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Africa

Sudan, un anno di guerra e i civili allo stremo

Dopo un anno di guerra la situazione è al limite: 8,5 milioni di persone sono state costrette a lasciare la loro casa, 1,8 milioni sono scappate dal Paese. Meno di tre ospedali su dieci sono funzionanti. Dieci milioni di bambini si sono trovati in una zona di guerra attiva, 3,8 milioni sono malnutriti. Nel Paese si è creato un sistematico impedimento dell'accesso agli aiuti umanitari. E nonostante l’ampiezza della crisi il Piano di risposta umanitaria per l’interno del Sudan è finanziato solo al 6%

di Anna Spena

Il prossimo 15 aprile ricorrerà il primo anniversario dall’inizio della guerra in Sudan. Qui meno di 3 ospedali su 10 sono ancora funzionanti. «La crisi in Sudan è una delle peggiori che il mondo abbia visto da decenni. Ci sono livelli estremi di sofferenza in tutto il paese, i bisogni crescono di giorno in giorno, ma la risposta umanitaria è profondamente inadeguata», racconta Christos Christou, presidente internazionale di Medici Senza Frontiere.

Chi scappa e chi accoglie

Il numero di sudanesi costretti a fuggire ha superato gli 8,5 milioni di persone, 1,8 milioni dei quali hanno attraversato le frontiere. In Sud Sudan, continuano ad arrivare in media oltre 1.800 persone al giorno, aumentando la pressione sulle infrastrutture sovraccariche e aggravando le vaste necessità umanitarie. Il Paese ha ricevuto il maggior numero di persone dal Sudan – quasi 640mila persone – molte delle quali sud sudanesi rientrate dopo molti anni.

Il Ciad ha registrato il più grande afflusso di rifugiati della sua storia. Sebbene i team dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, e dei partner siano riusciti a ricollocare la maggior parte dei rifugiati in insediamenti nuovi e più ampi, più di 150mila rimangono nelle aree di confine in condizioni di sovraffollamento e insalubrità, in gran parte a causa della carenza di fondi.

Nella Repubblica Centrafricana, solo a marzo, oltre 2.200 persone sono arrivate dal Sudan in aree difficili da raggiungere, dove le difficoltà logistiche ostacolano la consegna degli aiuti.

Il numero di sudanesi registrati presso l’Unhcr in Egitto è quintuplicato nell’ultimo anno, con una media giornaliera tra i 2mila e i 3mila rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Sudan che si avvicinano alle aree di accoglienza dell’Unhcr nella Grande Cairo e ad Alessandria.

Anche l’Etiopia, che già ospita una delle più grandi popolazioni di rifugiati del continente africano, riferisce di continui arrivi di rifugiati, che di recente hanno superato le 50mila persone. Nell’ultimo anno, l’Uganda – che conta già oltre 1 milione di rifugiati – ha accolto 30mila sudanesi, di cui oltre 14mila dall’inizio dell’anno. La maggior parte dei sudanesi arrivati proviene da Khartoum e ha un’istruzione di livello universitario. Le statistiche dell’Unhcr mostrano un aumento dei movimenti di rifugiati sudanesi verso l’Europa, con 6mila arrivi in Italia da Tunisia e Libia dall’inizio del 2023 – un aumento di quasi sei volte rispetto all’anno precedente.

Gli aiuti umanitari sono pochi

I limiti di accesso, i rischi per la sicurezza e le sfide logistiche stanno ostacolando la risposta umanitaria. In assenza di reddito, e in un contesto di interruzione delle consegne di aiuti e dei raccolti, la gente non riesce a procurarsi il cibo, provocando l’allarme per il peggioramento della fame e della malnutrizione in alcune zone del Paese. Fin dall’inizio della guerra, e in particolare negli ultimi sei mesi, c’è stato un sistematico impedimento dell’accesso degli aiuti, compreso del personale e delle forniture, nelle aree di grande bisogno, in particolare nelle zone del Paese controllate dalle Forze di Supporto Rapido (RSF). Nonostante l’ampiezza della crisi, i finanziamenti rimangono estremamente bassi. Solo il 7% dei requisiti delineati nel Piano di risposta regionale ai rifugiati per il Sudan per il 2024 è stato soddisfatto. Allo stesso modo, il Piano di risposta umanitaria per l’interno del Sudan è finanziato solo al 6%. È necessario un impegno deciso da parte della comunità internazionale a sostenere il Sudan e i Paesi che ospitano i rifugiati, per garantire che coloro che sono stati costretti a fuggire dalla guerra possano vivere in modo dignitoso.

I minori, le prime vittime

«Dall’inizio del conflitto più di 10 milioni di bambini in Sudan si sono trovati in una zona di guerra attiva e a meno di cinque chilometri di distanza da spari, bombardamenti e altre violenze mortali. Un numero più alto di quello dei minori che vivono attualmente in Italia», denuncia l’organizzazione Save the Children. Si tratta di un aumento del 60% rispetto ai già 6,6 milioni di bambini esposti alla violenza nel primo mese di combattimenti, e dimostra come il conflitto si sia esteso a larga scala in tutto il Paese.

«Questi dati evidenziano che tantissimi bambini sudanesi sono stati pericolosamente vicini alla morte e al rischio di essere feriti nell’ultimo anno di guerra», dichiara Arif Noor, direttore di Save the Children Sudan. «I bambini sudanesi hanno sofferto in modo inimmaginabile: hanno assistito a uccisioni, massacri, hanno visto strade piene di proiettili, cadaveri e case bombardate, convivendo con la paura fin troppo reale di poter essere uccisi, feriti, reclutati per combattere o sottoposti a violenza sessuale. Nonostante il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite abbia recentemente chiesto un cessate il fuoco, il conflitto continua, con milioni di bambini nel fuoco incrociato. La situazione ha raggiunto il limite»

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«Milioni di bambini», continua Noor, «non hanno accesso a cibo sufficiente, 3,8 milioni sono malnutriti e migliaia di altri rischiano di morire a causa delle malattie, dato che il sistema sanitario del Paese è praticamente collassato. Nell’ultimo anno nessuno ha potuto andare a scuola. Nessun bambino dovrebbe vivere quello che stanno vivendo i sudanesi. La prossima settimana, quando i leader globali e regionali si riuniranno a Parigi, dovranno dare urgentemente la priorità a soluzioni politiche e finanziarie a questa crisi. Devono fare tutto ciò che è in loro potere per trovare soluzioni che pongano fine ai combattimenti e lavorare direttamente con le parti in conflitto per garantire che rispettino i loro obblighi nei confronti del diritto internazionale. Devono inoltre impegnarsi ad aumentare i finanziamenti per il piano di risposta umanitaria. Lo sforzo collettivo a livello globale per proteggere i bambini in Sudan è stato limitato o nullo. Meritano di meglio e questa è l’occasione per dare loro una possibilità di sopravvivenza».

Foto di apertura: 19 giugno 2023. I sudanesi salgono su un camion mentre lasciano Khartoum. L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato in un nuovo rapporto, venerdì 23 febbraio 2024, che decine di persone, tra cui bambini, sono state vittime di stupri e altre forme di violenza sessuale nel conflitto in corso nel Paese e aggressioni che potrebbero costituire crimini di guerra/AP




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