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I dopoguerra di cui nessuno parla

Dal Vietnam all'Ucraina: le sostanze tossiche liberate durante i conflitti non causano solo problemi respiratori. L'impatto delle guerre (e dei disastri ambientali) sulla salute è di lungo periodo e include malattie croniche, tumori e neurodegenerazione a esordio precoce. Ne abbiamo parlato con Roberto Lucchini, già responsabile del monitoraggio della salute fisica e mentale dei soccorritori e lavoratori delle Torri Gemelle, oggi alla School of Public Health and Social Work della Florida International University a Miami

di Nicla Panciera

Le polveri degli esplosivi e i fumi di combustione sono all’origine di pesanti effetti collaterali della guerra che, nell’emergenza, rischiano di passare in secondo piano. Tuttavia, per la popolazione civile e i militari, le conseguenze negative di tale esposizione sono rilevanti nel breve e nel lungo periodo. Ne abbiamo parlato con Roberto Lucchini, docente di scienze della salute ambientale alla Florida international university a Miami e dell’Università di Brescia, già direttore del progetto «Wtc Health program data center» alla Mount sinai university di New York, dove ha coordinato tutto il lavoro di sorveglianza della salute nei più di 100.000 soccorritori e lavoratori provenienti da varie aree degli Stati Uniti e nei 400.000 residenti e altri lavoratori intorno a Ground Zero. I suoi studi riguardano anche realtà critiche italiane, come l’area metallurgica bresciana. «Quello che sappiamo degli effetti delle polveri sulla salute è probabilmente ancora una minima parte» ammette lo specialista. «Il tema delle esposizioni a fumi, polveri da sparo e polveri piriche si perde nella notte dei tempi, stiamo accumulando chiare evidenze scientifiche e tecniche fin dalla guerra del Vietnam, in Iraq, nei Balcani, quindi in Siria e ora in Ucraina. Le polveri e le sostanze che si liberano nelle esplosioni e nelle combustioni delle plastiche e dei materiali da costruzione sono neurotossiche e cancerogene. Nei contesti bellici, come in Ucraina, la situazione viene peggiorata dal fatto che le persone chiuse nei rifugi, senza possibilità di un adeguato arieggiamento, continuano a respirare le polveri sospese nell’aria» dice Lucchini. «In Ucraina, inoltre, vien da chiedersi se, nei vecchi edifici di epoca sovietica abbattuti dagli attacchi russi, l’amianto fosse stato rimosso o incapsulato o se si stia diffondendo in questo momento».

Quello che sappiamo degli effetti delle polveri sulla salute è probabilmente ancora una minima parte

Roberto Lucchini, già direttore del progetto «World Trade Center Health program data center»

Uno stufato tossico all’origine di varie malattie

La vicenda delle Torri Gemelle ha insegnato molto. La nuvola di polvere tossica, caduta sulla zona del disastro come uno spesso strato di cenere, è rimasta sospesa nell'aria per più di tre mesi. L’aria conteneva idrocarburi poliaromatici, ma anche metalli pesanti, come piombo, mercurio e cadmio, e bifenili policlorurati. Dopo i primi problemi respiratori e le reazioni acute, si sono viste le conseguenze di lungo periodo su soccorritori, lavoratori e residenti. A circa otto anni da disastro, i primi casi di tumore. A vent’anni di distanza, ancora si registrano malattie respiratorie come asma, broncopneumopatia cronica ostruttiva e malattie delle vie aeree superiori come rinosinusite cronica, laringite e rinofaringite, ma anche tumori del sangue e dei tessuti linfoidi come linfoma, mieloma e leucemia. I sopravvissuti soffrono anche di altri tumori, tra cui tumori al seno, alla testa-collo, alla prostata, ai polmoni e alla tiroide. Poi c’è il mesotelioma, associato all’amianto. Ma c’è di più: «Queste persone oggi affrontano l’invecchiamento con tassi più elevati di declino cognitivo e demenza, a volte con esordio molto precoce», spiega Lucchini, che continua a occuparsi dei soccorritori e dei veterani esposti a sostanze chimiche e traumi psicologici nelle zone di guerra, anche dal punto di vista degli impatti cognitivi e sull'invecchiamento. Un crescente numero di evidenze neurotossicologiche mostra analoghi meccanismi di danno cognitivo e neurodegenerazione causati dallo smog cittadino.

