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Melloni: «Che la Cirinnà passi o meno dal dibattito sulle Unioni non si scappa»

Lo storico spiega a Vita.it: «Che la legge passi o meno il Family Day lascerà in eredità una distanza tra il Papa e i vescovi. E la questione dell’uguaglianza dovrà comunque, prima o poi, essere affrontata»

di Lorenzo Maria Alvaro

Sabato è andato in scena al Circo Massimo di Roma il Family Day. Domani in Parlamento invece si vota il ddl Cirinnà, la cui approvazione era al centro della manifestazione delle “famiglie tradizionali”. Intanto però a fare rumore è il silenzio di Papa Francesco che né prima, né durante, né dopo ha parlato dell'evento che invece ha visto una grande partecipazione e ha goduto della benedizione del presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco. Ne abbiamo parlato con lo storico Alberto Melloni.

C’è stato il Family Day. Qual è la sua impressione?
Mi è sembrato un evento che corrisponde molto a quello che è un clima politico generale di questo Paese. Nel quale è venuto meno la distanza della riflessione e si è imposto un gergo molto assertivo, che afferma verità e il diritto di imporle. Siamo poi di fronte ad un gran rimescolamento in cui personaggi ieri lontanissimi oggi vanno a braccetto. Tutto questo è successo anche al Family day. Si è dimostrata più che altro una grande capacità di dividere il proprio campo.

C’è chi parla di un grande successo…
Il tentativo di puntare alla tempia del Papa e della Chiesa una piazza però non mi sembra abbia sortito grandi effetti. Tanto che Papa e Chiesa vanno per la loro strada e chiedono esclusivamente una distinzione tra la famiglia tradizionale e le altre unioni.

Anche lei sottolinea dunque il silenzio del Papa sulla manifestazione. Cosa significa?
È un messaggio molto coerente con quello che Francesco vuole. Non crede che la logica dello scontro politico, che necessariamente comporta alleanze politiche, faccia bene alla Chiesa. C’è un vecchio detto della Spagna franchista che dice: «quando la Chiesa vince con la destra è la destra che vince». Il Papa non vuole mostrarsi come arbitro di questa disputa. Non vuole concedere nulla a questo braccio di ferro.

Domani la legge verrà votata. Molti ritengono che passerà. Nel caso dovesse passare cosa resterà del Family Day?
Non ne sono così certo. Non è detto che non ci siano trappole parlamentari. Le possibilità sono due: o passano le Unioni o non passano. Terzium non datur. Ma in entrambi i casi la questione di affrontare in modo giuridico l’uguaglianza di queste coppie davanti alla legge non sarà archiviata. Si tornerà a discuterne. Perché l’Europa stabilisce che non ci debba essere discriminazione per razza, sesso e religione. Dunque saremmo semplicemente da capo. Il vero porbema è semmai che questa rissa continua non ha portato in Parlamento la miglior legge possibile

Le sembra che sia mancato il dibattito?
Quello costruttivo si. L’aver giocato tutto sul “si” e sul “no” ha prodotto una legge su cui si è riflettuto poco. È un testo che si poteva ripensare. Penso ad esempio alla questione delle adozioni. Si sarebbe potuto discutere in maniera più profonda. Senza criminalizzazioni dell’avversario.

Qualunque cosa succeda rimane una frattura tra la Cei e il Papa o sono solo ricostruzioni giornalistiche?
Certo c’è distanza. La posizione della Cei ha creato un risultato molto confuso. I vescovi avrebbero dovuto confrontarsi con il discorso del Papa a Firenze. Quando, in un intervento epocale, disse di diffidare del potere, delle burocrazie ecclesiastiche. A Firenze il Papa mise da parte l’episcopato che si misura sulla propria forza e ha chiamato la Chiesa ad un cammino sinodale. La Cei in qualche modo sta cercando invece di restaurare l’epoca di Ruini. Con la differenza che Ruini interveniva con la certezza del risultato. Questa volta c’è stata una mobilitazione su una battaglia, quella sulla famiglia, sfocata e che ha visto i vescovi aumentare lo strumentalismo e concorrere alla mancanza di limpidezza della discussione. Quello che è evidente è che questa diversità di posizioni che è emersa nel mondo cattolico fa paura a chi pensa che la chiesa debba usare la propria influenza per spostare qualche voto. Mentre non fa alcuna paura a Francesco che crede che questa vitalità e dialettica sia positiva.


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