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Giovanni Bruno (Banco Alimentare): «Sorpreso d’essere tra i top manager»

Il presidente della fondazione commenta il suo inserimento tra i 100 segnalati da Business People. Per la seconda volta. «Non me l’aspettavo quest’anno come non me lo aspettavo lo scorso anno quando pensavo fosse dovuto all’emozione della Pandemia». Banco Alimentare sta implementando il progetto “Impatto +” sulla sua impronta ecologica

di Antonietta Nembri

Per il secondo anno consecutivo il presidente di Fondazione Banco Alimentare è stato inserito da Business People tra i 100 top manager. Giovanni Bruno si è detto sorpreso «non me l’aspettavo quest’anno, in verità neppure lo scorso anno ma allora avevo pensato che il riconoscimento fosse frutto dell’emozione della Pandemia e all’attività del Banco in quel periodo. Poi sono andato a vedere l’elenco e ho scoperto che più di un quarto dei segnalati era cambiato».

A inizio anno (ne avevamo scritto qui ) la fondazione per la sua attività di recupero delle eccedenze alimentari aveva ricevuto il Gran Premio Sviluppos Sosteibile ad honorem. Abbiamo chiesto a Bruno che lettura dà di questo riconoscimento da parte di Business people. «Nella nostra società contano le aziende profit, ma ci si sta sempre più rendendo conto che anche per loro è un “affare” la presenza del Terzo settore anche se non fa affari».

Le attività della Fondazione Banco Alimentare nell’ultimo anno sono cresciute in parallelo con la crescita della sensibilità. L’evidenza del bisogno in tempi di pandemia ha visto aumentare il numero di quanti si sono messi in gioco, prova ne sono le 400 nuove aziende con cui il Banco è entrato in contatto. «Stiamo crescendo. Il Banco è una grossa azienda della carità e della logistica» commenta il presidente (nella foto) guardando il segno più della quota di alimenti distribuita a circa 7.600 enti e strutture caritative in tutta Italia che aiutano circa 1 milione e 700mila persone. «Sono tre le componenti in entrata: quanto viene recuperato dalle eccedenze, ciò che viene donato con le collette (nazionale e locali) e con le campagne di co-marketing (cibo e fondi) e infine la quota dal fondo nazionale ed europeo che è quella che ha avuto il maggior incremento».
Ma quello degli alimenti in arrivo da Agea non è l’unico fronte ad avere aumentato il suo peso. «Il recuperato dalle eccedenze è cresciuto negli anni ed è arrivato a 46mila tonnellate di recupero puro nel 2020 e 2021. È stata una crescita progressiva» spiega Bruno che vede il punto di forza «nei rapporti che instauriamo con le aziende sia della filiera agroalimentare sia con la Gdo (la grande distribuzione organizzata). Noi cerchiamo sempre delle partnership piuttosto che un recupero occasionale di derrate. Puntiamo a creare delle condizioni per un rapporto duraturo. Come Banco non ci poniamo nella posizione di dire solo “dateci”, ma puntiamo a essere un partner che giova alle aziende stesse».

Dover smaltire le eccedenze è un’azione che non fa bene all’immagine «ma soprattutto è un peccato, al di là dei costi di smaltimento. Donare al Banco vuol dire avere un minimo di lavoro in più perché si deve conservare quello che avanza. In realtà noi consigliamo le stesse aziende in questi processi e le aiutiamo a rendersi conto di cosa rappresenti l’eccedenza», continua. «Da parte mia cerco sempre di sottolineare che la produzione di cibo consuma territorio, acqua, energia… e se questo assorbimento di risorse non viene utilizzato, sono usate inutilmente e la stessa fase di smaltimento è un ulteriore generazione di Co2».

L’attenzione alla sostenibilità ambientale è un altro aspetto dell’attività del Banco Alimentare che nel 2015 ha avviato il progetto “Impatto +” dedicato a quantificare gli impatti ambientali positivi e negativi delle sue attività con un indicatore: le tonnellate di Co2 equivalente risparmiate. Nell’ultimo anno l’impatto del Banco Alimentare ha confermato i dati del 2020: 52.440 tonnellate di Co2 non emesse, rispetto alle 46mila tonnellate di alimenti salvati dallo spreco.

L’attenzione all'impatto ambientale coinvolge tutta la logistica della Fondazione dal magazzino centrale della fondazione a Parma a quelli della rete dei Banchi (30 in tutta Italia su 21 Banchi) «ci sono realtà con più magazzini di stoccaggio per ridurre i trasporti» chiosa Bruno. «Durante la pandemia nel 2020 da Parma sono partiti circa 600 tir, è stato un picco. Ma ogni anno sono 450/480: vale a dire un paio di tir ogni giorno. La logistica è importante per far funzionare tutto: ci sono i flussi in entrata che non sono sempre costanti, realtà che ci consegnano le eccedenze direttamente altre che invece chiedono a noi di andare a prenderle… Per questo al di là dei rapporti con i diversi trasportatori, abbiamo iniziato anche un percorso di rinnovo del nostro parco mezzi che man mano che dismettiamo sostituiamo con altri a basso impatto. E poi a Parma stiamo studiando il passaggio al fotovoltaico per alimentare le celle frigorifere e freezer».

Al Banco Alimentare però accanto ai ragionamenti su logistica, impatto ambientale, organizzazione e efficienza non si vuol perdere di vista la motivazione che spinge a fare tutto questo: «Noi nasciamo per aiutare le persone e tutta l’attenzione che mettiamo nelle nostre attività è perché il bene sia fatto bene. La condivisione è una dimensione fondamentale del nostro agire», conclude Giovanni Bruno.


In apertura un'immagine del magazzino di Banco Alimentare – foto fornita da Ufficio stampa


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