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Quel che rimane della scuola

La scuola quest'anno è la scuola degli abbracci proibiti, dei contatti vigilati, delle classi spezzate, in parte in presenza, in parte a distanza... Ma i ragazzi non ci vogliono rinunciare. «Questa è tutta la scuola che resta, anche per noi insegnanti Ma è proprio in questa scuola che dobbiamo imparare a “restare” e a resistere. Provare ad essere compagni di viaggio e in qualche modo guida per una generazione che rischia di rimanere travolta dal tempo della pandemia»

di Massimo Iiritano

Venerdì 9 ottobre è il giorno del primo Friday for future. La scuola è iniziata solo da due settimane, dopo infinti rinvii. Mercoledì il Sindaco non aveva voluto tentare alternative intelligenti ad un’altra evitabile chiusura forzata, per il passaggio del Giro di Italia. Pare che nonostante il gran parlare, spesso eccessivo e a sproposito, pochi ancora abbiano imparato a considerare con la giusta misura quella che è l’emergenza scuola, in tempo di pandemia. Loro però, i ragazzi, quelli più consapevoli e sensibili, lo sanno. Hanno vissuto con ansia e timore il rientro a scuola, dopo i mesi di chiusura e di DAD. L’hanno immaginata, desiderata, sognata. Ora, come mi dice Sara in macchina, quella mattina del venerdì 9 ottobre, “vogliamo goderci tutto ciò che ci rimane della scuola”. Peccato perdersi un’esperienza così bella e significativa come il Friday for future, in cui in tempi diversi avevano creduto, in cui credono ancora. Eppure, ora, è il tempo di andare a scuola. Ora che finalmente, anche a loro, qualcosa della scuola è ancora concesso. Quel che rimane, appunto.

È ancora scuola quella in cui si è costretti a stare distanziati per tutte le ore, intervallo compreso? Riusciremmo noi tutti a pensare e a ricordare una scuola senza il compagno di banco, la ricreazione, l’allegra euforia del ritrovarsi insieme a scherzare e a giocare all’ingresso e all’uscita? Ebbene, è purtroppo questa tutta la scuola che a loro oggi è concesso di vivere. Nella continua attenzione alle distanze, alla mascherina da indossare, alle mani da igienizzare. La scuola dei percorsi tracciati, la scuola senza respiro.

Ma a questa scuola, nonostante tutto, non vogliono rinunciare! Troppo ne hanno sofferto la mancanza, troppo ancora ne temono l’assenza.

“Prof, ma la scuola così è straziante!”. “Noi siamo tornati, ma la normalità no…”. Così mi scrive Giusy, che nei mesi del lockdown aveva scritto pagine così struggenti e pieni di speranza, da meritare il Primo premio speciale Mario Lodi 2020.

“Tra me e alcune mie vicine di banco si era creato una specie di cerchio

Ci si sedeva alle 8 di mattina e ognuna di noi metteva a tavolino un proprio problema, col fidanzato, con la mamma e via dicendo

Passavamo il tempo così, confortandoci e dandoci consigli l’una con l’altra

Senza badare al professore che ci urlava contro o che ci guardava male

Noi continuavamo a parlare, a scherzare e a far divertire gli altri compagni creando un po’ di scompiglio

Immagino ancora quel pomeriggio prima dei colloqui

a giocare a nascondino sul nostro piano alla sesta ora

Immagino di litigare con le mie compagne,

per poi ritrovare i nostri sguardi incrociarsi implorandoci di mettere da parte l’orgoglio

Per dopo abbracciarci e chiedendoci scusa a vicenda

Continuamente immagino il nuovo anno di scuola

Come sarà, o meglio come saremo noi

Se saremo cambiati

Sinceramente non lo so,

ma di una cosa ne sono più che certa

Ci riprenderemo il tempo che ci è stato tolto a causa di questa maledetta pandemia

Ritorneremo di nuovo su quei banchi continuando il nostro cerchio

Ritorneremo ad uscire fuori dalla classe senza permesso

Ritorneremo a scovare tutte le cose proibite che si possano fare in una scuola e non esiteremo a farle

