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Welfare & Lavoro

Smart working? Cresce del 56% nelle grandi aziende e dell’8% nella PA

A dirlo è l'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. Nel 2018 gli Smart Worker sono ormai 480mila, in crescita del 20% rispetto all'anno precedente

di Lorenzo Maria Alvaro

A poco più di un anno dall’approvazione della legge sul Lavoro Agile, in Italia continua a crescere lo Smart Working, che vive un vero e proprio boom tra le grandi imprese e inizia a farsi largo anche nelle Pubbliche Amministrazioni. Nel 2018 gli Smart Worker – quei lavoratori dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro, disponendo di strumenti digitali adatti a lavorare in mobilità – sono ormai 480mila, in crescita del 20%, e si ritengono più soddisfatti dei lavoratori tradizionali sia per l’organizzazione del lavoro (39% contro il 18%) che nelle relazioni con colleghi e superiori (40% contro il 23%).

Oltre una grande impresa su due (il 56% del campione) ha avviato progetti strutturati di Smart Working, adottando modelli di lavoro che introducono flessibilità di luogo, orario e promuovendo la responsabilizzazione sui risultati (erano il 36% un anno fa). A queste, bisogna aggiungere un ulteriore 2% che ha realizzato una qualche iniziativa informale e l’8% che prevede di introdurre progetti nel prossimo anno, per cui complessivamente circa due grandi aziende su tre stanno già sperimentando una qualche forma di Smart Working. Tra le PMI invece lo Smart Working risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2017: l’8% ha progetti strutturati e il 16% informali. A differenza delle altre tipologie di organizzazioni però, è ancora elevato il numero di realtà che si dichiarano completamente disinteressate all’introduzione di questo nuovo modo di lavorare (38%).

La Pubblica Amministrazione – dopo il primo slancio dato dalla riforma Madia – sta finalmente compiendo i primi passi avanti, ma siamo ancora all’inizio del percorso. L’8% degli enti pubblici ha avviato progetti strutturati di Smart Working (in crescita rispetto al 5% un anno fa), l’1% lo ha fatto in modo informale, un altro 8% prevede iniziative il prossimo anno. Ma la maggioranza ancora non si è mossa: nel 36% delle Pubbliche Amministrazioni lo Smart Working è assente ma di probabile introduzione, nel 38% incerta, il 7% non è interessata

«I benefici economico-sociali potenziali dell’adozione di modelli di lavoro agile sono enormi», ha sottolineato Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, «Si può stimare un incremento di produttività del 15% per lavoratore, una riduzione del tasso di assenteismo pari al 20%, risparmi del 30% sui costi di gestione degli spazi fisici per quelle iniziative che portano a un ripensamento degli spazi di lavoro e un miglioramento dell’equilibrio fra lavoro e vita privata per circa l’80% dei lavoratori. Per questo la rivoluzione non va fermata, ma anzi bisogna accelerare e promuovere la diffusione delle iniziative nelle diverse organizzazioni presenti sul territorio».

A un anno dall’approvazione della legge sul Lavoro Agile, i suoi effetti sono molto più evidenti nel settore pubblico che nel privato. L’82% delle grandi imprese aveva già introdotto o pensato di avviare iniziative di Smart Working prima che la normativa entrasse in vigore e solo per il 17% è stata uno stimolo all’attivazione di progetti. Nella PA, invece, ben il 60% degli enti con progetti di lavoro agile ha trovato stimolo nella legge e solo il 40% l’aveva previsto prima.

Sono i risultati della ricerca dell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi al Campus Bovisa al convegno "Smart Working: una rivoluzione da non fermare".

«La ricerca rivela come nel settore privato lo Smart Working sia un fenomeno inarrestabile», ha spiegato Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio Smart Working, «Nelle grandi imprese si nota una forte crescita. Lo Smart Working invece stenta a decollare tra le PMI, in cui permane uno zoccolo duro di disinformazione e resistenza culturale, e nella PA dove, nonostante lo sforzo normativo e le scadenze fissate dalla legge Madia, lo Smart Working resta nei fatti un fenomeno di nicchia. La pubblicazione della legge sul lavoro agile ha avuto in sé un effetto promozionale ma, per lo meno nel privato, gli adempimenti formali introdotti dai regolamenti di attuazione rischiano di controbilanciare l’effetto positivo di un quadro normativo più chiaro».


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