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L’effetto boomerang dei rimpatri di Sarkò

Sondaggi a picco, un'inedita levata di scudi di politici, media, chiesa e società civile. E il rischio di aver fatto solo un grande regalo a chi è già pronto a tornare

di Redazione

Rimpatri volontari? La nuova ‘dottrina Sarkozy’ li chiama così. Peccato che i viaggi di sola andata (con buonuscita) che il governo francese sta offrendo a centinaia di rom non siano affatto volontari: i viaggi sono stati concordati con i rom in questura, dopo lo smantellamento dei campi abusivi dove alloggiavano. E che non siano nemmeno, in molti casi, veri rimpatri. Al padre vengono dati 300 euro. Alla madre, altrettanti. Ai quattro figli, 400 euro, cento per ognuno. Per un totale di mille euro. «Con questi soldi compriamo un’auto nuova in patria e torniamo in Francia appena possibile, siamo cittadini comunitari. Grazie per la sua generosità, monsieur Sarkozy», dice Mircea, rom di origine rumena. Chissà quanti altri rom d’Oltralpe stanno pensando alla ghiotta occasione. E quanti, dei 5mila rimpatriati lo scorso anno con lo stesso sistema, ne abbiano approfittato. «Io ne conosco un buon numero che sono tornati», conferma Alice Januel, 57 anni, madre di otto figli e presidente della Angcv, Asociation nationale des Gens du voyage catholiques, il più grande ente francese di rappresentanza della “gente di viaggio» (i nomadi di cittadinanza francese: sono almeno 500mila, si spostano in carovana e sono da distinguere dai 20mila rom dell’Est Europa presenti oggi in Francia) di fede cattolica.
Il 24 agosto Januel ha concluso il pellegrinaggio annuale che da mezzo secolo la sua comunità svolge a Lourdes: «Quest’anno però eravamo ‘scortati’ dalla polizia». L’anatema lanciato da Sarkozy, che il 21 luglio (all’indomani dell’assalto di alcuni rom alla stazione di polizia di Saint Aignan, rappresaglia per l’uccisione di un giovane) ha bollato come pericolosi tutti i nomadi senza distinzioni, «ha generato confusione e aumentato la paura di tutti nei nostri confronti. Con le sue parole ha cancellato in un solo giorno anni di lavoro dell’associazione, che va nelle scuole a spiegare chi sono veramente i nomadi», denuncia Januel, che di questi tempi dimora nei pressi della città di Nimes e lavora nei mercati cittadini con la propria bancarella.
«Credo che il Presidente abbia confuso rom e gens du voyage in modo volontario, per accentuare i problemi. È un pretesto politico per ottenere consenso. Sarkozy ha impostato la sua prima campagna sull’emergenza banlieue. Per la seconda, le presidenziali del 2012, si concentra sul problema nomadi». Ma l’impressione è che Sarkò, con la sua caccia ai campi rom abusivi e con quello che i media francesi chiamano lo “show delle inutili deportazioni”, si sia tirato la zappa sui piedi. La sua popolarità è oggi sprofondata al 34%, minimo storico. Ma soprattutto è stato travolto da un’inedita levata di scudi a difesa della minoranza rom e nomade: dalla Ue che «ricorda alla Francia il rispetto delle leggi europee sull’immigrazione», al Papa, che nel suo sermone domenicale ha invocato in francese «l’accoglienza degli uomini di tutte le origini» (mentre padre Hervet di Lilla prega «per un attacco cardiaco a Sarkozy, affinché Dio parli al suo cuore»). «Abbiamo avuto un grosso sostegno da parte del mondo associativo, da parte della politica, dal partito socialista ma anche dall’ex Primo ministro di destra Dominique de Villepin che ha definito i rimpatri “una macchia di vergogna sulla bandiera francese», spiega Januel. Che fare ora? «Assieme alle altre associazioni di rom e gens du voyage abbiamo lanciato una petizione per contrastare la politica del governo, e prepariamo una manifestazione nazionale per far capire che i problemi non si risolvono con la repressione».


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