Domenica 11 ottobre Papa Ratzinger ha compiuto una piccola rivoluzione, sfuggita ai giornali ma non ai fedeli presenti a San Pietro: l’abolizione degli applausi durante la celebrazione della messa. Prima che iniziasse il solenne rito – la canonizzazione di cinque nuovi santi – gli altoparlanti hanno ripetutamente invitato i presenti a «non applaudire e non sventolare bandiere». E così è stato. Specialmente in questo tipo di cerimonie era usanza comune che i fedeli salutassero con uno scrosciante battito di mani e con lo sventolìo di striscioni la proclamazione dei canonizzati e ogni cenno del Papa al nuovo santo. Giovanni Paolo II tollerava. Anzi, quel clima di festa un po’ caciarone, con i supporter nazionali delle nuove aureole pronti a sfidarsi a colpi d’applauso, tutto sommato non gli dispiaceva. Atmosfera alla lunga inconciliabile con il nuovo stile del Papa tedesco: la rigorosa sobrietas ratzingeriana. Già vista in azione, sul piano liturgico, la domenica precedente con la messa al bando delle danze tradizionali nella messa d’apertura del Sinodo sull’Africa. Sicuramente, se potesse, Benedetto XVI imporrebbe il divieto di applauso anche a tutti i funerali cattolici. Condivide quanto ha già scritto su La Stampa Massimo Gramellini: «L’applauso in chiesa è un segnale drammatico di decadenza, tanto più perché pochi sembrano darvi peso. È figlio della maleducazione televisiva».
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