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Europee, i candidati sociali

Fabio Alberti (Pace terra dignità): «In Europa contro la guerra»

Membro della Rete Italiana Pace e Disarmo e di Un Ponte Per, una vita dedicata all’attivismo per la pace e per i diritti, Fabio Alberti è candidato per Pace terra dignità alle elezioni europee nella circoscrizione Centro

di Alessio Nisi

Europa

“Parteciperò alla lista Pace Terra Dignità per dare il mio contributo ad allargare, anche dall’Italia, il gruppo di deputati europei, già consistente, ma ancora minoritario, che si oppongono alla deriva guerrafondaia dell’Unione Europea. L’Europa ha di fronte a sé nei prossimi anni una scelta storica con conseguenze drammatiche sulla vita di milioni di persone”. Con queste parole Fabio Alberti, 67 anni, presenta la sua candidatura alle elezioni europee per la lista Pace terra dignità nella circoscrizione Centro.

Militante nei partiti della sinistra radicale negli anni Settanta e Ottanta, consigliere comunale a Bologna, segretario romano di Rifondazione Comunista, in prima linea nelle lotte per il diritto alla casa, per l’equo canone e contro le case sfitte, Alberti nel 1991, in piena mobilitazione contro la partecipazione italiana alla guerra del Golfo e seguendo un invito di padre Balducci a “risarcire il popolo iracheno” per i bombardamenti degli aerei italiani, ha fondato l’associazione pacifista Un ponte per Baghdad, che poi sarebbe diventata Un ponte per.

Attualmente membro dell’esecutivo nazionale della Rete italiana pace e disarmo e di Un ponte per, Alberti si candida in Europa per «mettere a disposizione un’esperienza e anche un punto di vista. Quello delle vittime, degli ultimi e delle persone che durante la vita ho aiutato a soccorrere».

Da osservatore attento del Medio Oriente che riflessioni ha fatto sulla morte di Ebrahim Raisi, il presidente dell’Iran?

«Non sapremo mai che cosa l’ha causata veramente. Siamo in una situazione di guerra un po’ in tutto il mondo. In queste situazioni si sa che la verità è la prima vittima. È probabile che sia stato un incidente, ma tutto è possibile. Sulle conseguenze in termini di equilibri dell’area, penso che sia un’area già destabilizzata da tempo, fin dalla guerra all’Iraq. Non è detto però che questo fatto possa costituire un incidente che inneschi un escalation: non è automatico. Può anche essere che questo avvenimento favorisca invece un cambiamento interno all’Iran. Difficile dirlo. Il problema è che siamo in una situazione generale di instabilità con un crescente scontro tra due potenze mondiali, il che incentiva la trasformazione dei conflitti latenti in conflitti armati e questo si vede un po’ dappertutto.

Alberti perché, dopo più di trent’anni di impegno civico e con un curriculum che va dall’impegno per l’ambiente alla casa al sostegno dei cittadini di Belgrado e del Medio Oriente, ha deciso di candidarsi alle europee?

Perché a rappresentarci devono essere sempre persone che invece non hanno questo curriculum? La politica come diceva Paolo VI è la forma più alta di carità, se intesa certo come attività per cambiare in meglio le cose. Quando la politica diventa un mestiere è un’altra cosa. Penso che la politica invece sia una una cosa molto alta e necessaria. Mi sono messo a disposizione anche perché penso che questa esperienza possa tornare utile.  Poi c’è un altro aspetto.

Quale?

Siamo in un momento in cui l’Europa deve fare una scelta sul proprio futuro. La scelta è da che parte stare. L’aspetto principale dell’attuale situazione internazionale è il crescente scontro tra le due grandi potenze, Usa e Cina. Uno scontro che può portare alla Terza guerra mondiale. 

Europa

Che scelta dovrebbe fare l’Europa?

Seguire gli Stati Uniti nella ricerca del mantenimento della supremazia o farsi polo autonomo di pace che cerca non la supremazia, ma la collaborazione? Se cioè accetta che il mondo è multipolare e non c’è più un occidente più avanzato, tecnologico e ricco.

