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“Detenuto libero per la cella troppo stretta? Caso positivo, il carcere volta pagina”

Intervista a Franco Corleone, politico e attuale Garante dei detenuti degli Istituti di pena toscani, a poche ore dalla sentenza del magistrato di sorveglianza di Sollicciano che ha stabilito la scarcerazione e un indennizzo per gli spazi vitali troppo ristretti secondo le norme europee

di Daniele Biella

“Mi auguro che alla sentenza di Firenze ne seguano molte altre sulla stessa linea”. Franco Corleone, ex sottosegretario alla Giustizia e parlamentare europeo, oggi garante dei detenuti della carceri toscane, non esita ad appoggiare la decisione del magistrato di sorveglianza del carcere di Sollicciano, Susanna Raimondo, di accogliere il ricorso di un recluso approvandone la scarcerazione – e un indennizzo economico – per le condizioni inadeguate della cella in cui si trovava. La notizia è ancora fresca quando raggiungiamo Corleone al telefono.

La sentenza avrà un effetto domino?
Penso proprio di sì, anche perchè altri detenuti hanno presentato un ricorso analogo, che nel caso di Sollicciano il giudice ha accolto sulla base della sentenza Torrigiani della Corte europea del 2013 che condannava l’Italia per trattamenti inumani e degradanti a causa dello spazio vitale troppo piccolo nella cella. Con la decisione del magistrato di sorveglianza, che ha rimediato a una palese ingiustizia, si chiude una pagina buia nella vita delle carceri italiane, verso un futuro diverso che spero venga già definito nei prossimi Stati generali annunciato dal ministro Andrea Orlando.

Le condizioni carcerarie sono migliori rispetto al 2013?
Lo sono, perché il sovraffollamento è diminuito, ma non per cause politiche, bensì soprattutto per effetto della decisione della Corte di Cassazione che annullava gli effetti della Legge Fini-Giovanardi sulle droghe, sulla spinta di associazioni e magistratura quindi. Da qui in avanti con programmi più efficaci sulla detenzione domiciliare e la messa alla prova, il numero potrebbe scendere ulteriormente.

È la strada che indicherebbe al Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria?
Sì, assieme a concentrare gli sforzi verso un miglioramento della qualità della vita detentiva. Il 15 aprile noi Garanti incontreremo proprio il nuovo presidente del Dap Santi Consolo, e proporremo azioni in tal senso, come per esempio la possibilità di pasti comuni per aumentare la socialità e non ognuno nella propria cella. Ancora, chiederemo lumi su alcune mancanze, come le poche informazioni che ci sono giunte dopo la conclusione del censimento voluto dalla Commissione Palma, in particolare sul tema dei servizi igienici e dell’affettività tra detenuti e le famiglie che necessariamente rimangono all’esterno del carcere.

Quale modello di carcere vedrebbe bene per il futuro?
Una struttura in cui rimangano detenuti solo le persone con uno spessore criminale di rilievo, perché i soggetti con pene lievi e soprattutto quelli con fragilità non devono rimanere dietro le sbarre e magari poi essere assistiti da uno psicologo: al contrario, devono potere trovare altre strutture dove scontare la loro pena.  


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