?economia Roberto Lavagna e dei suoi soci tra cui spicca per la ?durezza? il segretario delle finanze, Guillermo Nielsen. Vista da Buenos Aires, la scommessa dell?amministrazione del ?pinguino? (così viene definito l?inquilino della Casa Rosada, a causa delle sue origini patagoniche) per ristrutturare il debito e uscire definitivamente dallo stato di insolvenza internazionale, ossia di default, sembrerebbe già vinta. Tutti i maggiori giornali hanno inserito nelle loro homepage in Internet sondaggi in cui la domanda principale è: crede che l?Argentina riuscirà a far passare la sua proposta e uscire dal default? Bene, il sondaggio de El Clarin parla di un 70 per cento di ottimisti, e percentuali analoghe riportano Ambito Financiero (Il Sole 24 Ore locale), La Capital di Rosario, La Capital di Mar del Plata, Pagina 12. L?unico quotidiano i cui lettori dubitano del successo sul mercato dell?offerta di Lavagna & co. è La Nacion, probabilmente perché i suoi lettori con solo 30 centesimi di pesos in più (l?equivalente di 8 centesimi di euro) sono abituati a comprare Gazzetta dello Sport e, soprattutto Corriere della Sera, rendendosi conto de facto di come non sia tutto oro ciò che luccica, soprattutto per quanto concerne l?animus pugnandi degli italiani in merito all?offerta argentina sui tango-bond. A prescindere dall?aspetto nazionalista che l?operazione di ristrutturazione sta assumendo in questa parte del mondo, sarà comunque il mercato, a cominciare da stamattina, a dare la sua risposta alle speranze di Lavagna e Nielsen. Una risposta, questa sì, inappellabile. Intanto è già esplosa la ?battaglia? tra il ministro dell?economia di Kirchner e il Fmi sulla percentuale dell?offerta di concambio dei bond che dovrebbe essere accettata affinché l?Argentina possa considerarsi fuori dal default: Lavagna parla di una percentuale del 50%, mentre dal Fmi fanno sapere che, con meno del 75%, Buenos Aires continuerà a essere considerata insolvente. Ma oltre a mettere le ?mani avanti? con il Fondo, il ministro dell?economia argentino ha voluto avvertire ? in un modo abbastanza minaccioso e di cui, forse, troppo poco si parla in Italia ? che «di fronte all?alternativa della non accettazione di chi vuole adire le vie giudiziali, l?Argentina adotterà una linea politica che non sarà solo passiva. Se sarà necessario, e nell?ambito delle regole del gioco internazionale, non scartiamo di ricorrere noi alle vie giudiziarie come querelanti, in difesa degli interessi nazionali». Difendere attaccando, quindi. Sembra essere questa, in definitiva, la strategia adottata dal ministro dell?economia di Kirchner, che su Roma ha chiosato: «Gli organismi pubblici italiani avevano sostenuto che i bond argentini erano destinati ad investitori so- fisticati e disposti a un alto rischio. Successivamente tali bond sono finiti nelle mani di obbligazionisti che non sono certamente né so- fisticati né in grado di valutare i rischi (chiaro il riferimento ai tanti pensionati facenti parte dei 450mila italiani convinti dalle banche nostrane ad acquistare tango-bond, ndr). Alla luce di questa situazione questo non è un problema del sistema argentino, ma dovrebbe invece essere analizzato internamente dal sistema italiano». Non resta che attendere, per vedere chi la spunterà in questa singolar tenzone che vede opposte, oggi più che mai, Italia e Argentina. Articolo pubblicato sul quotidiano Europa


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