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Volontariato, Misericordie: «Quello sui Centri di servizio è un dibattito di serie B»

Per la Confederazione nazionale le priorità sono altre: «Nel testo, ma neppure negli emendamenti c'è un riconoscimento reale della primarietà politica e programmatica del Terzo settore: è questa la nostra priorità». I Csv? «Su questo il confronto dovrebbe essere animato dalle associazioni, non dai Csv stessi»

di Redazione

Prosegue il dibattito sulla capacità della riforma del Terzo settore di valorizzare il volontariato. Ad accendere la miccia è stato nei giorni scorsi il deputato del Partito democratico Federico Gelli che ha messo nel mirino gli emendamenti del relatore al senato, Stefano Lepri (vd nelle correlate). Un dibattito, quello legato ai centri di servizio per il volontariato, che la Confederazione delle Misericordie (la rete di volontariato più antica in Italia», giudica «di serie B». A dirlo ai microfoni di Vita.it, ribadendo le posizioni esplicitate dal presidente Roberto Trucchi proprio nel corso della convocazione promossa dal Cesvot presieduto da Gelli, è il direttore delle Misericordie Andrea Del Bianco.

«Dal nostro punto di vista, le priorità legate alla Riforma sono ben altre, detto questo c’è un altro punto di merito: della riforma dei centri di servizio non debbono occuparsi i centri di servizio stessi, che sono un organismo di servizio e non di rappresentanza. Chi se ne deve occupare sono le associazioni stesse». «E all’obiezione», continua Del Bianco, «di chi dice che in questo modo sarebbero scavalcate le piccole realtà, rispondo che il 46% delle Misericordie ha bilanci sotto i 50.000€ annui; di queste, il 30% sono sotto i 25.000€». «Aggiungo che sono d'accordo», conclude Del Bianco «con chi parla di incompatibilità fra cariche politiche e ruoli dirigenziali nei Centri di servizio»

Ma cosa ha detto Trucchi a Firenze? Questa una sintesi del suo intervento:

«Il senso della sfida lanciata dal Governo era riconoscere che si investe nel terzo settore, e nel volontariato in particolare, non perché costa meno ma perché vale di più! Questa ci è parsa la vera scelta strategica della riforma, il riconoscimento a queste espressioni della società civile di un ruolo ed un valore di per sè, anche indipendentemente dal fatto che gestiscano servizi più i meno rilevanti di welfare o di altra natura, in quanto contribuiscono al perseguimento di un pubblico interesse».

«Non mi pare di trovare nel testo (ma devo dire neppure negli emendamenti) un riconoscimento reale della primarietà politica e programmatica del terzo settore. Dare primarietà significherebbe indicare modalità per cui le organizzazioni della società civile sono fatte partecipi delle strategie, dei processi decisionali, delle scelte. Mentre si evidenziano chiaramente, piuttosto, le necessità di vigilanza e di controllo su questi organismi, quasi che vadano a “usurpare” ruoli che non gli competono. Eppure, non sarebbe così difficile provare a “ribaltare” il quadro. Tanto per cominciare, basterebbe fare perno su quei concetti di partecipazione alla programmazione e co-progettazione che sono solo vagamente citati, come elemento più residuale che di vera e propria centralità! Qualcuno forse pensa davvero che con questi piccoli accenni la riforma darà primarietà politica al non-profit?»

«Ancor meno mi pare di vedere che la riforma dia un riconoscimento reale della primarietà economica e di servizio del terzo settore. Anzi, a tratti sembra quasi che sia l’economia a “mangiarsi” la solidarietà, con una concezione dell’impresa sociale che non ci convince e certo ben poco ci rappresenta. Eppure, anche in questo campo non sarebbe così difficile provare a rendere concreto ed attuativo in ambito economico e dei servizi il principio di sussidiarietà.

Oggi, nella gestione dei servizi – tutti, compresi quelli alla persona – la pubblica amministrazione

  • prima valuta se riesce a gestire direttamente un servizio,
  • in secondo luogo (per meri motivi di opportunità economica od organizzativa) lo mette a gara sul libero mercato, quasi sempre senza alcuna distinzione tra profit e non-profit;
  • in ultima istanza si rivolge al volontariato o al terzo settore, generalmente per motivi di convenienza oppure di scarso interesse economico.

E’ evidente che questo processo amministrativo di gestione dei servizi è assolutamente ed esattamente contrario al principio di sussidiarietà! Occorre allora invertire il paradigma ed obbligare le amministrazioni a fare il percorso inverso, investendo e valorizzando il volontariato ed il terzo settore – “pubblici per le finalità di utilità e promozione sociale che perseguono” – PRIMA di ricorrere al mercato ed affiancandoli al pubblico nella programmazione e gestione dei servizi. Semplice, ma occorre avere il coraggio di farlo. Anche su questo, invece, nella riforma si trovano solo formule di limitazione e controllo…. Che sicuramente ci vogliono, ma a patto di “investire” sulle capacità delle organizzazioni della società civile. E, per ultimo, mi pare che la riforma del terzo settore abbia perso primarietà persino sotto il più banale profilo della “agenda dei lavori”. Slittando, giustamente per carità, dopo le indispensabili riforme del lavoro, quelle istituzionali, e quant’altro …. .Una banalità, certamente. Ma pur sempre un segno….»

« In questo quadro, oggi qui dovremmo concentrarci sui Centri di Servizi. Ebbene, a costo di risultare antipatico vi dicono NO. Come Misericordie, crediamo che questa riforma abbia bisogno di interventi ben più profondi e centrali che non sui Csv. Crediamo che le priorità di mobilitazione sulla riforma siano assolutamente altre, e su queste occorre concentrarci. Crediamo che il tema dei Centri di Servizio sia – non scandalizzatevi – di serie b rispetto all'impianto della legge, perchè i Centri sono appunto strumentali e di servizio al volontariato».


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