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Europee, i candidati sociali

Rita Bernardini (SuE): «A Strasburgo per i carcerati e i fragili di questo Paese»

Presidente dell’associazione Nessuno tocchi Caino, Rita Bernardini è candidata alle prossime elezioni europee con gli Stati Uniti d'Europa. «Faccio lo sciopero della fame per richiamare tutte le istituzioni all’obbligo di intervenire sul tema del sovraffollamento nelle carceri. In Europa mi occuperei di diritti umani fondamentali». Prosegue il "faccia a faccia" di VITA con i candidati provenienti dall'associazionismo

di Ilaria Dioguardi

Sta per iniziare uno sciopero della fame, Rita Bernardini, candidata alle Elezioni europee nella lista Stati Uniti d’Europa come capolista nella circoscrizione Isole e presidente dell’associazione Nessuno tocchi Caino. «Da stasera a mezzanotte non mangerò più. Il mio sciopero della fame durerà un mese, tutta la campagna elettorale. Molto probabilmente farò anche qualche giorno di sciopero della sete».

Bernardini, perché ha deciso di iniziare uno sciopero della fame?

La proposta di legge per ridurre il sovraffollamento nelle carceri italiane, calendarizzata in Commissione Giustizia alla Camera, è stata rimandata a dopo le elezioni. Gli strumenti per combattere il sovraffollamento ci sono: dall’amnistia (e indulto) alla liberazione anticipata speciale e ordinamentale, già incardinata alla Camera dei Deputati grazie a Roberto Giachetti e a Nessuno tocchi Caino. Ma è tutto rimandato a dopo le Europee. Ho chiamato questo mio sciopero “Memento”.

Perché “Memento”?

Voglio essere, assieme ai miei compagni di viaggio e ai cittadini che vorranno sostenermi anche con il voto, “Memento” per chi, avendone il potere, ritarda a fare le scelte che è obbligato a fare se solo vuole definirsi democratico. Voglio ricordare, con questo termine, a tutti i decisori politici che il nostro Stato ha l’obbligo di uscire da una condizione completamente illegale per i trattamenti inumani e degradanti nelle carceri, causati dal sovraffollamento. Ormai sono migliaia e migliaia i detenuti che ricevono i risarcimenti da parte dei magistrati di sorveglianza, grazie all’art. 35-ter dell’Ordinamento penitenziario che prevede rimedi risarcitori, appunto, per trattamenti inumani e degradanti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, Cedu. Ricordo che l’articolo 35-ter è stato inserito nell’Ordinamento dopo la “condanna Torreggiani” (la Corte europea dei diritti umani, con la sentenza Torreggiani, adottata l’8 gennaio 2013 con decisione presa all’unanimità, ha condannato l’Italia per la violazione dell’art. 3 della Cedu, ndr). Prima di questa sentenza, non succedeva nulla se i detenuti venivano trattati male.

Il problema delle carceri, come abbiamo più volte scritto su VITA (anche QUI, QUI e QUI), non è solo il sovraffollamento.

Al sovraffollamento si aggiunge la carenza di personale, la sanità ridotta al lumicino. In carcere è molto facile ammalarsi gravemente e anche morire: sono già 34 i suicidi negli istituti penitenziari dall’inizio dell’anno, a cui bisogna aggiungere tutti gli altri detenuti che muoiono in carcere. Ho deciso di sfruttare questa “tribuna” che dà le elezioni europee per richiamare tutte le istituzioni, attraverso lo sciopero della fame (quindi con un’iniziativa non violenta), all’obbligo di intervenire. Si dicono tante cose che non stanno né in cielo né in terra, come la costruzione di nuove carceri. Ma quanto ci vuole a costruire nuovi istituti? Le persone sono sofferenti ora.

Come diceva, gli strumenti ci sarebbero per migliorare il problema del sovraffollamento.

