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Economia & Impresa sociale 

Credito al non profit meno oneroso. La conferma della Banca d’Italia

Palazzo Koch ha pubblicato la tabella (in allegato) che inserisce le organizzazioni non profit nella stessa sezioine della clientela retail e Pmi

di Redazione

Adesso è ufficiale: come anticipato da Vita.it dal primo ottobre i requisiti patrimoniali per i prestiti al non profit passano dall’8 al 6%. La conferma arriva direttamente dalla Banca d’Italia che con l’aggiornamento della tabella decisionale Puma 2 ha collocato i soggetti identificati con i codici 500 e 501 (ovvero enti religiosi e enti non profit) anche nel portafoglio relativo alle “Esposizioni al dettaglio” oltre che in quella “Imprese” (vd in allegato). Fuori dai tecnicismi questo significa che ain presenza di alcune condizioni quali per esempio il fatturato d’impresa inferiore a 50 milioni di euro e l’importo del prestito non superiore al milione di euro, da oggi in poi se una banca presta 100 euro al non profit, deve accantonarne solo 6 euro di capitale e non più 8 euro come avveniva fino a fine settembre.

A determinarlo non è una nuova norma, ma una nuova interpretazione di Basilea 3 (e in particolare del Regolamento UE n. 575/2013 il CRR) da parte della Banca d’Italia. «Fino a Basilea 2», spiega a Vita.it Maurizio Bovo, responsabile del servizio pianificazione e controlli di Banca Etica, «i soggetti non profit erano collocati nel portafoglio con ponderazione 100%, il che significava che se gli istituti di credito volevano prestare a una onp cento euro dovevano dotarsi di un capitale minimo pari all’8% del 100% di quei cento euro: ovvero 8 euro. La clientela retail e le pmi invece godevano di una ponderazione del 75%, quindi dovevano accantonare solo l’8% del 75% ovvero 6 euro. Con il passaggio a Basilea 3, il riferimento alla ponderazione al 100% è sparito, anche se nel manuale tecnico regolamentare le categorie 500 e 501 erano rimaste nel settore “Imprese”». Una evidente contraddizione. Oggi superata.

«L’aggiornamento della tabella decisionale Puma 2», conclude Bovo, «infatti “certifica” che le organizzazioni non profit vengono oggi trattate esattamente come le piccole e medie imprese con un conseguente minor assorbimento patrimoniale».


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