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Inclusione e prevenzione

In aiuto delle prostitute trans, donne invisibili

L'obiettivo del progetto sex worker transgender di Ala Milano onlus è la prevenzione con degli screening per l'hiv per strada e negli appartamenti e l'accompagnamento ai servizi sanitari. Il progetto ha vinto il bando Gilead Community Award program

di Nicla Panciera

Le unità di strada si muovono la sera, avvicinano le donne transessuali che si prostituiscono offrendo loro una bevanda e, contemporaneamente, la possibilità di fare il test rapido salivare per l’hiv. Sono persone invisibili, un tempo brasiliane oggi soprattutto peruviane, che vivono situazioni difficili e a rischio di contrarre temibili infezioni come hiv e hcv. Il progetto “sex workers transgender – screening e prevenzione dalla strada al domicilio e alfabetizzazione digitale di Ala Milano onlus, associazione laica che si occupa di tutela della salute, inclusione sociale e lotta alle discriminazioni, è uno dei vincitori del 12esima edizione dei Bandi Gilead, non si limitano alla strada, ma cercano di raggiungere le ragazze anche negli appartamenti, dove durante il Covid accoglievano i clienti, sempre molto numerosi nonostante la pandemia e i divieti.

Sex workers transgender

«Il progetto “Sex worker transgender” ha come obiettivo quello di fare degli screening e delle azioni preventive e facilitare l’accesso ai servizi sanitari e quindi alle cure ed è rivolto alle persone transgender dedite alla prostituzione sia su strada che è in appartamento» spiega Vincenzo Cristiano, il presidente di Ala Milano. «Non siamo trans, ma abbiamo a cuore i diritti di tutti». Finora, i volontari, grazie ai vari bandi di Gilead, hanno raggiunto  circa 822 ragazze transgender dedite alla prostituzione, somministrando 250 test e fatto quasi un’ottantina di accompagnamenti ai servizi sanitari in particolar modo all’ospedale San Gerardo di Monza, l’Unità operativa di Malattie Infettive, nostro partner del progetto. «Circa 17 di queste ragazze ora vanno in modo autonomo all’ospedale, curandosi in modo puntuale: è un bel successo, tenendo presente che sono persone quasi invisibili, perché non sono donne vittime della tratta, quindi della criminalità organizzata, che sono le uniche che ricevono qualche attenzione». Grazie all’intervento dell’associazione, molte di loro vengono raggiunte e accompagnate verso i servizi sanitari. Considerando la particolarità di queste popolazione, in relazione al forte rischio di esclusione sociale e la diffidenza ad utilizzare i servizi sanitari pubblici, diviene essenziale l’azione di accompagnamento per facilitare il processo di inclusione.

L’ipocrisia verso la prostituzione

«In Italia, saranno almeno una decina i disegni di legge, tra chi vuole regolarizzare e chi vuole reprimere la prostituzione. C’è veramente tanta ipocrisia su questo, perché poi si osserva una grande richiesta di prestazione sessuali a pagamento. Contrariamente a quanto immaginavamo, poi, non si tratta di giovani inesperti o con difficoltà a socializzare ma di padri di famiglia. Inoltre, la richiesta aumenta durante i grandi eventi milanesi, con l’arrivo di ragazze anche da Roma, Napoli e dall’estero». Dai colloqui con le donne, emerge anche che spesso c’è poca attenzione e poco rispetto da parte dei clienti, maschi adulti, che chiedono rapporti non protetti.

In generale, il progetto prevede degli interventi multidisciplinari preventivi e di cura delle infezioni sessualmente trasmissibili/hiv nelle città di Milano e Monza, attraverso l’accesso precoce ai test diagnostici (Hiv, Hbv, Hcv, Hdv e Mst) e l’accesso alle cure, la diffusione di consapevolezza dei comportamenti a rischio nella popolazione generale e in gruppi di popolazione più vulnerabili. Una di loro, una transgender peruviana, ex-sex workers ha ora smesso di lavorare per strada e lavora come mediatrice culturale all’interno di un’unità mobile di Ala.

Intervista a Vincenzo Cristiano, presidente Ala Milano onlus

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