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Attivismo civico & Terzo settore

Un servizio civile “abbondante e frugale”

di Claudio Di Blasi

Il buon Serge Latouche mi perdonerà la citazione sfacciata di una delle sue ultime opere (“Per un’abbondanza frugale”, Bollati Boringhieri, 2012, Torino), ma ritengo che la risposta alla “autorigenerazione” del servizio civile stia tutta in una scelta di “decrescita ragionata” del sistema.

Nell’ultimo biennio alla crisi del servizio civile si è data una risposta positivistica: occorrono più risorse pubbliche, per avviare più volontari in servizio civile, in modo che gli enti di servizio civile possano svolgere sempre più servizi.

Una prospettiva non facile da realizzarsi, soprattutto in una fase in cui le risorse pubbliche sono sempre meno disponibili… certo, vi è anche una questione di allocazione delle risorse pubbliche, ma è quasi superfluo segnalare come il servizio civile volontario sia decisamente meno “sexy” rispetto ad altre possibilità di impiego di denaro pubblico…. potremmo fare esempi che spaziano dagli “esodati” all’investimento nelle strutture ed uffici deputati all’ordine pubblico.

A fronte di tale situazione, poniamoci innanzitutto l’obiettivo della qualità: il volontario in servizio civile deve innanzitutto essere “necessario”… in primo luogo a sé stesso, nel senso che deve ricavare con certezza da questa esperienza un qualcosa che gli sia utile per essere sia un buon cittadino sia una persona che trova un’occupazione soddisfacente e gratificante.

L’esperienza deve essere inoltre “necessaria” alla comunità in cui il volontario sarà inserito: le attività che andrà a svolgere, benché come “apprendista”, devono dare un ritorno ai bisogni reali del territorio e di chi lo vive… insomma il servizio civile non deve essere una sorta di parcheggio temporaneo per un tot di giovani che in caso contrario non saprebbero dove sbattere la testa.

A parole questi obiettivi qualitativi sono perseguiti dalla totalità degli enti di servizio civile, che spesso si sono inventati i più incredibili criteri di misurazione per dimostrare il raggiungimento degli stessi: nel passato ho addirittura sentito parlare convintamente del “ritorno emozionale del servizio civile”.

Un atteggiamento comprensibile: vi sono risorse pubbliche che finanziano il servizio civile, per accedere a tali risorse occorre adeguarsi a sistemi di valutazione spesso bislacchi e di cui si è persa ragione e memoria, se accedo alla risorsa la ottengo ad un costo basso od addirittura nullo… a che serve la qualità?

Se la qualità scarseggia come “virtù civica”, dobbiamo porci l’obiettivo di farla diventare un “dovere di frugalità”.

Traduzione: il servizio civile deve diventare un concreto investimento economico per l’ente che decide di attivarlo, in modo che si ponga attenzione a come si utilizzano le risorse (sempre più scarse) allocate.

A ciò si affianca un’altra esigenza, quello della “abbondanza”: occorre un sistema che garantisca, anche formalmente, che i giovani coinvolti nel servizio civile abbiano un ritorno formativo certo e misurabile, possibilmente certificato da un ente terzo.

Belle parole, direte, ma come si fa tutto questo?

In queste settimane, in Lombardia, si è avviato un interessante percorso sperimentale, denominato “Voucher Sperimentale Leva Civica Volontaria Regionale”: il testo del bando lo potete trovare a questo link

 Si è trattato di un bando, sperimentalmente rivolto ai soli enti locali, che prevede l’attuazione di 200 percorsi di leva civica (una sorta di servizio civile regionale), che saranno finanziati al 50% dai fondi della Regione, ed al 50% con risorse degli enti locali, cioè provenienti dai loro bilanci.

In questo modo si raggiunge il primo obiettivo, quello della “frugalità”: con l’aria che tira, un qualsiasi ente ci pensa sopra due volte prima di impegnare risorse economiche, soprattutto se dovrà fare un’attenta rendicontazione economica (con tanto di pezze giustificative) per ottenere il contributo regionale.

E con la “abbondanza” come la mettiamo? Se vi leggete il testo del bando, scoprirete che questi percorsi di “leva civica regionale” necessitano, per essere attivati, del concreto concorso di enti di formazione regionali accreditati, responsabili del percorso di aula (72 ore), ma soprattutto di una sorta di esame finale per la valutazione delle competenze acquisite dai “serviziocivilisti”… una valutazione che si trasformerà in un attestato rilasciato dalla Regione stessa.

Insomma, un’interessante contaminazione tra servizio civile, formazione permanente, tirocinio extra curriculare.

Solitamente questo tipo di iniziative vengono criticate sostenendo che “molti enti non si possono permettere di spendere i propri soldi in questo modo”.

La realtà ha smentito questo pregiudizio ideologico.

Infatti le risorse regionali erano richiedibili dai comuni con un meccanismo di “sportello a richiesta”, ovverosia chi prima inseriva la domanda nel sistema informativo si portava a casa la risorsa… a risorse esaurite lo sportello veniva chiuso.

Ebbene, le risorse regionali, 500.000 €, sono andate esaurite in esattamente 2 (due) ore, dalle 10 alle 12 del 20 giugno… e decine di enti locali si sono lamentati di essere rimasti a bocca asciutta!

Si tratta di una sperimentazione, senz’altro migliorabile e perfettibile.

Certo è che siamo di fronte ad una risposta concreta a quella necessità di “autorigenerazione” del servizio civile, indicata dal Ministro Riccardi.

Meglio ancora se riesce ad essere … abbondante e frugale


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