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De Caro, Anci: «Migranti, la sola strada è tornare all’accoglienza diffusa»

In Italia esiste il Sistema Accoglienza e Integrazione-Sai: un sistema pubblico finanziato da soldi pubblici e gestito dai sindaci. Piccoli numeri di persone migranti che arrivano nei territori, sono accolti con progetti di integrazione i cui numeri danno riscontri positivi. E allora perché questa nuova ondata di emergenza?

di Gabriella Debora Giorgione

Lo aveva ripetuto in tutte le sedi: i sindaci italiani sarebbero andati al collasso, in tema di accoglienza, dopo la conversione del decreto legge n.20/2023 in materia di flussi migratori, il cosiddetto “decreto Cutro”.
Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente nazionale della Associazione nazionale comuni italiani-Anci, oggi a Rimini per intervenire al Meeting 2023 è stato chiarissimo: «I comuni italiani hanno lanciato l’allarme, sono al collasso, non ce la fanno più e chiedono un aiuto al governo. Continueremo a collaborare come abbiamo sempre fatto sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione, ma ci sono dei temi che vanno risolti».

I comuni italiani hanno lanciato l’allarme, sono al collasso, non ce la fanno più e chiedono un aiuto al governo. Continueremo a collaborare come abbiamo sempre fatto sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione, ma ci sono dei temi che vanno risolti

— Antonio Decaro

Uno dei primi “temi da risolvere” per i sindaci sono i numeri dei Minori stranieri non accompagnati-Msna, che stanno diventando esponenziali e ingestibili. Nei progetti del Sistema accoglienza e integrazione-Sai di Anci e Viminale, infatti, i posti disponibili sono terminati e, trattandosi di minori, tutto il peso economico ora ricade su bilanci dei Comuni che, soprattutto quando sono medio-piccoli, mandano in default il bilancio. Anche perché si tratta di spese che i Comuni non hanno, come ragionevolmente non potevano fare, messo nel previsionale.
Da qui, ma non solo da qui, il paventato collasso, che però non è solo economico. Per il presidente Decaro, dunque, «I sindaci si sentono in trincea, indipendentemente dal colore politico, perché abbiamo chiesto di ampliare i posti all’interno del sistema Sai che i sindaci gestiscono in prima persona nei propri comuni». Ma sembra che su questo ampliamento il Governo, che pure si trova in difficoltà nella gestione degli arrivi dei migranti sulle coste o sulle rotte, non ci voglia sentire.

A marzo 2023, il sistema Sai contava 934 progetti approvati, per un totale di 679 posti ordinari, 214 per Msna e 41 posti per persone con disagio mentale o disabilità. Già, perché in pochi ricordano che il Sai è innanzitutto uno strumento di welfare a disposizione dei sindaci italiani e delle loro comunità. Sempre secondo i dati della Rete Sai, a marzo 2023 gli Enti locali titolari di progetto sono complessivamente 793, di cui 699 sono Comuni, 16 le Province, 30 le Unioni di Comuni, comprese le Comunità montane. In totale, il sistema Sprar-Sai ha assorbito circa 43mila persone migranti e con disagio mentale o disabilità. Ma va ricordato che in Italia i Comuni sono circa 8mila, quindi c’è una potenzialità enorme di accoglienza Sai che non è stata messa a sistema.
«Serve tornare all’accoglienza diffusa – ha detto Antonio Decaro a “l’Aria che tira” su La7 – riprendendo quanto ci inventammo anni fa: il tre per mille, ossia tre migranti ogni mille abitanti. In questo modo si fornirebbe un’accoglienza giusta, con i giusti servizi, che nei Cas vengono tagliati. E con l’accoglienza diffusa si evitano concentrazioni, che fanno male tanto ai migranti quanto alle comunità che li accolgono».

San Salvatore di Fitalia (Me), due bimbi accolti nel progetto Sai all’uscita di scuola salutano “le nonne”

E allora? Qual è il problema? Se è vero che in Italia esiste un sistema pubblico di accoglienza così “perfetto”, finanziato con soldi pubblici e governato dai sindaci in co-progettazione con gli Enti del terzo settore, diffuso e con piccoli numeri per ogni comune, perché si è arrivati all’emergenza di questi giorni?
Innanzitutto perché le finestre per presentare le domande dei progetti Sai sono state chiuse, l’ultima risale a giugno 2022 perché ad agosto e settembre gli avvisi riguardavano solo l’accoglienza per l’emergenza Ucraina. Per Msna e disagio mentale o disabilità nulla negli ultimi due anni.
Eppure esistono Comuni disponibili ad attivare progetti di accoglienza diffusa ma che in questo momento non possono farlo e sono costretti a gestire l’arrivo di persone migranti in un sistema “straordinario”, di emergenza, appunto.
«Noi abbiamo sempre ragionato nell’ottica di una distribuzione equilibrata nel territorio nazionale. Se chiediamo all’Europa di accogliere di distribuire i migranti su tutto il territorio europeo, cominciamo a farlo nel nostro paese», ha detto Decaro al Meeting, precisando che «Purtroppo le ultime regole scoraggiano la cosiddetta accoglienza diffusa: abbiamo dei Centri di accoglienza straordinaria-Cas che sono gestiti direttamente dalle Prefetture, che però sono dei centri molto grandi e che si stanno riempiendo sempre di più perché i gestori ragionano per economia di scala. Ci sono operatori che partecipano alle manifestazioni di interesse delle Prefetture togliendo anche alcuni servizi come la tutela legale, l’integrazione, la formazione, i corsi di lingua italiana (che invece nel sistema Sai sono obbligatori e richiesti dal Sistema centrale nella rendicontazione, ndr). Il terzo settore del nostro paese come la Caritas o come la comunità di Sant’Egidio non hanno interesse a partecipare alle manifestazioni di interesse delle Prefetture perché non si occupano solo di vitto e alloggio».

il presidente Anci, Antonio Decaro, al punto stampa del Meeting2023 a Rimini (foto:  Tommaso Ripani)

Al governo italiano i sindaci italiani chiedono di «Ampliare i posti Sai per evitare che i costi dell’accoglienza dei minori ricadano direttamente sui bilanci comunali e chiediamo – ha proseguito Decaro – di modificare il sistema dei centri di accoglienza per i richiedenti asilo, distribuendoli su tutto il territorio nazionale in modo che si possa parlare davvero di accoglienza ed integrazione. Abbiamo già vissuto questa situazione nel 2018», e ricorda infatti gli episodi di disordini avvenuti quando in comuni di circa 3mila abitanti venivano sistemate nelle caserme fino a 1.500 persone migranti senza percorsi di cura, accoglienza e integrazione.
L’ultimo incontro tra Anci e Governo risale al 4 agosto scorso. Nel frattempo, le Prefetture stanno “scaricando” nei Comuni migliaia di persone migranti e i sindaci sono in rivolta, in attesa di risposte politiche.

la foto di copertina è di Tommaso Ripani


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