Le varie componenti

Le componenti delle polveri nocive sono molte, in guerra si presentano tutte insieme: quella esplosiva, ben nota alla letteratura come nei fuochi d’artificio; c’è poi la movimentazione di polveri già depositate a terra; ci sono le polveri dovute alla combustione, come quando un edificio viene bombardato e, infine, quelle dovute al crollo in sé, come nel caso di un terremoto.

Sempre protetti

Le parole chiave sono protezione e monitoraggio. «In primo luogo, mai senza mascherina, perché una volta che c’è stata esposizione, non resta che monitorare regolarmente le persone per individuare prontamente lo sviluppo di malattia» dice Lucchini «Le Torri Gemelle ci hanno indicato per filo e per segno le conseguenze della mancanza di protezioni, eppure nei video degli interventi di soccorso nei crolli ad esempio in Turchia abbiamo visto che molte squadre ancora oggi poco equipaggiate con dispositivi di protezione e mascherine».

«In primo luogo, mai senza mascherina, perché una volta che c’è stata esposizione, non resta che monitorare regolarmente le persone per individuare prontamente lo sviluppo di malattia»

Roberto Lucchini

Il monitoraggio dell'aria

Non si pensi che attrezzarsi per il monitoraggio dell’aria e la protezione dei lavoratori/soccorritori sia qualcosa di tecnicamente difficile, i problemi sono semmai organizzativi, per poter disporre di device di cui tutti dovrebbero dotarsi e ragionare sempre in un'ottica di prevenzione. «Ho seguito il crollo il 24 giugno 2021del palazzo di Surfside a Miami Beach, poi demolito in maniera controllata: in quel caso, ci avvantaggiammo di un volontario vigile del fuoco, che era anche uno studente di dottorato in scienze ambientali, che aiutò nel piazzare i dispositivi di monitoraggio tra le macerie che in tempo reale restituivano i valori di qualità dell’aria, per guidare i vigili nel loro lavoro. Ma l’organizzazione imponeva anche che ogni individuo ammesso sul luogo del crollo dovesse indossare un chip che ne registrasse il tragitto. Tutti dati fondamentali per la valutazione del rischio e anche per il futuro follow up, per il monitoraggio di eventuali problemi di salute fisica o psichica sviluppati in seguito all’esposizione».

Piani di emergenza, piani di prevenzione

«Dopo il Covid, c’è una più diffusa e generale attenzione ai “piani di emergenza”, per essere pronti a possibili nuove pandemie, disastri naturali o da conflitto» spiega Lucchini. Questo significa cercare di monitorare il più possibile quello che c’è nell’aria, perché «solo i dati hanno la forza delle evidenze che costringono a prendere contromisure. In Ucraina, esiste una rete di centrali di rilevamento ambientale; su questi temi, con i colleghi ucraini e con i ricercatori russi e bielorussi collaboro da tempo», dice Lucchini, ad esempio lavorando a una valutazione comparativa dei principali disastri internazionali, come Seveso, della fabbrica di pesticidi della cittadina indiana di Bhopal, di Chernobyl e Fukushima. Le conclusioni del team internazionale sono che «date le conseguenze a lungo termine sulla salute dei disastri naturali e disastri provocati dall'uomo, i programmi di sorveglianza sanitaria e trattamento sono fondamentali per la gestione delle condizioni sanitarie e sono necessari piani di preparazione alle emergenze per prevenire o ridurre al minimo l'impatto delle minacce future».


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