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Enti locali, al via la sfida pay for result

Il Fondo per l’innovazione sociale è finalmente operativo. Sebbene lo stanziamento sia esiguo, 25 milioni di euro in tre anni, e nonostante alcune imperfezioni nel disegno della policy, il sistema degli enti locali potrà contare su un prezioso strumento per sperimentare partenariati pubblico-privato-privato sociale

di Giovanna Melandri

Dopo una lunga gestazione, il Fondo per l’innovazione sociale è finalmente operativo. Sebbene lo stanziamento sia esiguo, 25 milioni di euro in tre anni, e nonostante alcune imperfezioni nel disegno della policy, il sistema degli enti locali potrà contare su un prezioso strumento per sperimentare partenariati pubblico-privato-privato sociale nell’ambito di schemi Pay for result.

In primo luogo, credo sia opportuno ribadire che questo risultato è frutto di un lungo lavoro, un piccolo fiume carsico, che ha iniziato a scorrere ai tempi dell’istituzione della Social Impact Investing Taskforce del G7 e ha visto poi la luce con la pubblicazione del rapporto internazionale (“The invisibile Heart of Markets”) e di quello nazionale ( “La Finanza che include” ). Non a caso, una delle raccomandazioni indicate nel rapporto italiano, auspicava l’istituzione di uno strumento che favorisse, a livello di Pa, la sperimentazione e l’adozione di schemi Pay for result.

Sapevamo, tirando le conclusioni del rapporto dopo un’appassionante fase di confronto tra tutti gli stakeholder dell’impact investing, che l’attore pubblico rappresentava l’elemento critico per determinare la maturazione del nostro ecosistema. Il fatto che il Fondo per l’innovazione sociale parta a quattro anni di distanza dalla pubblicazione di quelle raccomandazioni, non senza difficoltà, dimostra che la preoccupazione era quantomeno fondata.

Vi sono alcune questioni critiche da evidenziare: penso in primo luogo ai tempi di attuazione eccessivamente sincopati per una valutazione d’impatto rigorosa oppure alla scelta di avere ambiti di policy poco definiti rispetto alla raccolta delle progettualità, così come all’assenza di un sistema di assistenza tecnica che possa guidare i comuni nella stesura delle proposte, soprattutto laddove vi è maggiore necessità di supporto.

Questo vuoto può determinare un’asimmetria importante nell’accesso al Fondo, tra quegli enti locali che sono attrezzati, poiché operano in un contesto “fertilizzato” e coloro che invece insistono in territori meno infrastrutturati. Il fatto di avere una finestra così ravvicinata, il 15 giugno, con una procedura a sportello rischia di acuire ancora di più la divaricazione tra i territori, premiando


*Giovanna Melandri è presidente di Social Impact Agenda per l'Italia e membro del Board of Trustees del Global Steering Group for Impact Investment (GSG)


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