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La Buona Scuola, anno uno: ecco la pagella di un prof

Un anno fa, all'approvazione della legge sulla Buona Scuola, Domenico Aprile disse: «È stata imboccata una strada e io voglio percorrerla». Siamo tornati da lui per fare un bilancio del primo anno di Buona Scuola. La legge è stata o no all'altezza delle aspettative?

di Sara De Carli

Domenico Aprile, 44 anni, una laurea in ingegneria informatica, un dottorato e due master, ha appena terminato e superato il suo “anno di prova”: docente di informatica nelle scuole superiori dal 2001, quest'anno è entrato a far parte dei ruoli dello Stato. Insegna a Oria, in provincia di Brindisi, al liceo scientifico dell’IISS Vincenzo Lilla. Parte del lavoro fatto con i suoi ragazzi è raccolto su www.comakinglab.education: una serra automatizzata, una scala domotica, un carillon con Arduino, un braccio robotico, un sistema gestione automatizzata della raccolta rifiuti…. Un suo alunno, Vito, ha portato un progetto alla Maker Faire di Roma. Un anno va, all'indomani dell'approvazione della legge sulla Buona Scuola, lo chiamammo: «È stata imboccata una strada e io voglio percorrerla», ci disse. La legge, messa alla prova della concretezza, è stata all'altezza di quelle aspettative? Siamo tornati da lui per fare un bilancio del primo anno di Buona Scuola.

Cominciamo da lei, come è andato l’anno di prova del neoassunto?
Ho svolto l'anno di prova nella scuola dove insegno da due anni: i colleghi e la dirigente già conoscevano i miei (pochi) pregi e (tanti) difetti! I punti di forza di questo anno sono stati l'osservazione in classe con il peer to peer; i laboratori formativi che, almeno nel mio caso, sono stati incisivi; la rendicontazione in piattaforma, che aiuta a riflettere sulle proprie competenze, tracciando sviluppi futuri. Dipendesse da me, li estenderei come pratica didattica a tutto il personale docente. Il punto debole sono stati i tempi compattati all'eccesso, con tutto ciò siamo partiti a marzo. Insomma, direi che se svolto con i tempi giusti e con la dovuta attenzione e professionalità, l’anno di prova è una esperienza formativa interessante.

Ci aiuti a capire se e come hanno funzionato le novità della legge 107/2015. Organico del potenziamento: quanti colleghi sono arrivati? Erano coerenti rispetto ai bisogni e ai progetti della scuola? Cosa è stato affidato a questi colleghi durante l'anno?

Il mio istituto non è di grandi dimensioni: un IISS costituito da un liceo classico e un liceo scientifico, con circa 600 studenti. Nel corso dell’anno scorso sono arrivati sei colleghi di potenziamento che sono stati utilizzati coerentemente con i dettami della legge 107: poche ore di supplenza e sviluppo di progettualità. La coerenza con il POF è il punto dolente, anche se qui va fatta una distinzione tra l'anno scolastico appena finito e il futuro. In questo anno scolastico era vigente ancora il POF annuale e le indicazioni che le scuole hanno espresso sul potenziamento sono state per “aree disciplinari” e non per “classi di concorso”, cioè materie. Faccio un esempio: chiedendo un docente di “area umanistica”, potevi avere assegnato un docente di diritto quanto di italiano, era indifferente, poiché entrambi nella medesima area. Il problema è il futuro. Con il Piano Triennale dell'Offerta Formativa (PTOF) la scuola ha chiesto, per il prossimo triennio, di avere docenti di specifiche classi di concorso ma solo in parte è stata accontentata. Così sarà molto difficile riuscire a realizzare quanto proposto nel PTOF, che deve servire a migliorare l'offerta formativa. Nella provincia di Brindisi, ogni scuola ha avuto almeno un docente di diritto, pur senza averlo richiesto: nessuno nega l'importanza dei fondamenti di cittadinanza e Costituzione, ma se una scuola vuole puntare su certificazioni linguistiche avrebbe bisogno di più docenti di lingua. In tutta la provincia, al contrario, non è stata assegnata alcuna cattedra di potenziamento di informatica. Zero. È molto difficile, così, puntare sul Piano Nazionale Scuola Digitale, sul coding, la robotica educativa e le competenze digitali.

Altra novità è sono i 500 euro per l’aggiornamento dei docenti: per cosa è stata spesa prevalentemente?
Non ho dati certi a riguardo ma sentendo i colleghi è stata usata prevalentemente per strumentazione hardware, quali pc e tablet. Questo, a mio avviso, pone un problema serio riguardo il futuro: compriamo un pc all'anno? Il problema è rilevante: io, ad esempio, uso i microcontrollori in classe a fini didattici ma non sono rendicontabili con la card, un assurdo! Pochissimi colleghi, credo, lo stiano spendendo per aggiornamento. Io, in quanto Animatore Digitale, l'anno prossimo proporrò al collegio docenti una cosa impopolare: versare il 20% per organizzare un aggiornamento professionale, con esperti di chiara fama. Probabilmente incontrerò delle resistenze…

Valorizzazione del merito, altro capitolo molto contestato: si è insediato il comitato di valutazione? Ha individuato i criteri? Come?
È andato tutto abbastanza liscio. Si parla di circa 24.000 euro all’anno per scuola: il principio è da apprezzare, ma se la cifra verrà spalmata a pioggia (il rischio esiste), avremo vanificato tutto. Ma è presto per valutare… i valutatori.

