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Cooperazione & Relazioni internazionali

Serbia e Bosnia, esempio di coraggio oltre la catastrofe

Dopo il nubifragio, a colpire è l'attivismo di decine di migliaia di volontari senza divisa, donne e bambini compresi, che si stanno muovendo per portare aiuto e mettere in sicurezza il territorio

di Mika Satzkin - Marco Dotti

Dieci milioni di dollari sono arrivati ieri dallo sceicco Sheikh Mansour Bin Zayed Al Nahya, principe ereditario di Abu Dhabi. Cinquecentocinquantamila euro, l'intero premio del torneo internazionale di Roma, è invece quanto donato dal fresco vincitore, il tennista Novak Djokovic. Sono due esempi, spettacolari ma concreti, di quanto sta accadendo attorno ai Balcani.

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Uno striscione esposto al Foro italico (lo vedete qui accanto) inneggiava al tennista serbo: "Ferma Rafa e la pioggia". La risposta del serbo, numero 2 al mondo, non si è fatta attendere e  il punteggio di 4-6, 6-3, 6-3,in 2 ore e 19' di gioco ha liquidato il numero 1, lo spagnolo Rafa Nadal. Alla domanda di un giornalista che gli chiedeva dove fosse la Serbia, Novak Djokovic si è messo una mano sul cuore, dichiarando: “è proprio qui”.
Cuore e coraggio sono parole che circolano in queste ore, senza l’enfasi che solitamente le contraddistingue: a colpire chiunque abbia un occhio attento è soprattutto la solidarietà interna, che ha le mani, i volti e i cuori di decine di migliaia di volontari.

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“I serbi”, dichiarano fonti ufficiali russe, “ci hanno colpito per il loro coraggio e il loro orgoglio”. Proprio da Mosca sono giunti ieri aerei cargo con ingegneri, ufficiali del genio civile e materiale tecnico, necessario per mettere in sicurezza le centrali a carbone. In queste ore il fiume Sava è tornato a fare paura. L’allerta – come si vede nella cartina qui sotto, tratta dall’European Floods Portal – è alta e sta toccando anche la Croazia.

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Al disastro nelle città e nelle campagne serbe e bosniache, interamente sommerse dall’acqua, rischia di aggiungersi una nuova catastrofe. Per ora sono quaranta i morti accertati, ma il Ministero degli Interni serbo correttamente non vuole fare il conto delle vittime, per non alimentare la paura e perché, oggettivamente, non serve. Ciò che conta, in questo momento, è agire e reagire e le popolazioni dei Balcani, nessuno escluso, lo stanno facendo.

@oilforbook


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