Sì, la concessione della liberazione anticipata speciale è un beneficio dato ai detenuti che hanno un buon comportamento in carcere. Abbiamo 7.500 persone che devono scontare da 15 giorni a un anno e altre 7mila che devono scontare tra uno e due anni di carcere. Non si può fare il ragionamento: “Continuo a trattarti in modo disumano fino a che, io Stato, non sarò pronto”. Quello che commette lo Stato è un reato reiterato. Marco Pannella lo definiva “delinquente professionale”. Un conto è che un problema di sovraffollamento ci sia in un carcere, un conto è che sia diffuso in tutto il territorio nazionale. Poi bisogna attuare tutte le riforme necessarie, ma prima bisogna dare respiro agli istituti carcerari, con un minor numero di detenuti diviene più giusto ed equo il rapporto tra detenuti e personale. Oggi ogni educatore deve seguire in media un centinaio di detenuti, il che vuol dire che non può farlo.

Di cosa si occuperebbe in Europa, in particolare, se venisse eletta?

Mi occuperei dei diritti umani fondamentali, che non sono solamente quelli dei detenuti, ma anche di tutte le fragilità che esistono. A partire dalle discriminazioni per razza e per sesso a come sono trattati gli stranieri. Vorrei sostenere in Europa le riforme necessarie per la giustizia, perché ci sia anche in Italia un giusto processo, che oggi non c’è. Questi sono punti del programma degli Stati Uniti d’Europa, penso di poter dare il mio contributo per un’Europa veramente federalista, in cui i 320 milioni di cittadini europei abbiano voce in capitolo. Oggi non è così perché è tutto intergovernativo. Se pensiamo che il Parlamento europeo non ha il potere legislativo, cioè l’unico organismo europeo eletto direttamente dai cittadini non ha potestà legislativa…

Ci spieghi meglio.

Europa federalista significa avere un presidente eletto, avere le istituzioni veramente democratiche. Inoltre, significa che non ci sarebbe (come c’è oggi) il potere di veto di un Paese, per cui nessuna scelta può essere fatta se c’è il veto anche solo di una piccola nazione. Il senso federalista è quello del Manifesto di Ventotene (documento per la promozione dell’unità europea del 1941, ndr) di Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi. Ad esempio, per quanto riguarda la Difesa, abbiamo in Europa 27 eserciti: per i grandi problemi del nostro tempo, ogni Paese fa da sé, abbiamo 27 politiche estere. A livello economico, l’Europa potrebbe essere una grande forza se fosse veramente unita, questo presuppone che gli Stati conferiscano potere al Parlamento europeo, come avviene negli Stati Uniti d’America: non ci sono 50 politiche estere, c’è la politica estera fatta da un Paese.

Qualche altro tema che le sta particolarmente a cuore?

Un altro tema a cui tengo tantissimo è quello della mafia, centrale in Sicilia (sono candidata come capolista nella circoscrizione Isole, Sicilia e Sardegna). Un altro tema che mi sta a cuore è quello dell’antiproibizionismo sulle sostanze stupefacenti, che mi ha visto portare avanti anche delle disobbedienze civili, le facevo soprattutto perché (purtroppo accade ancora oggi) dal Servizio sanitario nazionale non viene data come si dovrebbe la cannabis terapeutica ai malati. Voglio portare in Europa il vero modo di combattere la mafia. Oggi accade questo: gli Stati fanno gestire il fenomeno alla criminalità più o meno organizzata che fa guadagni talmente elevati che è in grado di corrompere addirittura gli Stati, ha un altissimo potere di corruzione. Chiediamo non la liberalizzazione ma la regolamentazione, che oggi non c’è, per cui non si sa neanche quali sono le sostanze che si assumono. Se si regolamenta un fenomeno, si possono fare anche politiche dissuasive. Se si lascia il fenomeno in mano alla mafia, questa fa politiche per incrementarlo e non per diminuirlo.

Abbiamo dedicato il numero di VITA magazine “L’Europa da rifare” ai più rilevanti temi sociali da approfondire in vista delle elezioni europee del prossimo giugno. Se sei abbonata o abbonato a VITA puoi leggerlo subito da qui. E grazie per il supporto che ci dai. Se vuoi leggere il magazine, ricevere i prossimi numeri e accedere a contenuti e funzionalità dedicate, abbonati qui.

Foto ufficio stampa Rita Bernardini


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