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Famiglia & Minori

Chi raddoppia gli orfani

polemiche Quanti i minori abbandonati in Italia? Un prelato e due quotidiani fanno confusione

di Redazione

Prima il vescovo di Pompei attacca la legge che ha chiuso gli orfanotrofi. Poi «Repubblica» e «La Stampa» pubblicano cifre abnormi. In realtà, i piccoli fuori dalla famiglia sono 25mila e non 50mila. Come convengono tutti gli esperti
A volte è questione di punti di vista. Per l’arcivescovo di Pompei, Carlo Liberati la legge 149 è «la triste norma che sette anni fa ha chiuso gli orfanotrofi», di cui bisogna «avere il coraggio di ammettere il fallimento». E se ai punti di vista si aggiungono anche dei numeri, decisamente fuori misura rispetto alle statistiche ufficiali, la sensazione che l’Italia sia l’abisso degli orfani abbandonati assume concretezza. Il fatto è che tra gli addetti ai lavori è difficile comprendere come i quotidiani Repubblica e Stampa abbiano potuto pubblicare cifre così abnormi relative ai minori fuori dalla famiglia: sarebbero 53mila per il quotidiano romano e 46mila per quello torinese.

Nessuna catastrofe
Parole e numeri che hanno fatto saltare sulla sedia il giudice Franco Occhiogrosso , presidente del Centro nazionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza, l’ente chiamato a censire i minori in situazione di abbandono nel nostro Paese. Dalle statistiche del Centro nazionale risulta infatti che i bambini e gli adolescenti fuori famiglia non superano il numero complessivo di 12mila, per la parte di loro che vive in comunità residenziali, e di 13mila, per coloro che vivono in affidamento familiare: 25mila, dunque. Un numero importante ma molto lontano da quelli espressi dai due quotidiani. «Sui bambini, quasi ciclicamente i media scatenano una sorta di “panico morale”», commenta il professor Valerio Belotti , direttore scientifico del Centro. «C’è una tendenza a costruire un catastrofismo che non giova a nessuno, in primo luogo alle famiglie naturali di questi minori. Stiamo parlando, infatti, di minori “allontanati” dalle loro famiglie d’origine sulle quali la legge 149 impone un progetto di recupero e di reinserimento. Pochi di loro sono dunque orfani o abbandonati, e dunque adottabili». La fluidità dei dati, la difficoltà di recuperarli, la mancanza di un’anagrafe informatizzata dei minori fuori famiglia non aiuta: entro novembre il Centro nazionale pubblicherà la sua nuova rilevazione, che segue di tre anni la precedente. «Nel nostro lavoro entrano esclusivamente i minori in affido o in comunità», specifica Belotti. Per questo motivo c’è una difformità con alcuni dati espressi in passato dall’Istat, in cui emergeva un numero di 34mila minori fuori famiglia.

Luci e ombre
«Nelle ricerche dell’Istat alla voce “minori fuori famiglia” vengono annesse situazioni diversissime, anche quelle di disabili ospedalizzati o in cura presso centri specialistici, o addirittura dei giovani nei collegi. È chiaro che si tratta di minori che non hanno un problema di abbandono». Il dato reale, e preoccupante, è invece che «nelle comunità è aumentato esponenzialmente il numero degli stranieri», ammette Belotti. Ai minori allontanati dalle famiglie, si aggiunge la voce degli stranieri non accompagnati, prevalentemente ragazzi tra i 14 e i 18 anni che entrano e subito fuggono dalle strutture di accoglienza. Oltre la stretta contabilità, di una cosa sono certi gli operatori sociali. Se la 149 ha luci e ombre, di certo queste non riguardano la chiusura degli orfanotrofi.

Fatti e opinioni
«Abbiamo letto con una sorpresa le dichiarazioni dell’arcivescovo», commenta don Armando Zappolini , vicepresidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza. «Il Cnca, per parte sua, esprime la propria contrarietà a riportare in vita istituti che non rispondono agli interessi dei bambini. Si tratta invece di migliorare ciò che c’è, implementando la legge 149, facendo bene le cose giuste che ha previsto: dalla banca dati nazionale dei bambini in stato di abbandono alle risorse che occorrono agli enti locali per valorizzare gli affidamenti familiari e le comunità residenziali, potenziando i servizi sociali dei Comuni, investendo sulla formazione degli educatori, valorizzando le esperienze dei centri affidi, stimolando le Regioni che non lo hanno ancora fatto a predisporre l’anagrafe delle strutture e dei bambini accolti». Questi sono fatti auspicabili. Andando oltre, si torna nel campo delle opinioni.


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