Ritorneremo a scherzare fino a litigare

Ritorneremo a guardare ogni ragazzo carino che passa cercando di scoprire come si chiama su Instagram

Adesso sì, mi do una risposta

Si, cambieremo, torneremo più forti e più elettrizzati che mai con la voglia di recuperare tutti i momenti persi

Per adesso mi basta questo, immaginare un nuovo anno scolastico”

E siamo ad oggi, cosa è rimasto di tutto ciò? Nella scuola degli abbracci proibiti, dei contatti vigilati. Delle classi spezzate, in parte in presenza, in parte a distanza: volti tristi e annoiati che ci guardano alle spalle, dalla LIM, che ci osservano con nostalgia, in una sorta di inevitabile esilio.

E noi, i prof, sempre più bombardati e confusi da indicazioni circolari e protocolli, a tenare di far respirare un po' di normalità, di far finta che tutto sia com’era prima e come si spera tornerà ad essere presto. Noi facciamo lezione, ascoltiamo, dialoghiamo con loro. Con una strana ansia di voler tracciar bene sentieri, che non possiamo purtroppo essere certi che non saranno prima o poi interrotti.

Questa è tutta la scuola che resta, anche per noi. Ma è proprio in questa scuola che dobbiamo imparare a “restare” e a resistere. Non è facile per nessuno ed è inevitabile fare i conti con le nostre stesse ansie e paure, con le nostre incertezze e rigidità. Eppure, nonostante tutto e ancor di più, dobbiamo esserci, dare valore ad ogni momento e ad ogni situazione. Provare ad essere compagni di viaggio e in qualche modo guida per una generazione che rischia di rimanere travolta dal tempo della pandemia. Di cui dobbiamo saper comprendere anche gli eccessi, il desiderio di liberarsi di tanto in tanto da vincoli e restrizioni che tutti noi sappiamo inevitabili e necessari, ma che non per questo possono essere vissuti con serenità e senza sofferenza. E noi non possiamo ignorarlo: dobbiamo esserne consapevoli.

Li ho visti piangere di gioia, questi ragazzi che noi consideriamo spesso solo come minaccia e pericolo, al loro primo ritrovarsi a scuola e nelle innocenti passeggiate estive: quelle che ognuno di noi a suo tempo ha vissuto con desiderio e gioia, alle quali forse pochi di noi avrebbero saputo rinunciare con la triste rassegnazione che leggiamo nei loro volti, affacciati allo schermo di un pc.

Ma se questa è tutta la scuola che ci resta, è davvero triste, ma fa anche rabbia, sentire le profetiche ricette proposte da illustri Governatori, evidentemente ignari di come la scuola sta già funzionando. Di tutte le restrizioni e le condizioni che ci siamo già dati, che rispettiamo e facciamo rispettare con scrupolo e responsabilità. Classi spezzate, Didattica Digitale Integrata che sta sostituendo in tutto e per tutto quello che è stata la DAD. Ingressi e orari scaglionati. Tutto ciò è già realtà dal primo giorno. Perché non informarsi? Perché far finta di non vedere?

E, ancora, dove eravate voi, cari Governatori, quando nei mesi estivi si lavorava in tutte le scuole per rendere possibile un rientro in sicurezza? Dove eravate voi quando le scuole chiedevano interventi di edilizia leggera e potenziamento dei trasporti?

“Prof, ma se io esco dopo, rispettando i turni, poi come faccio a prendere l’autobus?”

Dovrebbe essercene un altro, ma tutti sappiamo e sapevamo già, che l’altro autobus dopo purtroppo non c’è.

Perché in fondo si sa, chiudere le scuole è più facile. Senza però considerare che le scuole, così come stanno funzionando sono oggi l’unico presidio vero di sicurezza: sanitaria, sociale e psicologica. Per noi tutti.

*Massimo Iiritano è docente all’IIS Guarasci-Calabretta di Soverato e presidente dell’associazione Amica Sofia.


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