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Imprenditoria e aiuto umanitario possono e devono seguire la stessa strada

È ancora poco diffusa la concezione che chi si occupi di affari possa essere ispirato da un principio di solidarietà che fa sentire il dovere morale di offrire un importante contributo per aiutare le persone più vulnerabili del mondo. Ma si sta facendo strada un modello di “imprenditoria umanitaria” al quale non possiamo non pensare nell’attuale complicato contesto globale. La mia storia e quella della mia famiglia, e quindi la nascita dell'ong Moas, è una testimonianza diretta di ciò che gli imprenditori possono fare per alleviare le sofferenze nel mondo

di Regina Catrambone

Molto spesso il mondo dell’imprenditoria e quello umanitario vengono considerati ambiti diametralmente distanti tra di loro. È ancora poco diffusa la concezione che chi si occupi di affari possa essere ispirato da un principio di solidarietà che fa sentire il dovere morale di offrire un importante contributo per aiutare le persone più vulnerabili del mondo.

“A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più” (Luca 12-48). Questa prescrizione del Vangelo ben rappresenta lo spirito con il quale nasce la volontà di impiegare il proprio tempo, le proprie energie e risorse per gli altri. Un modello di “imprenditoria umanitaria” al quale non possiamo non pensare nell’attuale complicato contesto globale, dove le crisi umanitarie non conoscono tregua e dove l’esclusione e le diseguaglianze diventano sempre più incolmabili, mentre le guerre e il cambiamento climatico causano migliaia di vittime e sfollati.

La mia storia e quella della mia famiglia è una testimonianza diretta di ciò che gli imprenditori possono fare per alleviare le sofferenze nel mondo. Quando con mio marito Christopher abbiamo sentito il peso della responsabilità morale ed etica di agire e di prenderci cura di coloro i quali, rischiando la propria vita, attraversavano quello specchio di mare in cui ci trovavamo, non siamo riusciti a fermarci e abbiamo deciso di investire molte delle nostre risorse economiche personali per farlo. Nel 2014 abbiamo avviato la prima iniziativa privata Sar di ricerca e soccorso e in pochi anni abbiamo salvato e assistito circa 40mila bambini, donne e uomini in fuga da guerre, violenze e povertà.

Fondare il Moas ha cambiato la nostra vita. Grazie al sostegno dei nostri supporters, dei donatori e dello staff ci siamo presi di cura migliaia di persone in pericolo nel Mar Mediterraneo e nell’Egeo. Abbiamo assistito i rifugiati Rohingya in fuga dalle persecuzioni in Myanmar attraverso cliniche mediche e oggi organizziamo corsi per la riduzione dei rischi legati agli annegamenti e al pericolo degli incendi nei campi profughi.

In Yemen e in Somalia consegniamo integratori nutrizionali e farmaci salvavita per i bambini affetti da malnutrizione acuta. Con una flotta di 30 ambulanze e mobile medical units forniamo cure mediche di emergenza e aiuti farmaceutici in Ucraina e abbiamo sviluppato progetti innovativi per le persone migranti a Malta. Portiamo avanti una campagna per l’implementazione di #VieSicureELegali affinché le persone migranti non siano costrette a mettere in pericolo la propria vita alla ricerca di un futuro migliore, in fuga da guerre, povertà, torture e abusi. Siamo convinti che si possa raggiungere il Paese di accoglienza in maniera sicura, senza finire tra le mani dei trafficanti di essere umani.

Creando qualcosa di inimmaginabile, unendo le nostre forze, insieme abbiamo alleviato la sofferenza e salvato la vita di molte persone, dando loro voce e offrendogli una possibilità che altrimenti non avrebbero avuto. Sulla base della nostra esperienza, sono certa che se tutti coloro i quali hanno le risorse e gli strumenti per farlo tendessero la mano a chi ne ha più bisogno, attraverso la creazione o la promozione di azioni che possono fare la differenza o condividendo il loro talento, il nostro mondo sarebbe migliore.

*Regina Catrambone, fondatrice e direttrice di Moas


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