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Sostenibilità sociale e ambientale

Accelerare la transizione ecologica: 10 passi imprescindibili

Per far fronte alle enormi sfide del cambiamento climatico i modelli di produzione e consumo devono essere cambiati così come gli stili di vita. La Coalizione Clima guardando al Piano nazionale di ripresa e resilienza segnala alcuni punti essenziali partendo dalla necessità della decarbonizzazione. Tra gli aderenti alla coalizione Focsiv auspica anche un rafforzamento della cooperazione internazionale

di Redazione

La Coalizione Clima – rete delle associazioni italiane per la difesa del clima – guarda con interesse al piano di ripresa e resilienza in corso di elaborazione e approvazione da parte del Governo e del Parlamento. Da anni le organizzazioni che la compongono stanno spingendo sulla piena consapevolezza della crisi climatica mondiale e sulla necessità conseguente di un programma di de carbonizzazione. E in un lungo documento che evidenzia dieci punti di attenzione importanti si sottolinea come positivo «il fatto che, anche nelle intenzioni programmatiche, a livello nazionale e internazionale, le questioni della transizione ecologica e della sostenibilità stiano diventando un elemento centrale dell’agenda politica». A questi passaggi non è estraneo il movimento dei Friday for Future come la presa di coscienza dei più giovani

Oggi – scrivono le organizzazioni della Coalizione – speriamo di essere finalmente in presenza di un cambio nelle politiche europee e che, per la prima volta dopo decenni di politiche solo di controllo di bilancio e di austerità, si mettano in campo risorse significative nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Queste risorse rappresentano un'opportunità che, per non essere indebolita o evolvere in frammentazione, deve prevedere progetti significativi coerenti con gli obiettivi di riduzione delle emissioni e con il percorso della transizione, che deve vedere la completa decarbonizzazione anche prima del 2050.

L’auspicio espresso è che “il nuovo ministro della Transizione Ecologica avvii finalmente un serio dialogo con i soggetti “portatori di interesse”: in questo caso, non faremo mancare anche il nostro contributo. Sappiamo che quest’anno vi saranno altre scadenze, in primis la COP26 e il G20 a presidenza italiana, da cui ci attendiamo nuovi impulsi per affrontare la crisi climatica. Chiediamo che l’Italia sia tra i Paesi che promuovono obiettivi climatici più ambiziosi. Siamo coscienti che settori dell’industria, in particolare del fossile, lungi dal cogliere appieno l’opportunità anche competitiva di una riorganizzazione produttiva, puntino a diluire nel tempo il programma complessivo, magari fino alle soglie del 2050, ma rallentare il processo, con la promessa di recuperi successivi, rischia di compromettere il percorso. Per questo sono necessari step di monitoraggio, con tutti i portatori di interesse”.

La Coalizione Clima, quindi, senza ripercorrere le priorità condivise del piano evidenzia alcuni punti di attenzione definiti “importanti”. Di seguito una sintesi dei dieci punti.

