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Cooperazione & Relazioni internazionali

Torna la violenza in Darfur, in migliaia costretti alla fuga

Le violenze hanno costretto, secondo Unhcr, oltre 11.000 persone a fuggire come rifugiati nel vicino Ciad mentre altre 46.000 persone sarebbero fuggite all’interno del Paese

di Fabrizio Floris

Riprendono le violenze nel Darfur. I negoziati di pace tra il governo di transizione del Sudan e i gruppi ribelli armati sotto l'egida del Fronte rivoluzionario sudanese (SRF) sono stati temporaneamente sospesi dopo violenti scontri nel Darfur occidentale tra popolazioni arabe e sfollati di etnia Masalit.

Le violenze sono iniziate nei pressi del mercato di El-Geneina, la capitale dello stato del Darfur occidentale, vicino al campo profughi di Kerending abitato da rifugiati Masalit.

Pastori arabi, a seguito di un diverbio al mercato, hanno attaccato il campo 1 di Kerending e il campo 2 di Kerending e li hanno bruciati. Radio Dabanga ha riferito che gli aggressori "indossavano uniformi militari e avevano Land Cruiser dove erano montate armi pesanti". Le violenze hanno costretto, secondo Unhcr, oltre 11.000 persone a fuggire come rifugiati nel vicino Ciad mentre altre 46.000 persone sarebbero fuggite all’interno del Paese.

Un attacco con un impatto pesante che avviene dopo appena un giorno dalla firma di un accordo tra il governo e quattro gruppi armati attivi nel Darfur: la fazione di Gibril Ibrahim del Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (JEM), il Sudan Liberation Forces Alliance, la fazione di Minni Minnawi del Sudan Liberation Movement (SLM) e il Consiglio di transizione SLM. L'accordo prevedeva di dirimere le questioni più controverse: l'amministrazione della regione durante il periodo di transizione, gli accordi di condivisione del potere a livello statale e regionale, i meccanismi per la condivisione delle risorse naturali, la proprietà della terra e il ritorno degli sfollati interni e dei rifugiati.

Si tratta di almeno 128.000 persone attualmente in Ciad, dislocate in diversi villaggi lungo una linea che si estende per quasi 100 chilometri lungo il confine.

Una situazione complessa che si intreccia con la rivoluzione Sudanese e la caduta di Omar al-Bashir indagato dal Tribunale penale internazionale per genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità, sotto processo anche in Sudan considerato uno degli artefici della guerra in Darfur che a partire dal 2003 ha provocato la morte di almeno 300.000 persone e oltre 2,5 milioni di sfollati.

L'UNHCR invoca il sostegno della comunità internazionale e del governo di transizione del Sudan perché siano affrontate le cause all’origine del conflitto nel Darfur. Il ripristino della sicurezza è la chiave per la costruzione della pace. Ciò consentirebbe anche l’avvio di soluzioni sostenibili, tra cui il ritorno degli sfollati sudanesi all'interno del paese e la vita di rifugiati, quando le condizioni saranno favorevoli.


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