Le famiglie da una riforma della scuola si aspettano innanzitutto che questa alzi, aggiorni e migliori la qualità dell'insegnante e dell'insegnamento: la Buona Scuola e le sue azioni sono una cornice che aiuta in questo senso?
Ecco, la “cornice”: la 107 è molto graziosa e ben fatta… la tela però bisogna avere il coraggio di dipingerla a tinte forti. Diciamo anche che quella cornice, rispetto a quella progettata a settembre 2014, ha perso un po' in termini qualitativi, a mio modo di vedere. Ma resta un buon impianto. Gli elementi per innalzare la qualità dell'insegnamento e, in generale, proporre una riforma innovativa della scuola ci sono tutti. Ma, ripeto, ci vuole maggiore incisività nei provvedimenti. Senza snaturare la legge.

Lei è un animatore digitale: l'arrivo di queste figure cosa ha portato?
Io sono animatore digitale del mio istituto, uno “status” che non ha modificato sostanzialmente il mio modo di agire: ho sempre cercato di apportare innovazione nella didattica, cercando sponda nei colleghi per realizzarla. Credo ci sia bisogno di tempo per poter concretamente vedere se e quali cambiamenti possono essere generati da questa nuova figura che, ricordiamolo, al momento non è normata da alcun contratto ed è pertanto una figura di “volontario”. Abbiamo avuto finanziamenti per la realizzazione di ambienti digitali (azioni #2 e #4 del PNSD), abbiamo realizzato l'Internet Day (azioni #3 e #15) e la settimana del PNSD (azione #17).

Aver introdotto concetti come premialità e merito fra gli insegnanti sta aiutando a creare una diversa valutazione sociale del loro ruolo?
Se quei concetti restano astratti e non si traducono in concretezza, dubito che si possa modificare il comune sentire circa la considerazione del nostro ruolo, anche all'esterno. Diciamo che gli stipendi non sono in linea, soprattutto in ingresso, con i livelli di un professionista. Inoltre, il merito è un concetto molto volubile in un ambiente non abituato ad essere sottoposto a valutazione codificata. Mi spiego meglio: un insegnante è valutato costantemente dai ragazzi, dai colleghi, dal dirigente, dalle famiglie. Ma questa valutazione non è codificata e resta fumosa, qualitativa. Come rendere tutto ciò quantitativo? Quali criteri adottare? Esistono standard o buone prassi cui riferirsi? Insomma, tra gli insegnanti c'è molta preoccupazione che tale valutazione possa sfociare in clientelismi o ritorsioni da parte dei dirigenti. A mio modo di vedere questo rischio esiste, ma è notevolmente sovrastimato. E comunque, non può e non deve essere un motivo per opporsi a priori al cambiamento. Nella scuola del XXI secolo occorre una nuova figura di insegnante e uno dei capisaldi non può che essere quello della sua valutazione, non come strumento punitivo ma di valorizzazione. Per far questo, però, occorre far passare l'idea che il docente non possa fossilizzarsi su conoscenze sclerotizzate ma debba migliorare costantemente le proprie abilità: la valutazione lo aiuterebbe ad individuare i punti di debolezza, su cui intervenire. Un bilancio delle competenze, insomma, che purtroppo è uno strumento poco conosciuto in ambito scolastico.

La buona scuola la fanno i buoni insegnanti, disse il presidente Matteo Renzi lo scorso anno, durante la polemica che ha accompagnato l’iter della legge. Chi è il "buon insegnante"? quali aspetti della legge le sembrano favorire il suo lavoro? Cosa invece manca?
La mia impressione è che, al momento, la legge 107 abbia prodotto essenzialmente due cose: un piano straordinario di immissioni e un investimento di fondi per l'ammodernamento degli ambienti per la didattica. Credo che queste due componenti (capitale umano e fondi) siano rilevanti per innovare il sistema scuola, ma ancora non bastano, anche perché l'innovazione non esiste, esistono gli innovatori. Senza una nuova idea di cittadino che la scuola deve formare è difficile immaginare una nuova figura di insegnante, anzi di “buon insegnante”. Al momento, quindi, al di là delle intenzioni, non mi pare di scorgere alcuna modifica rilevante nella pratica didattica degli insegnanti: chi faceva innovazione continua a farla, chi contaminava i propri colleghi, coinvolgendoli in azioni di innovazione metodologica, continua a fare azione di disseminazione e, purtroppo, chi era ancorato a vecchi cliché non ha avuto alcuno stimolo concreto a cambiare: gli scatti stipendiali del resto sono ancora per anzianità.

Foto di copertina F. Florin / Getty Images. Le foto nell'articolo sono di Mimmo Aprile


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