  1. Fonti rinnovabili e idrogeno. Le risorse del Pnrr devono essere utilizzate per raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei, a partire dallo sviluppo delle Fer (solare, eolico on-shore e off-shore, accumuli, ecc.) in particolare spostando i consumi verso l'elettrificazione nella mobilità, nel riscaldamento, nell'efficienza energetica, in ogni settore. In quest'ambito, sarà necessario puntare sull’idrogeno da fonti rinnovabili (cd. "idrogeno verde") come raccomandato anche dall'Unione Europea, per utilizzarlo nei settori in cui la decarbonizzazione appare, al momento, un procedimento più complesso che in altri, quali i comparti industriali altamente energivori (siderurgia, cemento, trasporto aereo e navale) tenendo conto delle tempistiche necessarie per l'adeguamento impiantistico.
  2. Nessuna risorsa – e nessun nuovo investimento – sui fossili. Nessun progetto che provochi danni sul clima deve essere finanziato. Il 37% delle risorse del Programma Ngeu deve essere destinato esclusivamente all’azione del clima. Occorre procedere a una graduale eliminazione dei Sussidi riconosciuti come ambientalmente dannosi (Sad) per trasformarli in Sussidi ambientalmente favorevoli (Saf) e in investimenti per supportare le filiere verdi e sostenibili.
  3. Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima). Va aggiornato sulla base dei nuovi target europei, in particolare per le fonti rinnovabili, rispettando la completa dismissione delle centrali a carbone entro il 2025. A questo fine può essere utilizzato anche il Meccanismo europeo per la Giusta Transizione.
  4. Mobilità elettrica. Si può partire subito dal trasporto pubblico, creando finalmente una filiera nazionale per la produzione di bus elettrici. Va anche approntato il sistema diffuso delle ricariche per i mezzi elettrici, per arrivare a parecchie migliaia di punti nel 2030, accompagnato da interventi di ricerca e produzione nazionale specialmente sugli accumuli. Occorre anche aprire un tavolo con le filiere industriali di riferimento.
  5. Ecobonus. Questo importante strumento – che dovrebbe diventare strutturale, con una proroga almeno fino al 2025 e con una complessiva semplificazione – comprende sia interventi di riqualificazione edilizia, sia di efficientamento energetico degli edifici, oltre che di sicurezza antisismica; questi ultimi, possono contare anche su altri finanziamenti conteggiati nel 37% di spesa previsto degli impegni ambientali del Ngeu.
  6. Economia circolare. Investire nella riduzione e nella gestione virtuosa dei rifiuti, colmando i gap impiantistici territoriali tra Nord e Sud, anche con nuove tecnologie per i recuperi complessi, in linea con le direttive europee. Il complesso delle azioni per prolungare il ciclo di vita dei prodotti, dovrà articolarsi nei territori con chiari riferimenti normativi e indicatori di circolarità nazionali, a partire dall'attuazione a livello nazionale dei decreti End of Waste per accelerare i processi di recupero e riciclaggio.
  7. Filiera agroalimentare. Riconoscere il ruolo della filiera agroalimentare e dell'agroecologia nella bioeconomia e nella lotta al cambiamento climatico, attraverso la diffusione di pratiche agro-zootecniche sostenibili e rigenerative, orientate all’aumento del contenuto di carbonio organico nei suoli, l’arresto della deforestazione, la riduzione degli sprechi, la produzione di energia rinnovabile, la tutela della biodiversità e la diffusione di abitudini alimentari e modelli di consumo consapevoli ed orientati verso prodotti rispondenti ai principi di neutralità climatica e di circolarità ed efficienti sotto il profilo dell’uso delle risorse. La strategia europea “Farm to Fork” non è finalizzata solo a ridurre progressivamente gli impatti negativi delle produzioni, ma anche a favorire scelte di consumo consapevole. Per questo occorre investire nel campo dell’educazione alimentare andando oltre impegni generali e di principio.
  8. Difesa del territorio, delle acque e del mare. La protezione e la ricostruzione delle biodiversità e degli ecosistemi con interventi concreti per il restauro del patrimonio naturale e per un uso sostenibile delle risorse idriche, territoriali, marine, devono diventare politiche effettive praticate nel nostro Paese.
  9. Riforma delle procedure autorizzative. Viene considerata centrale per l'assegnazione delle risorse europee. Parallelamente, però, la macchina statale va rafforzata, con le necessarie assunzioni, puntando su competenze, efficienza, innovazione e digitalizzazione, per ridurre i tempi delle autorizzazioni. Ma lo snellimento burocratico non può alleggerire un sistema di vigilanza e di controlli rigorosi.
  10. Giusta transizione – Sono necessari ed urgenti piani, misure e risorse per la Giusta Transizione per pianificare ed affrontare la trasformazione del modello economico e produttivo senza che nessuno sia lasciato indietro. Piani da redigere con percorsi democratici e partecipativi e misure da definire con la contrattazione con tutte le Parti Sociali per la creazione di nuovi posti di lavoro, ammortizzatori sociali universali, formazione permanente e riqualificazione professionale per accrescere le competenze verdi e digitali. Una valutazione e più attenta gestione degli impatti delle politiche commerciali europee e delle acquisizioni societarie sulla sostenibilità interna e esterna delle nostre filiere strategiche.

In conclusione, nel documento viene ricordato che che il Piano non può destinare fondi del Pnrr per rinnovare la capacità e i sistemi d'arma a disposizione della Difesa. Il piano – si legge – "dovrebbe impegnare l’Italia nell’investire nella cooperazione internazionale (ricordiamo l’impegno ribadito nell’Agenda 2030 per lo 0,7% del Rnl) per sostenere la resilienza delle popolazioni più vulnerabili, i piani di adattamento dei Paesi impoveriti e vulnerabili, la cooperazione per la decarbonizzazione e per la difesa dei beni comuni globali". Da parte sua Focsiv, una delle organizzazioni aderenti alla coalizione e che ha contributo alla stesura del documento auspica che «il Governo italiano modifichi il suo piano integrando una dimensione esterna che per ora è drammaticamente assente».

In apertura foto di Rahul Pandit da Pexels


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