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Finardi per Antea: L’egoismo del dare è il massimo

Lunedì 18 novembre 2013 alle 21 a Roma il cantautore milanese, oggi 62enne e padre di tre figli, si esibisce donando il suo cachet per le cure palliative che la onlus romana promuove dal 1987. Ecco un'intervista dai contenuti sorprendenti

di Daniele Biella

Lunedì 18 novembre 2013, ore 21: segnatevi questa data. Il cantautore milanese Eugenio Finardi suona al Gran Teatro di Roma, nell’unica sua tappa cittadina per promuovere il suo nuovo lavoro ‘Fibrillante’, devolvendo tutto il proprio cachet a favore di Antea onlus, associazione che dal 1987 promuove l’uso e la cultura delle cure palliative a favore dei pazienti in fase avanzata di malattia. “E’ un onore ricevere questo gesto di apprezzamento da parte di Finardi, perché nonostante nella sensibilizzazione sull’importanza delle cure palliative si è fatto molto in questi anni, serve ancora maggiore consapevolezza e una copertura più ampia, molti pazienti oggi non sono al corrente di tutte le possibilità che ci sono e non riescono ad accedere ai servizi”, sottolinea Claudia Monti, 54 anni, fondatrice e presidente di Antea onlus che in 26 anni di vita ha offerto i propri servizi ad almeno 16mila persone e oggi opera a Roma con uno staff di 200 persone (110 volontari e 90 tra psicologi, terapisti, medici e altre figure professionali) garantendo assistenza domiciliare a 135 persone più i 25 ospiti dell’Hospice Centro Antea. Vita.it ha raggiunto e intervistato Finardi, che oggi ha 62 anni ed è padre di tre figli, due femmine e un maschio (la prima di 31 anni, affetta da sindrome di Down, poi un ragazzo di 23 e una ragazza di 14), proprio in vista dell’evento di lunedì prossimo.

Eugenio Finardi, cosa significa per lei fare beneficenza?
Significa nessun buonismo. Piuttosto c’è una buona parte di egoismo nel suonare a favore di persone che hanno bisogno di sostegno. Perché alla fine dare un po’ di sé agli altri è la forma egoistica più alta e soddisfacente che si possa avere, questo piccolo segreto si deve far conoscere una volta per tutte. La carriera, il ‘successo’, che tra l’altro è una parola al participio passato e quindi appena la dici è già andata, non arricchiscono mai quanto un’azione di bene incondizionato verso gli altri. Uno dei momenti più vivi della mia esistenza è stato quando mi sono recato in Sudan con Msf, Medici senza frontiere. Poi ci sono i concerti nelle carceri, nelle strutture con persone sorde, o con vari gradi di disabilità, come alla Sacra Famiglia di Bosisio Parini o al centro per tetraplegici di Inzago, dove tra l’altro si è esibito di recente Gianni Morandi: ebbene, l’avete visto il suo sorriso nelle foto dell’evento? E’ qualcosa di puro, unico, altro che i sorrisi tirati di noi cantautori in tante altre occasioni.

Quando ha conosciuto Antea onlus?
Non molto tempo fa, ed è stato un incontro interessante fin da subito, anche perché proprio due settimane fa ho perso mia madre 94enne, che fino all’ultimo secondo è rimasta molto lucida e non ha avuto bisogno di aiuto o cure. Ma se pensi alle innumerevoli situazioni di malattia e disagio legate alla vecchiaia ma non solo, ti rendo conto di quanto sia fondamentale che tutti sappiano cosa siano le cure palliative e come ottenerle. Per questo ho colto l’occasione del concerto di lunedì 18 novembre per devolvere il mio cachet ad Antea. In generale, appena valuto che ci sia una buona situazione per dare il mio contributo mi rendo disponibile.

Questa sensibilità nasce con l’arrivo della sua prima figlia?
Sì, certamente il contatto quotidiano con la sindrome di Down, una volta passata la prima fase di spaesamento assoluto in cui il mondo andava a una velocità molto diversa da quella della nostra famiglia, ha contribuito alle mie scelte future. Queste persone, in fondo, hanno la nostra stessa esigenza del non volere essere lasciate mai da sole: il conforto e la cura costante dei propri cari sono il massimo che uno può avere dalla vita. Anche le mie altre due figlie hanno nel tempo interiorizzato queste cose: per esempio una di loro ha scelto di frequentare la scuola media dell’Istituto dei Ciechi di Milano, un’ottima realtà dove persone normodotate possono studiare a fianco di giovani con problemi. Non se ne è pentita affatto, anzi ha visto nascere molte forti amicizie. Dico questo anche pensando ai genitori che ogni tanto gridano allo scandalo quando nella classe del figlio c’è un alunno disabile: ma vi rendete conto di quanta ricchezza c’è nell’incontro con la diversità, di quanto si possano sperimentare azioni, gesti che normalmente non si metterebbero in atto? L’instaurare un buon rapporto con l’handicap, non di compatimento ma di mutuo scambio, è qualcosa che nessun libro di testo scolastico potrà mai insegnare.

Musica e solidarietà vanno spesso a braccetto. Quante volte le capita di trovare nelle persone che si complimentano con lei un atteggiamento pietistico, sullo stile del ‘che bravo che è lei’?
Sempre più raramente, per fortuna. Oggi la percezione di chi ha raggiunto un po’ di fama e dedica tempo ed energie a fini solidali è di semplice ammirazione, e va bene così. E il fatto che in ogni tragico evento, come per esempio il terremoto in Abruzzo, sia notevole il numero di artisti che si mette in gioco, fa bene alla musica e a tutta la società.


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