Come si traduce questo in azione politica? Se dovesse essere eletto quali saranno i suoi programmi mentre vola a Bruxelles?

In questo momento la cosa più importante sono le idee. Proprio come dopo la Seconda guerra mondiale, quando ci sono grandi trasformazioni. Quindi il contributo più importante che i pacifisti come me possono dare è quello non tanto delle soluzioni pratiche quanto dell’indirizzo generale, cioè il “dove andiamo”.

Ecco, quale direzione?

Quella di un’Europa potenza di pace, che non cerca la supremazia. Questo evita la guerra e significa relazioni da pari con i paesi asiatici, non solo con la Cina. Si traduce poi in un’atteggiamento della difesa non offensiva. Non vuol dire uscire dalla Nato, ma è una posizione che vuole ribadire che l’Europa sta nella Nato per l’articolo 5, non per una proiezione di potenza a livello globale, e che la forza si usa solo per difendere i confini. Questo inoltre vuol dire prendere posizione sul dibattito in corso sull’esercito europeo, che va verso un esercito di fatto offensivo.

Invece?

Noi proponiamo non un esercito europeo, ma un sistema europeo di difesa che si basi non sulla deterrenza ma sulla sicurezza reciproca, con accordi di disarmo o di bilanciamento degli armamenti con i vicini, a partire dalla Russia.

VITA ha dedicato il numero di maggio alle prossime elezioni europee, individuando cinque temi cruciali, uno di questi è la difesa comune non armata. Quali sono le sue idee in merito e come si pone rispetto alla creazione dei Corpi civili europei di pace?

Sono stato nel gruppo delle persone che ha lanciato in Italia il percorso per la costituzione dei corpi civili non armati e che ha portato tra l’altro alla sperimentazione in corso dei corpi civili di pace. Non posso che essere d’accordo. L’esercito deve progressivamente trasformarsi in un esercito difensivo non violento. È possibile? Io penso di sì anche se non avviene in due giorni, ma il percorso va avviato. 

Nelle liste di Pace terra dignità c’è anche Nicolai Lilin, al centro delle cronache per le fake news in relazione alla guerra in Ucraina e alla strage al Crocus City Hall di Mosca. Lilin ha una posizione filorussa e tendenzialmente accusa gli italiani di non sapere e capire nulla di quello che veramente succede in Russia. Non le crea imbarazzo questa vicinanza?

Non certamente più imbarazzo di quello che può provare Marco Tarquinio a stare nelle liste del Pd. Le liste hanno un orientamento, e non necessariamente tutte le persone che vi partecipano condividono lo stesso approccio.

Che cosa non condivide della posizione di Lilin?

Non condivido che consideri accettabile, se lo pensa, la reazione russa alla espansione della Nato e la sua aggressione all’Ucraina. Noi chiediamo il negoziato perché questo salva l’Ucraina. 

Che ne pensa della proposta di Macron di un cessate il fuoco in occasione delle Olimpiadi?

Tutte le ipotesi e occasioni di cessate il fuoco e limitare le vittime sono positive.

Questa intervista fa parte di una serie sui candidati sociali alle elezioni europee, di cui sono già uscite quelle a Humberto Insolera (Pd), a Rita Bernardini (SuE), a Bruno Molea (FI), a Ugo Biggeri (M5s), a Antonio Mumolo (Pd), a Luca Jahier (Pd), ad Annalisa Corrado (Pd), a Cecilia Strada (Pd) e Shady Alizadeh (Pd).

Abbiamo dedicato il numero di VITA magazine “L’Europa da rifare” ai più rilevanti temi sociali da approfondire in vista delle elezioni europee del prossimo giugno. Se sei abbonata o abbonato a VITA puoi leggerlo subito da qui. E grazie per il supporto che ci dai. Se vuoi leggere il magazine, ricevere i prossimi numeri e accedere a contenuti e funzionalità dedicate, abbonati qui.

In apertura e nel testo foto di Fabio Alberti


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